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Case farmaceutiche nell’occhio del ciclone; Roche,Novartis e le strane donazioni milionarie a medici e strutture ospedaliere

Case farmaceutiche nell’occhio del ciclone per la divulgazione del database che dimostra le donazioni globali a medici e strutture sanitarie a livello mondiale.

Distribuiti 3,5 miliardi di dollari. Solo la Roche e la Novartis rispettivamente 174 e 78 milioni di euro

Notizia del 05/10/2014

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  • Riportiamo tutti gli allegati in merito e le notizie direttamente dalla fonte

 ESISTE VACCINOPOLI?

  • Un database  reso pubblico in Svizzera,che riguarda il mercato farmaceutico a livello mondiale, ha dimostrato che le aziende farmaceutiche con sede a Basilea -Roche e Novartis- abbiano pagato decine di milioni di euro a medici e ospedali.

Il gigante farmaceutico Roche si attesterebbe al primo posto avendo pagato più di tutte le aziende farmaceutiche attraverso dazioni in denaro o altri benefici a medici e ospedali negli Stati Uniti, vale a dire l’esorbitante cifra di 218.000.000 milioni di dollari pari ad oltre 174 milioni di euro.

La ricerca é stata pubblicata su un quotidiano elvetico in virtù di un nuovo database che rivela per la prima volta l’entità di tutte le donazioni. Il gigante farmaceutico basilese Novartis, non é da meno avendo pagato 91 milioni dollari, poco meno di 78 milioni di euro.
La banca dati specifica anche che i pagamenti in totale sarebbero stati di 3,5 miliardi dollari da parte di tutte le multinazionali del mondo. Di questa esorbitante cifra, ben quattro società svizzere Roche, Novartis, Actelion e Nobel Biocare avrebbero complessivamente contribuito con 315.000.000 di dollari, ossia il 9 % del totale.

Con la divulgazione dei pagamenti il Dipartimento della Salute degli Stati Uniti mette sotto pressione l’industria farmaceutica ed i medici che erano stati esposti al sospetto generale di essere in qualche modo corrotti.

Questo tipo di donazioni sono principalmente quelle borse che non hanno nulla a che fare con la ricerca, ad esempio le spese di viaggi di lusso, inviti a pranzi luculliani o in alloggi di alberghi costosi.
Alla luce di quest’inchiesta,nuovamente l’industria delle multinazionali farmaceutiche si pone nell’occhio del ciclone, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che da anni sostiene che alle società in questione a partire dall’Europa, dovrebbe essere vietato completamente la possibilità di qualsiasi tipo di donazione nei confronti degli operatori e delle strutture sanitarie con sanzioni pesantissime per chi viola alcune semplici regole al fine di evitare che a comandare nel settore della ricerca farmaceutica siano sempre gli stessi e che quindi possano decidere la sorte di milioni di persone nel mondo.


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Novartis e Roche, indagini anche in Francia

L’Autorità della concorrenza sospetta intese illecite fra le due case farmaceutiche per cui l’Antitrust italiana ha condannato due multinazionali farmaceutiche, Roche e Novartis, a una multa di 180 milioni di euro.

Notizia del 10/04/2014

L’Autorità della concorrenza francese ha posto sotto inchiesta Novartis e Roche le due multinazionali del farmaco, multate per 180 milioni dall’Antitrust con l’accusa di «accordi illeciti tesi ad ostacolare la diffusione di un farmaco molto economico, Avastin, nella cura di gravi malattie oculistiche, a vantaggio di un prodotto molto più costoso,Lucentis.

I due giganti farmaceutici, rende noto Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono sospettati di intese illecite.

In un comunicato i controllori fanno sapere di aver condotto perquisizioni nei locali di due società farmaceutiche in relazioni a pratiche contrarie alla concorrenza nel settore della commercializzazione di trattamenti per alcune malattie oculari legate all’età. L’autorità francese non fa i nomi delle due aziende, ma gli addetti stampa dei due giganti renani hanno confermato le indagini in corso. Nel mirino vi sono i prodotti Avastin (Roche) e Lucentis (Novartis).

Entrambi i gruppi fanno sapere che stanno cooperando con gli inquirenti.

  • ***Fonte Informazione.it***

ALLEGATI

“Osteoporosi e prescrizioni record”
A Catania 937 medici sotto inchiesta

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CATANIA – Secondo la finanza c’è un record di prescrizioni di farmaci per la cura dell’osteoporosi. Così 937 medici di famiglia catanesi sono stati denunciati dalle fiamme gialle, che ipotizzano la sussistenza di un danno erariale di 21.151.991,97 euro per la prescrizione di 188.024 confezioni – rimborsate dal Servizio sanitario nazionale – senza l’esecuzione di specifici esami diagnostici. Alla vicenda, dedica un ampio approfondimento: decine di migliaia di pagine sono state consegnate alla Procura etnea, che ha affidato il fascicolo al pubblico ministero Marco Bisogni. Nelle prossime settimane potrebbe conoscersi l’esito delle indagini preliminari.

 

FONTE

http://m.livesicilia.it/2015/04/04/prescrizioni-eccessive-per-losteoporosi-a-catania-937-medici-sotto-inchiesta_612926/


Traffico di farmaci. Un business che tira più della cocaina

Ogni anno le pillole illegali causano un milione di morti. Un ricco affare da 200 miliardi di euro

Quello della cocaina, si sa, è un mercato che «tira». Ma che dietro il traffico di farmaci, più o meno taroccati, potesse nascondersi un business ben maggiore addirittura di quello della droga, era difficile da immaginare.

Eppure le cose stanno così.

Il giro di affari che gravita attorno alle medicine contraffatte supera quello degli stupefacenti. Garantendo guadagni cash che raggiungono i 200 miliardi di euro l’anno. Benvenuti nel mondo del falso «bugiardino» (così si chiama il foglietto con posologia e istruzioni contenuto nelle scatole di medicine ndr).

Le illegalità, su questo fronte, si consumano soprattutto nella «farmacia» globalizzata di internet. Scaffali virtuali incontrollati e incontrollabili che avvelenano ogni giorno l’esistenza di migliaia di persone; alcune stime arrivano ad indicare in un milione i morti provocati ogni anno dall’utilizzo di farmaci falsi.

«Il traffico illegale di farmaci contraffatti vale oggi più del traffico illegale di cocaina», ha affermato il generale dei Nas, Cosimo Piccinno, in occasione della presentazione del canale dell’Ansa «Salute e Benessere 65+» dedicato alla salute degli anziani e realizzato in collaborazione con la Società italiana di geriatria e gerontologia.

Negli ultimi due anni, ha denunciato, «c’è stato un aumento esponenziale sia di traffici di farmaci online sia di furti di medicinali molto costosi negli ospedali». I più «redditizi» sono i farmaci antitumorali: «Un chilogrammo di farmaci antitumorali monoclonali, ad esempio – ha affermato il generale dei Nas – ha un costo di 8-200 milioni di euro nel mercato legale; lo stesso quantitativo venduto illegalmente garantisce un guadagno cash pari almeno alla metà di tale importo».

  • L’interesse criminale verso questo settore è dunque crescente: un euro investito in cocaina, ha sottolineato Piccinno, ne rende infatti 16; al contrario, 60 euro impiegati in principi attivi ne rendono almeno 150 mila. Pertanto, la stima è che nella filiera dei farmaci contraffatti il rapporto di investimento sia pari a un euro a 2.500.

E il fenomeno può rivelarsi particolarmente pericoloso per gli anziani che, in vari casi, dalla rete ricercano soprattutto medicinali quali il Viagra, allettati, probabilmente, anche dal prezzo: in farmacia questo farmaco costa infatti circa 15 euro, contro gli 0,60 centesimi sul web. Ma Piccinno mette in guardia dai pericoli per la salute: «Utilizzando questo tipo di farmaco “fai-da-te“, il rischio di infarto e patologie cardiache è elevatissimo». Va precisato che in Italia i medicinali contraffatti rappresentano solo lo 0,1% contro il 7% a livello mondiale, ma anche da noi risultano in aumento. Quanto all’importazione illecita di principi attivi, dal 2012 i Nas hanno sequestrato 7,5 tonnellate di materie prime farmacologicamente attive, provenienti principalmente dall’Asia (Taiwan, India, Cina, Giappone) e dal Messico. I farmaci contraffatti sequestrati nei siti online nello stesso periodo sono pari invece a 3,75 milioni. Un’azione forte, quella dei Nas, per il contrasto a questa nuova forma di business illegale che non basta, però, a bloccare l’offerta e, dunque, i consumi: digitando su Google le parole «comprare Viagra » , infatti, i risultati che comparivano nel 2011 erano pari a poco più di 29 milioni, contro i 136 milioni dell’ottobre 2012.

