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Medici contrari alla vaccinazione? Ritorna la caccia alle streghe

“Tremate ,tremate,le streghe son tornate” recitava qualche ritornello secoli or sono.

La situazione però non è minimamente cambiata con gli anni e la limitatezza e la scarsa acutezza di mente e di spirito delle persone è peggiorata sempre di più. Solo che in questo caso l’argomento torna (di nuovo) a trattare non delle persone qualunque ma dei camici bianchi.

Ritorna quindi la solita e scontata caccia alle streghe nei confronti di medici “contrari” alle vaccinazioni.

A parte la non rispettata  libertà di scelta professionale ,vogliamo comprendere come mai questa censura perpetrata nei confronti di colleghi che hanno studiato esattamente come coloro che reputano le vaccinazioni come la panacea di tutti i male.

In risposta alla notizia apparsa sul ““messaggeroveneto”” dal titolo  “Vaccinazioni a picco: in Friuli sanzioni per i medici contrari” abbiamo chiesto al Dr.Tancredi Ascani la sua visione in merito.

tancredi-ascani

Di seguito le sue considerazioni da noi totalmente condivise.

Ringraziamo i medici onesti senza alcuna relazione con Big Pharma.

Ringraziamo i Dottori che non hanno alcun interesse rappresentato (in questo caso) da innumerevoli brevetti; che non  hanno alcun interesse in merito alla onerosa tematica che invece apre uno scenario criminoso e abominevole rappresentando una realtà collusa ,dittatoriale e mafiosa.

“Quando neanche i medici ci credono più”

Quando un establishment medico-scientifico sempre più politicizzato, potente e lontano dai paradigmi medici ippocratici (a partire dal “Primum non nocere”) non riesce più a convincere con le argomentazioni né i cittadini né i medici, pur avendo il controllo totale e unidirezionale di ricerca scientifica e informazione e il supporto di finanziamenti stratosferici, cerca, con ogni azione, di instaurare una dittatura sanitaria.

Cittadini e medici, a loro dire, non sarebbero in grado di decidere da soli su temi che riguardano la propria salute se questi non si adeguano acriticamente e totalmente al diktat medico che attualmente riscuote il maggior numero di consensi (che non vuol dire affatto che sia il più valido o l’unico possibile).

Per un po’ hanno cercato di arginare il problema mercificando la salute, promettendo cioè compensi in denaro ai medici che facevano più vaccini ma questo metodo non è stato sufficiente, sembra infatti che sempre più medici siano così “incoscienti” da anteporre l’interesse per la salute dei propri assistiti al guadagno personale. E questo secondo alcuni è inaccettabile: la medicina moderna è scienza perfetta, infallibile e incorrotta che non va messa in discussione. Ben vengano quindi ora le minacce e le sanzioni a chi addirittura è anche soltanto “scettico” persino verso i vaccini non obbligatori come quelli contro il morbillo e l’influenza. A quando la vaccinazione di massa coatta e l’imprigionamento di chi, in scienza e coscienza, sceglie una prevenzione di tipo diverso, non farmacologica e più rispettosa della fisiologia umana, che miri a rinforzare il terreno e le proprie difese naturali, piuttosto che ad alterarli in maniera artificiosa e pericolosa?

“Se non mettiamo la Libertà delle Cure mediche nella Costituzione, verrà il tempo in cui la medicina si organizzerà, piano piano e senza farsene accorgere, in una Dittatura nascosta. E il tentativo di limitare l’arte della medicina solo ad una classe di persone, e la negazione di uguali privilegi alle altre “arti”, rappresenterà la Bastiglia della scienza medica”.
Benjamin Rush, firmatario della Dichiarazione d’Indipendenza USA – 17 Sett 1787

Vorrei infine ricordare e puntualizzare un paio di concetti.

-Il morbillo è una malattia benigna, se fatta durante l’infanzia e in Paesi industrializzati come il nostro, e se ci son stati 25 casi in tutto il Friuli non è una tragedia come si vuol far credere anzi, questi bambini, che l’hanno tranquillamente superato, ora avranno un’immunità duratura (cosa che spesso invece non avviene con l’immunità da vaccino) che li proteggerà dalla possibilità di contrarre il morbillo in età adulta, quando è ben più pericoloso.