Hanno pensato invece di approvvigionarsi direttamente alla fonte i ladri che ieri notte si sono intrufolati nel deposito sotterraneo di una farmacia di Roma, rubando anche un intero stock di Viagra. Bottino: 150mila euro.

 

FONTE

http://www.ilgiornale.it/news/politica/traffico-farmaci-business-che-tira-pi-cocaina-1063661.html?mobile_detect=false


 

 

 

 

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Big Pharma o Bad Pharma?

Scienziati e associazioni accusano: l’industria dei medicinali trucca la ricerca nascondendo i test sfavorevoli. 81 mila firme e nuovi regolamenti invocarono più trasparenza

 

Big Pharma o Pinocchio?

Ben Goldacre, il giovane epidemiologo londinese autore del bestseller Bad Pharma.

How Drugs Companies Mislead Doctors and Harms Patients (in italiano Effetti collaterali, Mondadori), nonché il titolare di Bad Science, seguitissima rubrica più blog sul quotidiano Guardian, può ritenersi soddisfatto solo a metà.

La petizione mondiale AllTrials, che si batte per la pubblicazione di tutti gli studi effettuati su un farmaco, di cui dal 2013, da quand’è nata, è un portavoce senza peli sulla lingua, oltre ad aver raccolto più di 81mila firme e l’adesione di oltre 521 organizzazioni, ha ottenuto un’importante ma parziale vittoria: l’Ema, l’European Medicines Agency di Londra, renderà pubblicamente consultabili da gennaio 2015 le sperimentazioni cliniche di ogni nuovo medicinale, immediatamente dopo la relativa domanda d’immissione sul mercato. Peccato che la decisione trascuri i farmaci studiati prima di tale data, e anche i “vecchi”, per esempio quelli inventati negli anni 90, tuttora prescritti e presumibilmente destinati a curare ancora una generazione di malati.

E che l’Ema offra una protezione sia alle informazioni commerciali eventualmente riservate, sia ai dati sui pazienti che hanno partecipato alle sperimentazioni. Che spesso, invece, potrebbero collaborare con il lavoro di scienziati, industria e legislatori.

Certo, la notizia è di quelle che fanno ben sperare, se non altro in vista del nuovo regolamento sui trial clinici che decollerà nel maggio 2016. La discrezionalità lasciata ai produttori farmaceutici di poter eliminare alcune informazioni però preoccupa gli esperti. Perché potrebbe aver a che fare con quella che i media americani hanno cominciato a chiamare Sindrome di Pinocchio, tra le più gravi patologie che affliggono la medicina moderna: la misteriosa “scomparsa” di risultati negativi/ambigui sui farmaci entrati in commercio.

Il paragone con le favole non inganni, parliamo di un morbo che ha costi esorbitanti, e non solo per la coscienza di alcuni addetti ai lavori. O per la reputazione della ricerca. Vediamo uno degli episodi che recentemente, a questo proposito, ha fatto più scalpore. La Cochrane Collaboration, ente no-profit di specchiata autorevolezza, dal 1993 impegnato nella revisione sistematica qualitativa e nella meta-analisi quantitativa degli studi clinici, ha sciorinato cifre da vertigine, un miliardo e 300 milioni di dollari Usa, sui 500 milioni di sterline inglesi, 184 milioni di euro (pagati dai contribuenti italiani)… , per una somma totale di fondi pubblici calcolata sui 20 miliardi di dollari. Tutti spesi, qualche anno fa, per fare mastodontiche scorte di antivirali. In sintesi, quanto è costata la “bufala” del Tamiflu, l’anti-influenzale spinto con la grancassa dalla Roche; il farmaco, incoronato da trial clinici messianici e favorito da un allarme pandemico da fine del mondo, era la star tra quelli stoccati a dismisura dai governi di vari paesi, in previsione dell’influenza aviaria del 2006 e di quella suina del 2009.

Non solo le due pronosticate pestilenze si sono rivelate poco più che mali di stagione (e non lamentiamocene). I trial clinici a disposizione confrontavano la molecola oseltamivir del Tamiflu con un placebo e non con farmaci già efficaci. Non producevano i dati negativi o poco lusinghieri; e non indagavano sufficientemente complicazioni, effetti collaterali (Newsweek ha recentemente scritto di pazienti giapponesi colti dal delirio e indotti al suicidio) e controindicazioni.

Inutile dirlo, il Tamiflu ha deluso le aspettative, non riducendo affatto ospedalizzazioni e contagi, ma semmai accorciando di neanche 24 ore i sintomi: sarebbe stato più produttivo prendere una pastiglia di paracetamolo e mettersi al caldo sotto il piumone. Eppure i ricercatori della Cochrane hanno dovuto giocare al gatto e al topo con la Roche per ben 5 anni, prima di mettere le mani su 70 trial mai studiati da nessuno.

Il nocciolo della questione è però un altro. È che la Sindrome di Pinocchio, più seriamente detta “publication bias” (in italiano: l’errore sistematico di pubblicazione, generato dal fatto di ritenere che le ricerche rese pubbliche siano tutte quelle effettivamente realizzate, col risultato di sovrastimare la bontà del farmaco sperimentale), non ha mai avuto contro regole condivise. La Roche, a suo tempo, si è tranquillamente comportata come si sarebbe comportata quasiasi altra grande azienda farmaceutica. «In realtà una linea-guida internazionale manca a tutt’oggi.

La petizione di AllTrials porta suggerimenti in questo senso ed è stata mandata, lo scorso 15 novembre, all’esame dell’Organizzazione mondiale della sanità, in vista di un documento di policy che potrebbe uscire nei prossimi mesi», spiega Roberto D’Amico, docente di statistica medica dell’università di Modena e Reggio Emilia e direttore del Centro Cochrane italiano. Che passa poi a sottolineare anche l’azione di Comet Initiative (Comet sta per Core Outcome Measures in Effectiveness Trials), un network internazionale che svolge attività di ricerca per definire il “set minimo” di esiti importanti nelle varie patologie, che devono essere riportati negli studi clinici e sono utili a chi deve prendere decisioni sull’efficacia degli interventi sanitari.

Alla sua si affianca la riflessione di Antonio Addis, che è stato national expert presso la Pharmacovigilance Unit dell’Ema, e oggi coordina l’area governance della ricerca e dell’agenzia sanitaria dell’Emilia Romagna: «Sottolinerei un punto cruciale: mettere soltanto a disposizione i dati non basta, in quanto corrispondono a una mole tale di pagine da risultare inaccessibili senza la disponibilità di sistemi che rendano ricercabili i materiali, che li strutturino. Una classificazione, questa, che dev’essere effettuata da professionisti». Banalmente: ci vogliono “sommari”, altrimenti è Babele. Anche per non prestare il fianco a un tipo diverso di polemica. La gente potrebbe fare un sacco di cose stupide con la trasparenza, pare abbia infatti detto l’amministratore delegato di una società biotech. Una battuta di parte, certo. Roberto D’Amico ribatte: «La verità è che oggi nemmeno la trasparenza ha regole condivise. Ecco perché se ne sta discutendo moltissimo».

Detto questo, è da un po’ che gli anti-Pinocchio snocciolano dati. Su 585 trial americani iniziati prima del 2009, nel 2012 ben un terzo (percentuale che includeva la bellezza di 250mila studi di fase 1,2 e 3, dunque su esseri umani) risultava ancora non pubblicato. Nello stesso lasso di tempo, l’oblio ha caratterizzato più facilmente i trial finanziati dall’industria farmaceutica (32%) che quelli sostenuti da fondi pubblici (18%). Nel 2010, sempre negli Usa, il National Institute of Health ha segnalato che i trial pagati da Big Pharma nascevano già con una probabilità di risultare “degni di interesse” 20 volte più alta di quella degli studi indipendenti.