-La bambina morta di pertosse menzionata nell’articolo può benissimo aver contratto la malattia da una persona vaccinata. E’ stato ormai chiaramente dimostrato “scientificamente” che chi si vaccina è spesso portatore sano della malattia per cui si vaccina con la differenza che, non sapendo di esserlo, diffonde virus e batteri in comunità o in famiglia senza che nessuno lo sappia e prenda le necessarie precauzioni; un bambino non vaccinato che si ammala invece, viene tenuto in casa, isolato e ha molte meno possibilità di contagiare la comunità”.

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Morire per mano dei medici? Oggi,si può

Negli Usa 250.000 morti l’anno per errori medici. È la terza causa di morte

Articolo condiviso da “Quotidiano Sanità”

Lo scrive il British Medical Journal che riporta le stime di due esperti della Johns Hopkins. Tre le ricette proposte per affrontare il problema: rendere gli errori più ‘visibili’ quando si verificano, così da poterne intercettare gli effetti; avere prontamente a disposizione un piano per proteggere i pazienti; rendere gli errori meno frequenti, seguendo delle strategie che tengano in considerazione i limiti umani

medico truffa

Malattie cardiovascolari e tumori sono le principali cause di morte nei Paesi industrializzati. Uno studio pubblicato dal BMJ svela ora anche da chi è occupato il terzo gradino del podio. E per molti sarà un’amara sorpresa.

Secondo Martin Makary e Michael Daniel della Johns Hopkins University School of Medicine infatti la terza causa di morte, e il dato è riferito agli Stati Uniti, sarebbero gli errori fatti dai medici, causa difficilmente desumibile dai certificati di morte e ovviamente non contemplata da un DRG o dalle schede di dimissione ospedaliera, dunque difficile da tracciare.

Gli esperti della Johns Hopkins chiedono dunque di affrontare adeguatamente il problema partendo dall’osservazione che negli USA i certificati di morte vengono compilati assegnando un codice ICD (International Classification of Disease); quindi tutte le cause di morte non associate ad un codice ICD, come il fattore umano o del sistema, sfuggono completamente. E non è un problema solo stelle e strisce, visto che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 117 i Paesi ad aver adottato la codifica ICD, compresa l’Italia.

Ma forse qualcuno dovrebbe cominciare a porsi il problema di come codificare e quindi misurare l’errore umano, che solo negli USA avrebbe un impatto quantificabile intorno ai 210-400.000 decessi ospedalieri l’anno, secondo le ultime stime. Un dato confermato dagli autori dello studio pubblicato sul BMJ che, analizzando gli studi dal 1999 in poi ed estrapolando il dato al numero di ricoveri ospedalieri stelle e strisce del 2013, hanno calcolato un numero medio di decessi per errore medico di 251.454 l’anno.

Un numero che, inserito nella lista delle principali cause di morte negli USA stilata dai CDC ogni anno, fa balzare di colpo la new entry, finora condannata all’invisibilità, al terzo posto di questa classifica.

Per quanto scomodo da digerire, gli autori riconoscono che l’errore umano è inevitabile; tuttavia, pur ammettendo che non è possibile eliminarlo del tutto, invitano almeno a cominciare a ‘misurarlo’. Non in un’ottica inquisitoria, ma per progettare delle soluzioni migliori o più adatte a mitigarne la frequenza e soprattutto le sue conseguenze.

Secondo gli esperti americani le strategie volte a ridurre la mortalità da errori medici dovrebbero contemplare tre passaggi: rendere gli errori più ‘visibili’ quando si verificano, così da poterne intercettare gli effetti; avere prontamente a disposizione un piano per proteggere i pazienti; rendere gli errori meno frequenti, seguendo delle strategie che tengano in considerazione i limiti umani.

Un esempio pratico. Anziché ‘accontentarsi’ della causa di morte , gli esperti suggeriscono che nei certificati di morte venga indicato, in un campo a parte, l’eventuale presenza di una complicanza prevenibile, scaturita dal percorso di cura del paziente. Oppure potrebbero essere gli ospedali ad effettuare delle indagini indipendenti per valutare il potenziale contributo dell’errore umano nei decessi avvenuti tra i ricoverati.