C’è poi chi ha calcolato che, globalmente nel mondo, circa il 50% delle sperimentazioni cliniche non vede diffusione. E c’è stato il clamoroso gran rifiuto dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, che se ne è uscito sbattendo la porta dal progetto Combacte, avviato l’anno scorso per sviluppare una molecola della GlaxoSmithKline che dovrebbe aggredire la resistenza batterica, compreso in una joint-venture tra gruppi di scienziati Ue e industria farmaceutica. In sintesi, un matrimonio pubblico-privato, accademia-industria.


GlaxoSmithKline

Ottimo per garantire e anche finanziare una ricerca sempre più complessa, lunga e costosa, secondo quanto sostenuto da Silvio Garattini, direttore dell’Istituto. Il quale però ha finito col contestare all’azienda l’ipercontrollo sulla sperimentazione e soprattutto la pretesa di decidere sulla condivisione e la pubblicazione dei risultati. «Non sarei contrario a questo tipo di collaborazioni. A patto che ci sia condivisione sull’identificazione dei quesiti su cui c’è incertezza, al fine di ridurla quest’incertezza, per il bene dei pazienti. E, ovvio, che non ci sia alcun vincolo sulla pubblicazione. In sintesi: le regole devono essere chiare prima dell’inizio dello studio», commenta Roberto D’Amico. «Pensiamo soprattutto alla ricerca indipendente, finanziata dalle istituzioni, che necessiterebbe di più fondi», continua.

La scienza riuscirà prima o poi a dettare l’agenda al business? Per il dottor Goldacre e per il movimento che gli vien dietro l’importante è che non si confezionino altre medicine miracolose per il Paese dei Balocchi. Tamiflu, certo, ma anche il dottor Goldacre,anche l’antidepressivo reboxetina (Davedax), dalle incredibili performance se confrontata con i placebo. O la paroxetina, altro antidepressivo, che negli Usa è stata prescritto off-label ai bambini, e cioè utilizzato in condizioni non previste dalla scheda tecnica del prodotto, e poi si è rivelato carica di inquietanti effetti collaterali (rischio di suicidio). O gli anti-aritmici simili alla lorcainide, 13 anni di guai evitabili se fossero state subito registrate e diffuse le performance via via sospette… Nell’elenco anche i trial per gli antiobesità Acomplia, della Sanofi-Aventis, e orlistat, una molecola commercializzata da Roche e Glaxo, e per l’antidolorifico Vioxx della Merck Sharp & Dohme

«Credo che quest’esigenza di trasparenza abbia dato il via a una nuova era della storia della medicina», dice Ben Goldacre. Che sa di vivere in un’epoca devota ai dati e di aver giocoforza convinto, non sempre con la massima spontaneità, certo, gran parte delle multinazionali del farmaco. In questo spalleggiato da un altro medico-star, il danese Peter C. Gøtzsche, leader del Nordic Cochrane Center, contestato contestatore dello screening mammografico contro il tumore al seno e del faraonico marketing delle aziende farmaceutiche (per le quali ha lavorato da giovane, sa quel che dice!). Di Gøtzsche sta tra l’altro arrivando in Italia, a primavera 2015, l’urticante bestseller Deadly Medicines and Organised Crime: How Big Pharma Has Corrupted Healthcare, per Giovanni Fioriti Editore. Ma attenzione, l’uno e l’altro, come del resto i firmatari di AllTrials, usano parole pesanti come macigni proprio perché nella medicina credono moltissimo. E non hanno niente a che fare con la diffidenza “oscurantista”. «Penso anzi che il complottismo puerile abbia fatto molto comodo a Big Pharma», ha proclamato Goldacre in un’intervista. Come dire: chiedere la trasparenza con i farmaci è ben diverso che prendersela coi vaccini.

*******PER SAPERNE DI PIÙ*******

Oltre a Effetti collaterali. Come le case farmaceutiche ingannano medici e pazienti di Ben Goldrake, pubblicato in Italia l’anno scorso, e a Farmaci
che uccidono e crimine organizzato. Come Big Pharma ha corrotto il sistema sanitario, di Peter C. Gøtzsche, anch’esso scritto nel 2013 e presto disponibile nella nostra lingua, sull’argomento ci sono altre letture interessanti. A cominciare dalla discussa Guida critica a 4.000 farmaci i più utili, inutili o dannosi per la nostra salute (Sonda), scritta dai due celeberrimi medici francesi Philippe Even e Bernard Debré, quelli che si sono scagliati anche contro il business delle statine.
Ma il grande classico resta Farma & Co. Industria farmaceutica: storie straordinarie di ordinaria corruzione (Il Saggiatore, 2006), scritto nel 2005
da Marcia Angell, classe 1939, prima e unica donna al timone del New England Journal of Medicine
e ancora oggi paladina della buona ricerca.

fonte La Repubblica
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Caso ‘Avastin-Lucentis’: Novartis paga sanzione di 92 milioni di euro

Denuncia sanitaria

09/07/2014



Caso ‘Avastin-Lucentis’: Novartis paga sanzione di 92 milioni di euro


 

novartis

Il gruppo farmaceutico Novartis riferisce di aver pagato una sanzione di 92 milioni di euro nell’ambito del caso Lucentis/Avastin


Il gruppo farmaceutico Novartis riferisce di aver pagato una sanzione di 92 milioni di euro nell’ambito del caso Lucentis/Avastin, ma avverte che questo “non compromette in alcun modo l’andamento della procedura di appello, ne’ la decisione finale che verra’ adottata in materia”.


In una nota il gruppo spiega di aver effettuato il pagamento “per ottemperare alle disposizioni di legge relative alla decisione presa a marzo dall’Autorita’ italiana Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) sulle presunte pratiche anticoncorrenziali tra Novartis e Roche quanto alla commercializzazione in Italia di Lucentis di Novartis e Avastin di Roche”, ma “continua a respingere con forza le accuse relative a presunte pratiche anticoncorrenziali tra Novartis e Roche in Italia”.


Il Tar del Lazio ha fissato la prossima udienza al 5 novembre.


“Il pagamento non compromette in alcun modo l’andamento della procedura di appello, né la decisione finale che verrà adottata in materia”, ha sottolinea Novartis, che “continua a respingere con forza le accuse relative a presunte pratiche anticoncorrenziali tra Novartis e Roche in Italia”.


Nel marzo scorso i due colossi dei farmaci Roche e Novartis sono stati sanzionati dall’Antitrust per un cartello che ha condizionato le vendite dei principali prodotti destinati alla cura della vista, Avastin e Lucentis, danneggiando pazienti e Sistema sanitario.


L’Autorità garante ha deliberato che le due aziende “hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, contraria al diritto antitrust comunitario, nel mercato dei farmaci per la cura di gravi patologie vascolari della vista”, e sanzionato quindi i due gruppi con oltre 180 milioni di euro.


Secondo l’autorità, i due gruppi “si sono accordati illecitamente per ostacolare la diffusione dell’uso di un farmaco molto economico, Avastin, nella cura della più diffusa patologia della vista tra gli anziani e di altre gravi malattie oculistiche, a vantaggio di un prodotto molto piu’ costoso, Lucentis, differenziando artificiosamente i due prodotti”.


 

 

fonte dell’articolo di seguito

http://www.informasalus.it/it/articoli/avastin-lucentis-novartis.php

 

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Settore sanitario-farmaceutico, il più problematico

Antitrust: “Settore sanitario-farmaceutico il più problematico”. La relazione al Parlamento

Perché si tratta di “ambiti nei quali le distorsioni concorrenziali incidono direttamente sul benessere della collettività” e “sui diritti fondamentali del cittadino”. Luce sul caso Avastin/Lucentis, sul mercato degli equivalenti, vendita online di farmaci e sui fondi del Ssn tra i laboratori di analisi e strutture di specialistica ambulatoriale accreditati in Calabria. 

Settore sanitario-farmaceutico e della distribuzione commerciale. Sono questi i settori produttivi più “problematici” e in cui è stata esercitata “con particolare intensità e sistematicità” l’azione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel corso dell’ultimo anno. Lo ha evidenziato il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, presentando ieri al Senato la Relazione annuale al Parlamento sull’attività dell’Autorità. Dove si evidenzia come, a preoccupare, nel caso di questi settori, sia il fatto che si tratta di “ambiti nei quali le distorsioni concorrenziali incidono direttamente sul benessere della collettività, sul potere di acquisto da parte della domanda e, nel caso della sanità, anche sul godimento di diritti fondamentali del cittadino”.

A occupare spazio nella relazione dell’Autorità è soprattutto il caso Avastin (Roche) – Lucentis (Novartis), ma la relazione ricorda come un altro caso, sempre in materia farmaceutica, deciso dall’Autorità e che ha trovato recentemente conferma da parte del Consiglio di Stato, sia quello della Pfizer, “in cui la multinazionale del farmaco, sfruttando la complessità della normativa sul brevetto ed instaurando contenziosi meramente strumentali, è riuscita a ritardare l’ingresso nel mercato di farmaci generici alternativi rispetto a quello da lei prodotto e commercializzato, imponendo al Servizio sanitario maggiori esborsi quantificabili in circa 14 milioni di euro”.

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Si tratta di eventi che, secondo l’Antitrust, “si caratterizzano per l’esistenza di regimi amministrativi complessi che richiedono la cooperazione del soggetto privato. Quest’ultimo può così influenzare le decisioni degli apparati pubblici ricavandone particolari vantaggi competitivi, che sono ancora maggiori se occupa una posizione dominante nel mercato di riferimento. In queste ipotesi l’impresa privata – soprattutto se in posizione dominante – può strumentalizzare a suo vantaggio le procedure amministrative, ottenendo dei benefici che, non essendo basati sul merito, si trasformano in vere e proprie rendite di posizione. Con riguardo a simili ipotesi c’è chi ha prospettato una nuova forma di abuso, definita abuso di procedure amministrative”.

Per questo l’Antitrust si è prefissata l’obiettivo di intensificare la lotta ai possibili cartelli tra aziende, in particolare quelle che partecipano alle procedure ad evidenza pubblica. La strategia si basa sulla collaborazione delle stazioni appaltanti, le quali sono chiamate ad assumere un ruolo di ‘sentinella’ segnalando all’Autorità anomalie tipiche di comportamenti potenzialmente distorsivi della concorrenza.

“Il fenomeno della collusione nelle procedure ad evidenza pubblica non rappresenta una novità nell’esperienza dell’Autorità. La repressione dei cartelli realizzati in sede di gare pubbliche ha sempre costituito infatti, dalla sua nascita ad oggi, terreno di attenzione prioritaria da parte dell’Autorità, che ha svolto in questo delicato settore numerosi procedimenti istruttori, conclusi con l’irrogazione di sanzioni il cui ammontare complessivo supera i 500 milioni di euro.

Si tratta di un fenomeno che va combattuto con determinazione in ragione della pluri-offensività che connota tale tipologia di illecito, rivelandosi esso capace di ledere al contempo una pluralità di interessi pubblici: quello generale al dispiegarsi di una effettiva concorrenza tra le imprese; l’interesse pubblico alla trasparenza della gara e al corretto svolgimento della stessa; l’interesse della pubblica amministrazione a ottenere prestazioni di beni o servizi conformi alle proprie esigenze, sia in termini di spesa che di qualità”, si legge nella relazione in cui si ricordano, tra gli altri, “il caso Sanità privata nella Regione Abruzzo in cui l’Autorità intende verificare se quattro società operanti nella sanità privata della Regione Abruzzo abbiano posto in essere un’intesa restrittiva nella partecipazione alle gare per l’affidamento delle cliniche già facenti parte del gruppo Angelini” e, sempre nel settore sanitario, “per le gravi ripercussioni sulla spesa per farmaci sostenuta dai sistemi sanitari regionali”, il caso “dell’istruttoria di recente avviata ARCA/Novartis Farma avente ad oggetto un’ipotesi di collusione realizzata da due società in occasione di gare pubbliche indette per la fornitura di un farmaco essenziale nella cura di gravi patologie tumorali”.

Nella relazione si citano, inoltre, il caso “Fornitura di acido colico, che è volto ad accertare se la società Industria Chimica Emiliana Spa. abbia abusato della posizione dominante nella produzione e vendita di un principio attivo alla base di farmaci impiegati per il trattamento di gravi e diffuse malattie epatiche, con pregiudizio per i consumatori intermedi, ovvero le imprese farmaceutiche produttrici di farmaci a base del principio in questione, e di quelli finali”, e “il caso Enervit/Contratti di distribuzione, che mira ad accertare se la società Enervit, attiva nella produzione e commercializzazione di integratori alimentari, abbia posto in essere comportamenti contrari al divieto di intese verticali restrittive nei rapporti con la propria rete di rivenditori e grossisti”.

Ma l’Antitrust ricorda anche l’importanza degli interventi realizzati contro la vendita illegale di farmaci online e sottolinea l’attenzione su alcuni servizi professionali, ricordando le tre istruttorie avviate nei confronti dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, del Consiglio Nazionale Forense e dell’Ordine dei Notai del Veneto, tutte per presunta violazione del divieto di intese restrittive della concorrenza; nonché quello delle gare pubbliche.

La sanità e la farmaceutica, insomma, è al centro dell’attenzione dell’Antistrust e, dunque, della Relazione al Parlamento. Ecco, in dettaglio, i focus dedicati ai due settore nella relazione.

Gare per la fornitura di farmaci. Il caso dei farmaci equivalenti e biosimilari

Nel maggio del 2013, l’Autorità ha espresso le proprie considerazioni all’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano, all’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, al Ministro della salute, al Presidente dell’Agenzia italiana del farmaco e ai Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome di Bolzano e Trento, ai sensi dell’art. 22 della l. 287/1990, in merito alle condizioni di accesso al mercato da parte di imprese produttrici di farmaci generici (rectius, equivalenti) o biosimilari. In particolare, l’Autorità, avendo ricevuto una segnalazione in proposito, ha esaminato le clausole previste nella disciplina speciale di due procedure di gare: la gara bandita nel gennaio 2013 dall’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano (AOM) in qualità di capofila di altre cinque primarie strutture ospedaliere dell’area milanese; la gara bandita nel marzo 2013 dall’Azienda Sanitaria Locale di Taranto (ASLT) in qualità di capofila di altre cinque primarie strutture sanitarie della Regione Puglia.
In via preliminare, l’Autorità ha evidenziato come, nell’ambito del sistema sanitario vigente, l’approvvigionamento di farmaci a mezzo di procedure di gara è volto all’ottenimento dei maggiori risparmi di spesa possibili sulla base del confronto concorrenziale tra le imprese aspiranti fornitrici, salvo i casi in cui il bene oggetto di fornitura sia coperto da esclusiva commerciale.

In vista dell’ottenimento del maggior risparmio possibile per le stazioni appaltanti, pertanto, le discipline di gara devono mirare a stimolare la concorrenza di prezzo a partire da quello del farmaco equivalente.

Dall’esame effettuato delle gare sopra citate è emerso che in entrambe, in presenza di una sopravvenuta decadenza di esclusiva durante la fornitura aggiudicata all’impresa esclusivista, era stata prevista la rinegoziazione del prezzo di fornitura nei soli confronti di quest’ultima, ovvero la riparametrazione di tale prezzo a non meglio precisate medie di mercato.

In particolare, nel caso della gara bandita dall’AOM, il capitolato speciale d’appalto prevedeva che, subito dopo la cessazione dell’esclusiva commerciale, il prezzo di cessione del farmaco venisse rinegoziato con l’impresa aggiudicataria e che, dopo un anno, lo stesso si assestasse sulla media del mercato registrabile al momento, con ciò escludendo qualsiasi incentivo a riformulare ulteriori ribassi di prezzo per l’impresa risultata a suo tempo aggiudicataria della fornitura.