“Misurare le conseguenze delle cure mediche sugli esiti dei pazienti – affermano gli autori – è un importante prerequisito per creare una vera cultura dell’imparare dagli errori per quindi favorire il progresso della scienza della sicurezza. Una solida metodologia scientifica, che parta dalla valutazione del problema è un punto critico nell’affrontare qualunque rischio per la salute dei pazienti. E’ necessario dunque promuovere un appropriato riconoscimento del ruolo degli errori medici nella mortalità dei pazienti per aumentarne la consapevolezza e indirizzare adeguatamente collaborazioni e investimenti di capitali in ricerca e prevenzione”.

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Vicenza: choc in Ospedale. Medici e infermieri si sfidano sulla pelle dei pazienti

Veneto. Choc all’ospedale di Vicenza, medici e infermieri si sfidavano sulla pelle dei pazienti

Articolo condiviso da “Quotidiano Sanità”

La “gara” era stata lanciata per stabilire chi riuscisse a spingersi più in là nell’infilare cannule ed aghi nelle vene dei pazienti. Secondo quanto riportato dal Giornale di Vicenza, a parteciparvi erano medici e infermieri.

Zaia: “Se le responsabilità saranno accertate, le punizioni dovranno essere esemplari”.

vicenza

“Vediamo chi riesce a mettere la cannula più grossa, quella che può essere più dolorosa, nelle vene di pazienti ignari”.

Sarebbe questa la folle sfida che, secondo quanto riportato oggi dal Giornale di Vicenza, avrebbero lanciato alcuni medici e infermieri del reparto di urgenza dell’ospedale San Bortolo. Un gioco crudele sulla pelle dei pazienti, oggi salito alle cronache ma sulle quali c’erano già stati interventi interni. Infatti, sempre secondo quanto riferito dal Giornale di Vicenza, il primario Vincenzo Riboni aveva già scoperto cosa accedeva nel suo reparto e individuato otto responsabili, contro i quali il dg Giovanni Pavesi avrebbe aperto altrettanti procedimenti disciplinari.

“L’avvocato Laura Tedeschi, capo dell’ufficio legale dell’Ulss – riferisce il Giornale di Vicenza -, formalizza i capi di accusa, ascolta gli imputati ed emette le sentenze. Due sanzioni e sei archiviazioni. Un medico è punito con la censura scritta. Un infermiere con il rimprovero scritto. Prosciolti l’altro medico, una donna, e gli altri 5 infermieri, 3 donne e 2 uomini”.
Ma la vicenda non si chiude qui. Il presidente della Regione, Luca Zaia, ha infatti annunciato che si andrà a fondo e i responsabili saranno puniti in modo “esemplare”. Zaia, secondo quanto riferito dall’Ansa, avrebbe già allertato il segretario generale regionale per la sanità affinché acquisisca al più presto tutti gli atti in possesso dell’Usl di Vicenza e “l’avvocato regionale chiedendo che venga inoltrata una mia segnalazione alla procura assieme a tutti gli atti acquisiti”. “Solo la procura – aggiunge – potrà chiarire fino in fondo i lati oscuri di questa vicenda. Qualora ci fossero responsabilità accertate le punizioni dovranno essere esemplari. Per me non finisce qui. Porterò atti in procura”.

Sulla stessa posizione anche l’assessore alla Salute,Luca Coletto, secondo il quale “la linea dura annunciata dal Presidente della Regione è l’unica possibile. Sono arrabbiato e addolorato – dichiara Coletto in una nota – perché, al di là delle conseguenze sul piano disciplinare e giuridico, che mi auguro esemplari, siamo anche di fronte al tradimento della deontologia e dell’etica professionale, che per un operatore della sanità è di una gravità assoluta”.

“Sarebbe inaccettabile anche se solo avessero scherzato sul web – aggiunge l’Assessore – ma temo che non sia così. In ogni caso, anche per tutelare il buon nome di decine di migliaia di operatori della sanità veneta che trattano i malati come figli, mi auguro che la cosa possa essere valutata con rigore anche dall’Ordine dei Medici, da sempre insostituibile garante del giuramento di Ippocrate. Per parte mia – conclude Coletto – chiedo a queste persone di farsi un profondo esame di coscienza, traendone onestamente tutte le conseguenze del caso”.

 

 

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http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/vicenza_ospedale_cannule_gara-1699009.html

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Vaccini e HPV: EMA e l’inganno globale

La ricerca dell’inganno.
Intanto gli organi autorevoli non prestano attenzione alle molte vittime della vaccinazione contro il cancro al collo dell’utero.
Le associazioni e le famiglie delle vittime si scontrano con dei muri di gomma.