Con riferimento alla gara bandita dall’ASLT, il capitolato tecnico prevedeva che, a seguito di mutamenti delle condizioni di mercato (tra cui la cessazione dell’esclusiva commerciale) nel corso della vigenza contrattuale, la stazione appaltante procedesse a interpellare l’impresa aggiudicataria affinché la stessa formulasse la propria migliore offerta per la continuazione della fornitura.
Al riguardo, l’Autorità ha rilevato che, al fine di stimolare la concorrenza nelle gare per l’acquisto di farmaci e in presenza di una decadenza di esclusiva commerciale in corso di fornitura, sarebbe auspicabile inserire clausole specificamente volte alla riapertura del confronto concorrenziale. Sul punto, si è pertanto evidenziato che:

i) in base all’art. 15, comma 3, lettera

d), del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con legge 7 agosto 2012, n. 135, gli enti del servizio sanitario nazionale ovvero gli enti territoriali per esso competenti sono tenuti a utilizzare gli strumenti di acquisto e negoziazione telematica messi a disposizione dalla società Consip Spa o dalle centrali di committenza regionali di riferimento, ciò che consente una più efficace aggregazione della domanda ai fini dell’ottenimento di migliori offerte di prezzo;

ii) nel caso di ricorso al sistema dinamico dedicato all’acquisto di farmaci reso operativo da Consip Spa, il modello di disciplina speciale a disposizione delle stazioni appaltanti prevede una clausola di risoluzione e recesso di fornitura a seguito della scadenza di tutela brevettuale e immissione in commercio di medicinali equivalenti, cui segue l’esperimento di una nuova procedura “dinamica” con invito a offrire esteso a tutti gli operatori economici in possesso di autorizzazione in commercio per la specifica molecola (cfr. art. 11 del capitolato tecnico-tipo), previo utilizzo del prezzo del nuovo farmaco equivalente – ovvero del prezzo più basso in caso di una pluralità di equivalenti divenuti disponibili sul mercato – come nuova base d’asta.
Più in generale, l’Autorità ha rilevato come nelle procedure di acquisto di farmaci a mezzo di gara o negoziazione privata siano ancora riscontrabili resistenze a mettere direttamente in concorrenza i farmaci biologici originatori con i farmaci biosimilari.

 

A tal proposito, richiamando i principi di illegittimità dell’esclusione di un principio di equivalenza terapeutica tra le due tipologie di farmaci e di piena riconducibilità delle stesse a un unico mercato rilevante del prodotto secondo quanto affermato in una precedente segnalazione, l’Autorità ha altresì posto in rilievo che l’eventuale previsione di esclusive di acquisto di farmaci biologici originatori deve sempre risultare parametrata a criteri oggettivi (es. percentuale di pazienti già in trattamento vs. pazienti c.d. drug naïve) e, per quanto possibile, deve essere sempre assoggettabile a successive revisioni, in vista dello sviluppo di un più ampio confronto concorrenziale con i farmaci biosimilari.


Il caso Avasitn/Lucentis

L’Autorità ha di recente concluso l’istruttoria sul caso Roche-Novartis/Farmaci Avastin e Lucentis dalla quale è emersa un’intesa restrittiva della concorrenza molto grave posta in essere nel mercato dei farmaci per la cura di gravi patologie vascolari della vista, e che ha comportato per il Sistema Sanitario Nazionale un esborso aggiuntivo stimato in oltre 45 milioni di euro nel solo 2012, con possibili maggiori costi futuri fino a oltre 600 milioni di euro l’anno.

Più specificamente, l’Autorità ha accertato che le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le rispettive filiali italiane, avevano concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come pericoloso per l’utilizzo oftalmico e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari.

Avastin è un prodotto che è stato registrato per la cura del cancro, ma dalla metà degli anni Duemila è stato utilizzato in tutto il mondo anche per la cura di patologie vascolari oculari molto diffuse; Lucentis è un farmaco basato su una molecola in tutto simile a quella di Avastin ma è stato appositamente registrato (da Genentech negli USA e da Novartis nel resto del mondo) per le patologie della vista fino a quel momento curate con Avastin. La differenza di costo per iniezione è significativa: Avastin ha un costo pari al massimo a 81 euro, mentre il costo di Lucentis risulta attualmente pari a circa 900 euro (in precedenza, peraltro, il costo superava i 1.700 euro).

A fronte del rischio che le applicazioni oftalmiche di Avastin, vendute a un prezzo molto inferiore, ostacolassero lo sviluppo commerciale del ben più caro Lucentis, Roche e Novartis avevano posto in essere una complessa strategia collusiva, volta a ingenerare tra i medici curanti e, più in generale il pubblico, timori sulla sicurezza del primo. Tali attività erano proseguite e anzi erano state intensificate quando da una serie sempre maggiore di studi comparativi indipendenti, e pertanto non controllabili dalle imprese, era definitivamente emersa l’equivalenza dei due farmaci.

Nel ricostruire il sofisticato disegno collusivo, l’Autorità ha altresì accertato che le condotte delle imprese coinvolte trovavano la loro spiegazione economica nei rapporti tra i gruppi Roche e Novartis: Roche, infatti, aveva interesse ad aumentare le vendite di Lucentis perché attraverso la sua controllata Genentech – che aveva sviluppato entrambi i farmaci – otteneva su di esse rilevanti royalties da Novartis.
Quest’ultima, dal canto suo, oltre a guadagnare dall’incremento delle 2vendite di Lucentis, deteneva una rilevante partecipazione in Roche, superiore al 30%.
Non è stata invece ritenuta responsabile dell’illecito la controllata di Roche, la società californiana Genentech.

L’Autorità, nel valutare la particolare gravità dell’infrazione, ha considerato che le condotte delle imprese erano riconducibili ad un’intesa volta a concordare le rispettive politiche di offerta per limitare quella del prodotto meno costoso, in una logica di ripartizione di mercati. L’intesa tra le imprese, illecita per oggetto, aveva avuto inoltre concreta attuazione con una profonda alterazione dei meccanismi della domanda, limitando la libertà di scelta dei consumatori attraverso il condizionamento del giudizio e della scelta terapeutica dei medici. In ultima analisi, ciò aveva reso particolarmente difficoltoso l’accesso alle cure per i malati di patologie della vista gravi e diffuse, avendo prodotto sicuri effetti sul bilancio economico del sistema sanitario nel suo complesso.

Quanto al contesto delle condotte e all’importanza dei soggetti responsabili, le attività delle imprese avevano avuto esecuzione in un ambito, quello farmaceutico, di per sé caratterizzato da una profonda asimmetria informativa tra produttori e consumatori, sfruttando ai propri fini l’alta complessità tecnica e regolamentare del settore. Ancora, l’Autorità ha considerato anche che i gruppi Roche e Novartis erano primari operatori dell’industria farmaceutica, con quote di mercato congiunte superiori al 90%, aventi capacità operative globali e i cui sofisticati comportamenti avevano interessato prodotti impiegati nel trattamento di gravi patologie (tra le principali cause di cecità a livello mondiale), interessanti un numero molto significativo di pazienti.

I prodotti interessati dall’intesa avevano inoltre per lungo tempo goduto di un assoluto vantaggio competitivo nell’ambito dei farmaci incentrati sul meccanismo d’azione anti-VEGF ed erano ancora coperti da esclusive brevettuali, in assenza quindi di pressioni concorrenziali esogene suscettibili di bilanciare in qualche modo il potere di mercato delle imprese.
In considerazione della particolare gravità dell’illecito accertato, l’Autorità ha comminato al gruppo Novartis una sanzione di 92 milioni di euro e al gruppo Roche una sanzione di 90,5 milioni di euro, per un totale di oltre 180 milioni di euro.

Vendita farmaci online

L’Autorità – in stretta collaborazione con AIFA, NAS, MISE e Ministero della Salute – è intervenuta nei confronti di condotte poste in essere dai professionisti Web Pharmacy Rx, Hexpress Ltd e del titolare del sito internet www.anagen.net tese a far ritenere ai cittadini italiani che la vendita di farmaci online in Italia fosse del tutto lecita e sicura (in contrasto con l’art. 23, comma 1, lett. i del Codice del Consumo), anche offrendo servizi di prescrizione medica a distanza (Anagen.net e 121doc.com Vendita di Farmaci online). In realtà, attualmente, in Italia la vendita online di tutti i medicinali non è ammessa (art.122 del R.D. n. 1265/1934) in quanto la legge impone sempre la necessaria intermediazione fisica di un farmacista e, per alcuni farmaci, la previa prescrizione medica. I professionisti hanno, dunque, sfruttato il disallineamento delle normative esistenti nei diversi Stati Membri per offrire ai consumatori italiani farmaci etici, non vendibili tramite contrattazione a distanza.

Nello specifico, a esito del sub procedimento cautelare, l’Autorità ha intimato alla società britannica Hexpress Ltd di sospendere la vendita online di farmaci soggetti a prescrizione medica (c.d. farmaci etici) tramite i siti internet individuati. La sospensiva si è resa necessaria perché la vendita online di farmaci soggetti a prescrizione medica espone un numero potenzialmente crescente di consumatori, indotti ad acquistare farmaci soggetti a prescrizione (principalmente quelli per le disfunzioni sessuali) senza controllo medico, a gravi rischi per la salute. Inoltre, i farmaci inviati ai consumatori italiani riportano un foglietto illustrativo – dove sono riportate tutte le controindicazioni, posologia e effetti collaterali – in lingua inglese, in contrasto con l’obbligo, vigente in Italia, di vendere al pubblico farmaci recanti in allegato un foglietto illustrativo e una confezione in italiano.

La questione della vendita di farmaci online è, in ogni caso, oggetto di attenzione anche da parte del legislatore nazionale. È infatti in discussione il recepimento della Direttiva n. 2011/62/UE che permetterà, nel rispetto di rigorose condizioni, la vendita intracomunitaria online al pubblico dei farmaci non soggetti a prescrizione medica (i cd. farmaci da banco o OTC, over the counter). La Direttiva fa comunque salva la possibilità degli Stati membri di prevedere limitazioni all’acquisto online per i farmaci c.d. etici.

Regione Calabria – Sistema di ripartizione dei fondi del Ssn tra i laboratori di analisi e strutture di specialistica ambulatoriale accreditati

Nel febbraio del 2013, l’Autorità ha espresso al Presidente della Giunta Regionale della Calabria le proprie considerazioni, ai sensi dell’art. 21 della l. 287/1990, in relazione al sistema adottato dalla Regione Calabria per la ripartizione dei fondi del Sistema sanitario regionale tra i laboratori di analisi e le strutture di specialistica ambulatoriale accreditati.

Nell’ambito del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario e nel decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 188 del 14 dicembre 2012, la Regione Calabria ha definito i “Criteri e percorsi per la definizione dei budget 2012 e 2013 per la specialistica ambulatoriale e di laboratorio”, in base ai quali l’assegnazione dei fondi pubblici alle strutture private convenzionate avviene in funzione dei fatturati realizzati dalle singole strutture negli anni immediatamente precedenti a quello di riferimento – 2011 e primo semestre 2012 –, basandosi quindi sul criterio della “spesa storica”.

Sul punto, l’Autorità, richiamando una precedente segnalazione e alcune pronunce dei giudici amministrativi, ha evidenziato come tale sistema cristallizzi le posizioni degli operatori preesistenti sul mercato, precludendo un adeguato sviluppo delle strutture maggiormente efficienti.

Ciò in quanto il criterio della spesa storica attribuisce a ciascuna struttura privata accreditata sostanzialmente lo stesso budget dell’esercizio precedente, con la conseguenza che le strutture più efficienti non hanno modo di far valere, ai fini della copertura della spesa, i migliori risultati raggiunti sia in termini di contenimento dei costi che di soddisfacimento della domanda.
Inoltre, l’allocazione del budget sulla base della spesa storica, ostacola l’accesso sul mercato anche di nuovi soggetti imprenditoriali, che a parità di capacità tecnico professionale vengono, in tal modo, inevitabilmente pregiudicati.

L’Autorità ha pertanto auspicato che, ai fini della tutela della concorrenza nel settore in esame, il criterio della spesa storica venga sostituto da criteri ispirati a principi di non discriminazione, alla valorizzazione del livello di efficienza della singola struttura nonché all’effettivo soddisfacimento delle esigenze della domanda, quali ad esempio la dislocazione territoriale, le potenzialità di erogazione con riferimento alla dotazione tecnologica, le unità di personale qualificato, le modalità di prenotazione e di accesso alle prestazioni sanitarie e la correttezza dei rapporti con l’utenza.

 

http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=22392

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Farmaci Ritirati dal commercio e/o Oggetto di Monitoraggio

Farmaci Ritirati dal commercio e/o Oggetto di Monitoraggio

TERZA PARTE



DIVIETO DI SOMMINISTRAZIONE E RITIRO DEI FARMACI CONTENENTI CODEINA

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con provvedimento n. AIFA/PQ/N°81083/P del 29.07.2013….

ha disposto il divieto di somministrazione ai bambini sotto i 12 anni ed il conseguente ritiro entro 48h dei farmaci contenenti codeina, un potente antidolorifico, in quanto possono causare gravi problemi respiratori. 
Tra questi i seguenti prodotti attualmente commercializzati: • TACHIDOL sciroppo, flacone da 120 ml (AIC 031825019) • LONARID bambini 200 mg + 5 mg, 6 supposte (AIC 020204119)

tachidol e tachi



Ed i seguenti prodotti i quali, ancorché attualmente non commercializzati, risultano comunque registrati:
TACHIDOL bambini bustine 125 mg/5 ml + 7,5 mg (AIC 031825033)
PARACETAMOLO + CODEINA ANGENERICO 125 mg + 7,5 mg granulato effervescente 10 bustine (AIC 034370027)
PARACETAMOLO + CODEINA ANGENERICO 2,5 g + 0,150 g sciroppo flacone da 120 ml (AIC 034370039)
I provvedimenti sono stati emanati a seguito del ricevimento della posizione finale dell’EMA sulla valutazione dei medicinali antidolorifici contenenti codeina dopo che l’organismo aveva stilato in data 01.07.2013 un primo comunicato focalizzando l’attenzione sugli effetti collaterali dei farmaci contenenti Codeina. 


Secondo le conclusioni dell’EMA la rivalutazione del rapporto beneficio-rischio di tali medicinali porterebbero a considerare ancora favorevole il profilo beneficio-rischio nei bambini solo di età superiore ai 12 anni, mentre al di sotto di tale età la codeina non deve essere utilizzata come antidolorifico a causa del rischio di tossicità da oppioidi.
Tale rischio è aumentato nei bambini metabolizzatori ultra-rapidi della codeina e in pazienti pediatrici sottoposti ad rimozione chirurgica di tonsille e/o adenoidi. Il TACHIDOL è un analgesico-antipiretico utilizzato nel trattamento sintomatico del dolore da moderato a severo che non risponde al trattamento con analgesici non-oppioidi utilizzati da soli prodotto dalle Aziende Chimiche Riunite Angelini Francesco-A.C.R.A.F. S.p.A..


Tra le controindicazioni del farmaco vi sono: “ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti; pazienti affetti da grave anemia emolitica; grave insufficienza epatocellulare e patologie epatiche in fase attiva; insufficienza respiratoria;
soggetti affetti da fenilchetonuria; gravidanza”.

Tra le speciali avvertenze e precauzioni per l’uso invece vengono riportate: “dosi elevate o prolungate del prodotto possono provocare un’epatopatia ad alto rischio e alterazioni, anche gravi, a carico del rene e del sangue (paracetamolo) o dipendenza (codeina);
nelle persone anziane l’uso prolungato degli alcaloidi dell’oppio può aggravare una preesistente patologia (cerebrale, vescicale, ecc.); somministrare con cautela nei soggetti con insufficienza renale (clearance della creatinina ≤ 30ml/min) o epatica.  