Intanto però, secondo il Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS), a partire dal marzo 2014, sono stati segnalati più di 34.000 eventi avversi.

Per restare informati cliccare sulla seguente fonte per visionare il DATABASE Sanevax.

pinocchio

Numerosi i professionisti, medici, scienziati, avvocati e  genitori ad essere insoddisfatti della recente conclusione dell’EMA per quanto riguarda la sicurezza del vaccino HPV.

Non siamo più disposti ad accettare la dichiarazione scritta dell’European Medicines Agency, il quale,in qualità di organo autorevole,ha cercato di smontare punto per punto le dichiarazioni mediche, basate sulle evidenze dei danni  delle vittime da vaccino “anti” hpv.

Le famiglie e le associazioni che rappresentano i danneggiati e le vittime,non hanno più intenzione di sopportare nulla.

Persino l’illustre Dr. Lee aveva dichiaratamente espresso all’Ema la pericolosità delle vaccinazioni GARDASIL/CERVARIX e questa la risposta da parte delle istituzioni : NESSUN PERICOLO.

Condividiamo con tutti i nostri lettori la seguente lettera, la quale è stata inviata a più di 120 rappresentanti dell’Agenzia europea per i medicinali, con  ben 446 firme rappresentative dei danneggiati da  vaccino HPV provenienti da oltre 30 paesi del mondo.

Questa lettera chiede delle risposte serie e documentate scientificamente ed un incontro pubblico aperto  a tutti, per discutere della “sicurezza” del vaccino HPV.

    • Leggi qui l’intera lettera all’EMA
    • Leggi qui i firmatari della lettera all’EMA
    • Leggi qui i quesiti posti all’EMA

Come si può affermare che questo vaccino sia sicuro?

Qualche giorno fa è stato sottoposto alla nostra attenzione uno studio condotto nel Canada dal titolo “gli eventi avversi della vaccinazione hpv” ( Liu XC, et al eventi avversi dopo la vaccinazione HPV, Alberta 2006-2014 Vaccine (2016), http://linkinghub.elsevier.com/retrieve/pii/S0264410X16002036 ).

Su 195,270 donne che hanno ricevuto il vaccino HPV, 958 hanno avuto degli effetti avversi,tanto da finire in ospedale. Ben 1053 ospedalizzazioni entro 42 giorni dalla vaccinazione.
La grande maggioranza dei casi ricoverati in ospedale sono  di età compresa tra i 9-14 anni (66,0%) o 15-19 anni (22,0%).
Tra coloro che hanno ricevuto il vaccino HPV, 19.351 hanno avuto una visita DE entro 42 giorni dalla vaccinazione (26,849 eventi). Di questi, 713 erano state ricoverate in ospedale entro i 42 giorni dal ricevimento del vaccino.

Questo studio ci preoccupa per il fatto che tutti i soggetti danneggiati riportano danni entro il 42°esimo giorno,ma la nostra esperienza ci racconta ben altro.

Abbiamo assistito e visto i danni post vaccinazione, insinuarsi dopo mesi,oltre ad esserci danni molteplici.

Se questo vaccino è così sicuro, perché sono tante le migliaia di ragazze e ragazzi di tutto il mondo ad essere danneggiati?

Questo vaccino non è sicuro  e lo dice la stessa FDA attraverso una rapida approvazione,senza alcuno studio dimostrato.

Chiediamo trasparenza. E’ ora che gli organi “competenti” facciano il loro lavoro.


Alcuni salienti punti dal video sopracitato:

Secondo il Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS), a partire dal marzo 2014, sono stati segnalati più di 34.000 eventi avversi.

Si stima che meno del 10% di tutti i problemi di salute legati al vaccino siano stati segnalati al VAERS.
Mentre le donne in questa fascia di età (sotto i 30 anni) hanno una percentuale molto bassa (vicino allo zero) di rischio di contrarre e morire di cancro del collo dell’utero, si trovano ad affrontare un altro problema,quello invalidante che si sussegue alla vaccinazione (Lucija Tomljenovic , PhD, Neural Dynamics Research Group).