In tali casi è consigliabile distanziare le dosi di almeno 8 ore; usare con cautela in caso di alcoolismo cronico, eccessiva assunzione di alcol (3 o più bevande alcoliche al giorno), anoressia, bulimia o cachessia, malnutrizione cronica (basse riserve di glutatione epatico), disidratazione, ipovolemia; durante il trattamento con paracetamolo prima di assumere qualsiasi altro farmaco controllare che non contenga lo stesso principio attivo, poiché se il paracetamolo è assunto in dosi elevate si possono verificare gravi reazioni avverse; in caso di reazioni allergiche si deve sospendere la somministrazione.

È opportuno, per la presenza di codeina, non assumere bevande alcoliche; la codeina può provocare aumento dell’ipertensione intracranica; nei pazienti che hanno subito l’asportazione della colecisti, la codeina può indurre dolore addominale biliare o pancreatico acuto, generalmente associato con anomalie nei test di laboratorio, indicative di spasmo dello sfintere di Oddi;
in presenza di tosse che produce catarro, la codeina può impedire l’espettorazione; usare con cautela nei soggetti con carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi; invitare il paziente a contattare il medico prima di associare Tachidol a qualsiasi altro farmaco.
 
fonte qui
http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Tachidol.asp#axzz2dvhhABEH


Il LONARID, prodotto da Boehringer Ingelheim Italia Spa, è usato nel trattamento di nevralgie, mialgie ed artralgie; mal di denti e dolori consecutivi ad estrazioni dentarie; cefalee di ogni tipo; otalgie; dismenorrea; dolori post-operatori e post-traumatici; stati dolorosi dei bambini.   lonarid


Naturalmente, chiunque stesse utilizzando i sopracitati prodotti in bambini con età inferiore ad anni 12 è invitato a sospenderne la somministrazione, a riportare i prodotti in farmacia ed a rivolgersi al proprio medico/pediatra di fiducia per modificare la prescrizione. Ricordiamo peraltro che, secondo quanto riferitoci da medici di fiducia, il farmaco più adatto al trattamento del dolore nei bambini resta il paracetamolo o, in alternativa e a discrezione del pediatra, l’ibuprofene stando sempre attenti ad utilizzarli nei modi, tempi e quantità consigliate.  
per maggiori info ,qui..
http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/Lonarid.asp#axzz2dvhhABEH    

Detto ciò, non ci possiamo esimere, come nostro uso, dall’effettuare le seguenti considerazioni:
1). Sempre più spesso assistiamo al ritiro o alla sospensione di medicinali di ogni tipo. Se da una parte alcuni tentano di avvalorare la tesi che ciò dipende da maggiori controlli e che quindi i cittadini debbono stare tranquilli, dall’altra abbiamo avuto modo di constatare nel corso degli anni di come tali provvedimenti avvengano sempre con notevole ritardo, spesso a distanza di anni dall’immissione in commercio, ed in seguito a segnalazioni provenienti o da Enti sovranazionali o dalle stesse case farmaceutiche, quasi mai dagli organismi nazionali che dovrebbero essere deputati a ciò.

2). I farmaci in questione infatti non sono certo di nuova produzione in quanto il Tachidol ha ricevuto la prima autorizzazione nel giugno 1997, successivamente rinnovata nel giugno 2010 mentre il Lonarid ha ricevuto la prima autorizzazione addirittura nel giugno 1990 ed il suo rinnovo nel maggio 2005. 
Da ciò consegue che i dubbi da sempre sollevati in merito ai controlli preventivi rispetto all’autorizzazione in commercio dei farmaci non sono, evidentemente, così campati in aria se è vero che anche in questi casi ci sono voluti rispettivamente 16 e 23 anni prima di giungere a tali provvedimenti.
A nulla potrebbero valere le considerazioni relative ad eventuali nuove metodiche di controllo utilizzate – delle quali peraltro non è stato possibile rinvenire alcuna traccia né nel provvedimento dell’AIFA né in quello dell’EMA – né tantomeno nuovi studi su tali prodotti o sulla stessa Codeina in quanto non è dato conoscerne di così recenti da non aver potuto evitare i rinnovi rispettivamente del 2010 e del 2005.

3). Più volte abbiamo lamentato in passato come le istituzioni pubbliche (Ministero della Salute, ISS etc.) abbiano, se non formalmente, almeno di fatto abdicato al proprio ruolo di “controllo” rimettendo tali gravose incombenze alle stesse case farmaceutiche che, vale la pena ricordarlo, non sono certo enti filantropici ma società per azioni tenute a rispondere in termini di profitti e di ricavi ai propri azionisti. Così facendo le case farmaceutiche vanno ad unificare quei ruoli di “controllato” e “controllore” che dovrebbero invece essere tenuti ben distanti. A tal proposito, vale la pena ricordare quanto accaduto nell’autunno 2012 quando vennero ritirati dal commercio dapprima alcuni lotti di vaccino Infanrix Hexa in ben 21 Paesi (tranne che nel nostro!) e quindi un vaccino antinfluenzale.
In quest’ultima occasione il Ministro, nel corso della conferenza stampa tenuta a fine ottobre, dichiarò che la casa farmaceutica in questione (Novartis n.d.r.) era a conoscenza del problema dai primi di luglio ma che aveva informato il Ministero solo il giorno precedente! Nonostante tale gravissima negligenza, non risulta che il Ministero abbia preso alcun provvedimento nei confronti della casa farmaceutica in questione. Senza considerare poi le affermazioni grottesche in merito al presunto ritiro “preventivo” dei farmaci; forse sarebbe il caso di intenderci su cosa si intenda veramente per “preventivo” nella sua duplice accezione:

a). Preventivo nel senso di “prima che venga immesso in commercio”: personalmente ritengo che si possa parlare di ritiro “preventivo” solo durante la fare di realizzazione e produzione di un farmaco, al massimo fino a quando questo, magari già confezionato, sia ancora all’interno del luogo di produzione. Se un prodotto esce dal luogo di produzione e magari ha giù raggiunto da giorni o mesi ASL e farmacie non si potrà comunque parlare di ritiro “preventivo”.

b). Preventivo nel senso di “prima che possa arrecare danni”: ritengo che sia una mera forma di stile utilizzata dall’AIFA, dall’ISS e dagli altri organismi sovranazionali al solo scopo di “salvare il salvabile” ovvero di rendere quanto più “indolore” possibile il ritiro dal commercio di un farmaco. Se prendiamo il foglietto illustrativo o le caratteristiche di un farmaco qualsiasi troviamo una sequela di controindicazioni, effetti indesiderati, reazioni allergiche e similari che la casa farmaceutica ha riportato in base a segnalazioni e dati certi, non certo a caso; per questo motivo, soprattutto nel caso in cui le motivazioni siano collegate ad effetti già segnalati, ritengo non si possa parlare di ritiro “preventivo” .

4). La possibilità che tali farmaci potessero indurre problematiche epatiche e respiratorie era espressamente indicata nei rispettivi fogli illustrativi ma nonostante ciò nessuno si era mai posto evidentemente il problema degli effetti nei confronti dei bambini; perché?

5). Per il momento il provvedimento riguarda solo il divieto di somministrazione dei farmaci ai minori di 12 anni ma, alla luce di quanto accaduto in questi anni anche in merito ad altri farmaci, possiamo essere assolutamente certi che questi prodotti possano essere somministrati tranquillamente ai maggiori di anni 12? Chi ci può garantire che l’organismo di un bambino di 12 anni risponda effettivamente meglio rispetto a quello di un bambino di 11 anni e mezzo? In base alle considerazioni sopra espresse, ritengo ci sia poco da stare allegri e che sia sempre più attuale il vecchio detto che: “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende”.


SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI A BASE DI CODEINA

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 La Codeina è un farmaco oppiaceo che nell’organismo si trasforma in morfina, la sostanza che deve esercitare l’effetto antidolorifico.
Alcune persone metabolizzano rapidamente la codeina per cui i livelli di morfina presenti nel sangue raggiungono in fretta un livello piuttosto elevato per cui aumenta il rischio di effetti tossici, tra cui le difficoltà respiratorie.
Nella fattispecie, i problemi respiratori pare si siano verificati soprattutto nei bambini che soffrivano di apnea notturna e avevano subito un’operazione chirurgica di asportazione delle tonsille o delle adenoidi.

Tra i soggetti sotto i 12 anni  per i quali, secondo l’AIFA, è controindicato l’uso della Codeina si segnalano:Ragazzi sotto i 18 anni con problemi della funzionalità respiratoria • Ragazzi sotto i 18 anni dopo interventi di rimozione delle tonsille e/o delle adenoidi • Donne che allattano (la codeina può passare al neonato attraverso il latte materno) • Persone che hanno già avuto problemi seri con l’utilizzo della codeina In ogni caso, i farmaci che la contengono devono essere somministrati nelle dosi più basse consentite.

IL SERVIZIO DI FARMACOVIGILANZA..

farmacovigilanza


 
MOLTISSIME SONO LE REAZIONI E I DANNI SUBITI DALL’USO DI FARMACI COME QUELLI SOPRA CITATI… QUI RIPORTATO DI SEGUITO UN LINK CHE RIPORTA LE MOLTISSIME REAZIONI GRAVI E I VARI FARMACI RITIRATI DAL COMMERCIO E/O SOTTO MONITORAGGIO…

per maggiori info qui..
http://www.farmacovigilanza.org/search/search.aspx?querytype=FreeText&search=bibliografia  


Roaccutan: il farmaco dagli effetti collaterali shock

E’ utilizzato per curare l’acne, ma provoca anche “suicidio e depressione”

05/05/2014


Si chiama Roaccutan ed è un medicinale della Roche che serve a curare l’acne, ma in Gran Bretagna è finito sotto accusa perchè sembrerebbe indurre alla depressione e al suicidio.

Tutto è iniziato nel 2012, quando un ragazzo di 26 anni, Jamie Sillcock, si tolse la vita dopo aver utilizzato il Roaccutan, per curare la sua acne, per diversi anni.

I genitori del ragazzo, il 25 aprile scorso, hanno addirittura organizzato una manifestazione di protesta, fuori dalla sede della Roche.

Il caso è finito sulla scrivania della Commission on Human Medicines, che sta studiando i possibili effetti collaterali del farmaco.

Gli effetti collaterali del farmaco affliggono una certa percentuale di pazienti che lo assumono e in che modo vengono causati i danni – commenta il padre di Jamie Sillcock sul Daily Mail – E’ come una roulette russa, nessuno sa quali possano essere i danni per ognuna delle persone che lo assumono. La compagnia farmaceutica ha fatturato milioni con il Roaccutan, ma ha devastato migliaia di famiglie.

Siamo felici che ora il governo britannico abbia deciso di fare chiarezza. Se tante famiglie come noi non avessero fatto pressione oggi non sarebbe accaduto e per noi è una piccola vittoria”.

“Il Roaccutan ha migliorato la vita di molte persone che soffrono di acne, ma come ogni farmaco può avere degli effetti collaterali – replica un portavoce della Roche – Ad oggi non sono state definite relazioni di causa-effetto per sbalzi di umore e depressione legate all’assunzione del farmaco nei pazienti con acne, a parte in rari casi documentati. In via precauzionale raccomandiamo a chiunque abbia manifestato questo o altri possibili effetti collaterali del farmaco di rivolgersi immediatamente al proprio medico”.

FONTE RIPORTATA DI SEGUITO

http://www.lafucina.it/2014/05/05/roaccutan-il-farmaco-dagli-effetti-collaterali-shock/



REAZIONI CUTANEE GRAVI DA ISOTRETINOINA…

Reazioni cutanee gravi da isotretinoina.
isotretinoina-cap-20-mg-procaps


L’Agenzia Regolatoria dei Medicamenti e dei Prodotti per la Salute inglese (MHRA) dichiara che L’isotretinoina è un farmaco usato per il trattamento dell’acne severa resistente ad adeguati cicli di antibiotici o terapia topica.
In associazione all’uso di questo farmaco, sono stati riportati casi di eritema multiforme (EM) sindrome di Stevens-Johnson (SJS) e necrolisi epidermica tossica (TEN)
Isotretinoina è un farmaco da prescrizione potenzialmente pericoloso che può essere assunto solo sotto stretta supervisione di un medico o di un farmacista.
Durante la gravidanza, può indurre difetti congeniti, aborto, parto
http://www.farmacovigilanza.org\servizi\csm-mca\0704-14.asp (3087 bytes)
e per saperne di più…
http://www.farmacovigilanza.org\servizi\csm-mca\1101-05.asp (3018 bytes)
.L’isotretinoina provoca  infarto del miocardio.
Riferito da Prescrire International 2007;
 Dal report del ministero della salute Canadese, pubblicato nell’aprile del 2006, sugli eventi cardiovascolari in pazienti in terapia con isotretinoina orale risulta che, tra il 1983 ed il 2005, sono stati registrati 29 casi di disturbi cardiovascolari.
Isotretinoina e disturbi psichiatrici
 Nel 2007, l’agenzia regolatoria francese per i farmaci (Afssaps) ha segnalato “15 casi di suicidio e 20 di tentato suicidio” in pazienti in trattamento orale con l’antiacne isotretinoina.
L’Agenzia ha ricevuto queste segnalazioni tra il 1985 ed il 2007…
tutto reperibile qui… http://www.farmacovigilanza.org\servizi\lc848.asp

per maggiori info ,qui..
http://www.farmacovigilanza.org\servizi\lc685.asp (2612 bytes)



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Perquisizioni della Guardia di finanza nella sede dell’Aifa

Inchiesta Avastin-Lucentis, perquisizioni della Guardia di finanza nella sede dell’Aifa


I finanzieri hanno acquisito documenti dell’Agenzia italiana per il farmaco nell’ambito dell’inchiesta sul cartello tra le per falsare la concorrenza sul mercato

  5 giugno 2014


Inchiesta Avastin-Lucentis, perquisizioni della Guardia di finanza nella sede dell’Aifa

Nei giorni scorsi il ministero della Salute aveva chiesto alle multinazionali del farmaco Novartis, Roche e Hoffmann, un risarcimento da 1,2 miliardi di euro  per comportamenti anticoncorrenziali relativi alla commercializzazione dei medicinali per gli occhi.

 

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Grazie all’Antitrust si era scoperto il cartello tra le due società svizzere per sponsorizzare Lucentis (farmaco al prezzo di 900 euro) al posto di Avastin (81 euro). Il patto avrebbe causato una danno di 45 milioni di euro al sistema sanitario nazionale italiano solo nel 2012.

Nelle scorse ore la multinazionale Roche Spa aveva fatto sapere di non aver mai ricevuto la richiesta di risarcimento. Notizia subito smentita dal ministero.

La big pharma ha ribadito di non aver pagato la multa e di ”attendere con fiducia” l’udienza innanzi al TAR Lazio per la vicenda del cartello, sanzionato dall’Antitrust. L’azienda ha ricordato che “non esiste alcuna richiesta di risarcimento” da parte del ministero della Salute” e che la Corte Costituzionale afferma la competenza esclusiva di AIFA nella rimborsabilità delle indicazioni non autorizzate.

In data 28 Maggio il TAR Lazio ha fissato per il 5 Novembre 2014 la data per l’udienza di merito del ricorso di Roche SpA, che pertanto potrà essere valutato in modo approfondito prima che siano decorsi i termini che rendono obbligatorio il pagamento della sanzione.

Roche ricorda anche che la Corte Costituzionale afferma la competenza esclusiva di AIFA nella rimborsabilità delle indicazioni non autorizzate, così come ribadito con una sentenza pubblicata il 29 Maggio 2014.

Il ministero ha smentito dopo poche ore: “In merito a quanto diffuso da organi di informazione”, si legge nella nota, “circa una mancata richiesta di risarcimento del ministero nei confronti della Società Roche Spa relativamente al caso Avastin-Lucentis, si precisa che il ministero della Salute ha provveduto già da diversi giorni ad inoltrare alla Roche Spa, alla Novartis Farma Spa e alla Pfizer Italia Srl specifici atti di diffida e messa in mora, con efficacia anche di atti interruttivi della prescrizione, con richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali arrecati al Servizio sanitario nazionale”.

 

QUI RIPORTATO LA FONTE

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/05/inchiesta-avastin-lucentis-perquisizioni-della-guardia-di-finanza-nella-sede-dellaifa/1014323/

 

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