 

L’EMA ci deve delle risposte e noi non ci arrenderemo

 

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Una intera sezione dedicata alla tematica HPV in collaborazione con Sanevax.

https://vacciniinforma.it/?s=HPV

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DECESSI,IRREVERSIBILI LESIONI,PROCURATO ABORTO, TRAUMI E LACERAZIONI: QUESTE LE ACCUSE MOSSE ALL’OSPEDALE BIANCHI-MELACRINO-MORELLI DI REGGIO CALABRIA

Decessi di due neonati, irreversibili lesioni di un terzo bambino, procurato aborto, traumi e lacerazioni: sono queste le accuse mosse a undici sanitari dell’Ospedale Bianchi-Melacrino-Morelli di Reggio Calabria, accusati di falso ideologico e materiale, occultamento di atti veri e interruzione di gravidanza senza consenso. Gli inquirenti: “Sistema di copertura illecito”.

Articolo di “Il fatto quotidiano”

Carabinieri

Quattro medici agli arresti domiciliari, altri sei interdetti per 12 mesi dalla professione e la stessa misura è stata applicata anche a un’ostetrica. Terremoto agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Il blitz del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza è scattato stamattina all’alba quando i militari hanno notificato ai medici e al personale sanitario dell’ospedale l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonino Laganà su richiesta dei sostituti procuratori Roberto Di PalmaAnnamaria Frustaci.

L’inchiesta ha riguardato i reparti di Ostetricia e Ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia dell’azienda ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli”. Con le misure cautelari, i magistrati contestano i reati di falso ideologico e materiale, di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri nonché di interruzione della gravidanza senza consenso della donna.

L’inchiesta “Mala sanitas”, iniziata un paio di anni fa, è sicuramente più ampia in quanto i pm ipotizzano addirittura un’associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie di reati tra cui la manipolazione delle cartelle cliniche relative alle pazienti (che si sottoponevano a interventi ginecologici) e ai neonati al fine di occultare le responsabilità dell’équipe medica che aveva preso parte ai singoli interventi.

Tra gli arrestati anche l’ex primario Pasquale Vadalà e il suo facente funzioni Alessandro Tripodi, mentre altri medici sono indagati e ancora in servizio. Stando all’inchiesta, condotta dagli uomini del colonnello Alessandro Barbera e dei comandanti del Nucleo Luca Cioffi e Domenico Napolitano, agli ospedali Riuniti c’era “un sistema di copertura illecito, condiviso dall’intero apparato sanitario, che è stato attuato in occasione di errori medici”. Un sistema entrato in azione quando “le cose non sono andate come dovevano andare”.

Nel dettaglio, gli episodi di malasanità accertati dalle Fiamme gialle hanno riguardato il decesso (in due distinti casi) di due neonati, le irreversibili lesioni di un altro bambino dichiarato invalido al 100%, itraumi e le crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente. Nell’inchiesta è finito anche il procurato aborto di una donna non consenziente nonché – scrivono gli investigatori – le lacerazioni strutturali ed endemiche di parti intime e connotative di altre pazienti”.

Nel fascicolo dell’indagine sono finite anche alcune telefonate intercettate nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia su alcuni soggetti gravitanti nell’orbita della cosca De Stefano. In particolare si tratta delle conversazioni registrate dall’utenza dell’ex primario facente funzioni Alessandro Tripodi, nipote di Giorgio De Stefano recentemente arrestato nell’inchiesta “Sistema Reggio”.

Riascoltando, a distanza di alcuni anni, quelle telefonate i pm Di Palma e Frustaci hanno evidenziato come emergevano numerosi episodi di malasanità. Secondo gli inquirenti, dall’inchiesta emerge “l’esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di ‘assoluta freddezza e indifferenza’ verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata ‘a salvare gli altri’ e non se stessi”.

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Roma, maltrattamenti a ragazzi disabili in un centro riabilitazione

Roma, maltrattamenti nel centro di riabilitazione: giovani disabili segregati nelle stanze e picchiati

L’indagine ha inizio da denunce presentate nei primi mesi del 2015 dai vertici della società gestore della struttura relative a sospetti episodi di coercizione e lesioni accaduti all’interno di un reparto, dove erano ospitati 16 ragazzi, uomini e donne, di età compresa tra gli 8 e 20 anni (di cui 5 minori di anni 14), ricoverati stabilmente sulla base di un quadro clinico contrassegnato da ritardo mentale, epilessia e sindromi genetiche.
Le attività investigative, protrattesi per circa tre mesi e supportate anche da intercettazioni audio/video, hanno consentito di individuare significativi e reiterati episodi di rilevanza penale.

In particolare, dalle riprese si evince il frequente ricorso, da parte degli operatori, a strattonamenti, percosse ed insulti, utilizzati come illecito strumento di disciplina e vigilanza sui giovani pazienti che, peraltro, venivano costretti ad alimentarsi celermente con rischio di soffocamento, determinando la vanificazione dell’attività riabilitativa.

Le principali figure coinvolte nella vicenda -un Educatore Professionale ed un Assistente Socio Sanitario con Funzioni Educative- si sono distinte per atteggiamenti particolarmente autoritari e violenti, tanto da creare un sistematico e diffuso clima di terrore nei giovani ospiti. Proprio uno di essi è il soggetto destinatario della misura restrittiva in carcere poiché ritenuto responsabile anche del reato di sequestro di persona, per aver segregato tre pazienti disabili nelle rispettive stanze di degenza, impedendogli la possibilità di movimento. Nell’occasione, l’intervento notturno dei Carabinieri del NAS consentiva di interrompere la condotta delittuosa e provocava l’immediato allontanamento dell’operatore da parte dei vertici della struttura.

Nel corso delle indagini sono stati documentati diversi episodi di maltrattamenti commessi dagli altri operatori che, sebbene con ruoli minori, sottoponevano i ragazzi a soprusi e violenza fisica e verbale, quasi da ipotizzare una “consuetudine repressiva” adottata dal personale addetto a quel reparto.

«Ringrazio ancora una volta i carabinieri del Nas, che proseguono l’azione intrapresa oltre due anni fa quando ho istituito presso il ministero la task force contro gli abusi su anziani e disabili ospiti delle strutture socio assistenziali. Le indagini di Grottaferrata sono l’ennesimo risultato ottenuto grazie a uno sforzo quotidiano, che certifica le tante strutture che operano con rigore e smascherano questi teatri dell’orrore». È il commento del ministro della Salute,
Beatrice Lorenzin, sull’operazione dei carabinieri del Nas di Roma che stanno dando esecuzione a 10 ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Procura della Repubblica di Velletri, a carico di altrettante persone responsabili dei reati di maltrattamento e sequestro di persona di giovani pazienti affetti da patologie neuropsichiatriche, ospiti di un centro di riabilitazione con sede nei Castelli Romani.

«La Regione Lazio si costituirà parte civile contro questi atti disumani», ha annunciato in un tweet il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.

http://ilmessaggero.it/roma/cronaca/maltrattamenti_disabili_centro_riabilitazione_castelli_romani-1537291.html

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Pillola anticoncezionale? In Svizzera resi noti il numero di decessi

In Svizzera resi noti il numero di decessi legati alla pillola anticoncezionale. L’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici ha fatto sapere che dal 1990 al 2015 si sono registrate 16 vittime. Le donne decedute avevano un età compresa tra i 17 e i 49 anni

Articolo di “Lo Sportello Dei Diritti”

09/02/2016

lavoro ricerca aziende

Swissmedic, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici ha fatto sapere che dal 1990 al 2015, si sono registrate 16 morti per embolia polmonare in relazione con l’assunzione di contraccettivi ormonali. L’ultimo caso si è verificato nel settembre 2015.

Le 16 donne decedute avevano un’età compresa tra i 17 e i 49 anni e la metà di loro aveva meno di 30 anni, precisa Swissmedic.

In nove casi erano già presenti fattori di rischio per una tromboembolia venosa, quali sovrappeso, età elevata, predisposizione familiare alla trombosi, un lungo viaggio in aereo o in auto o paralisi alle gambe. Negli altri rimanenti sette casi non è stato possibile chiarire se vi fossero fattori di rischio, ha detto all’ats il portavoce di Swissmedic Peter Balzli.

Dal 1990 sono giunte all’Istituto federale complessivamente 3299 segnalazioni, quasi esclusivamente da parte di medici che avevano in cura pazienti, la maggior parte delle quali soffrivano di tromboembolie (436), di embolie polmonari (268) e di trombosi venose senza embolie polmonari (168). Un caso è assurto agli onori della cronaca nel 2008 e riguarda la pillola anticoncezionale Yasmin: una ragazza, allora 16enne, era infatti rimasta gravemente disabile per un’embolia polmonare subita in seguito all’assunzione nel corso di due mesi della pillola Yasmin.

Alla luce di tali notizie Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, comunica che l’associazione continuerà a monitorare l’evolversi della vicenda per verificare se i danni di cui sono accusate di essere causa le pillole in questione verranno dimostrati in un’aula di tribunale e a seguito di approfondite ricerche scientifiche indipendenti e autorevoli anche per evitare inutili allarmismi nel Nostro Paese giacchè le pillole in questione sono distribuite anche in UE e quindi in Italia.

http://www.sportellodeidiritti.org/notizie/dettagli.php?id_elemento=4915

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Invalido dopo l’Esavalente. Nesso di causalità stabilito,il Ministero dovrà risarcire

Articolo condiviso da Il resto del Carlino.

“Andrea, così lo chiameremo, è un bambino di 11 anni che fatica a parlare, a vedere, a muoversi. Secondo il tribunaledi Modena in parte la sua disabilità, attestata al 100%, fu causata dalla somministrazione vaccinale esavalente (Infanrix Hexa) eseguita nel 2004, quando il piccolo aveva appena tre mesi”.

http://www.ilrestodelcarlino.it/modena/vaccino-invalidita-risarcimento-1.1657419

http://www.ilrestodelcarlino.it/modena/vaccino-bambino-invalido-1.1659765

TRIBUNALE

“Era un bambino sanissimo e sorridente. Poi è arrivato il giorno del vaccino e da quel momento al piccolo sono stati riscontrati danni gravissimi, tanto che oggi il minore, da poco 15enne, ha un’invalidità riconosciuta del 100 per cento”.

A seguito del ricorso depositato a marzo 2011 dai genitori del bimbo contro il Ministero della salute, lo stesso Tribunale, con sentenza del dicembre 2013, vista la consulenza tecnica d’ufficio, ha riconosciuto ilnesso di causa tra la somministrazione vaccinale esavalente (Infanrix Hexa, difterite, tetano, pertosse, epatite B, poliomielite), eseguita a settembre 2004 su un bambino di appena 3 mesi.

Infatti il piccolo, come dimostrato dalla perizia, da quel momento ha iniziato a comportarsi in modo diverso e ad accusare forti malori, fino alla diagnosi, da parte dei medici, di gravi patologie: cerebropatia cronica con ritardo dell’apprendimento grave, epilessia sintomatica, encefalopatia post-natale, strabismo grave e deficit visivo.

Pur essendo stato stabilito dal tribunale, nel 2013, il nesso di causa tra la somministrazione vaccinale esavalente (Infanrix Hexa) e le patologie immediatamente insorte, ilMinistero della salute, ancora oggi, non ha versato il dovuto risarcimento alla famiglia modenese.

Essendo la sentenza passata in giudicato il Tar, il 14 gennaio, accogliendo il ricordo presentato dal legale della famiglia, l’avvocato Francesco Terruli, ha ordinato al Ministero della salute di pagare tutte le somme dovute entro 30 giorni dalla notifica della sentenza. Tra l’altro la cifra dovuta per una tragedia tanto grande supera di poco i centomila euro.

Il caso, inevitabilmente, porta alla ribalta delle cronache la polemica legata ai vaccini.

Un dramma, quello della famiglia modenese, che per la prima volta o quasi vede riconosciuto dai periti il legame tra danni biologici e vaccini. Lo scorso anno, infatti, i giudici di Bologna hanno sentenziato la nullità di legame tra i vaccini e la cosiddetta sindrome di Kanner, o autismo, ribaltando un verdetto del tribunale di Rimini del 2012, quando i giudici di primo grado diedero ragione a una coppia, disponendo un risarcimento di 200mila euro dalla Ausl di Rimini.

Nei mesi scorsi pediatri e medici di base hanno espresso preoccupazione circa il calo dell’andamento della copertura vaccinale nel nostro paese, legato appunto ai timori dei genitori. La sentenza del tribunale, oggi, riapre ‘una ferita’ ancora aperta, ma soprattutto tanti quesiti.

Infatti, a seguito di ricorso depositato a marzo 2011 dai genitori del bimbo contro il Ministero della salute, lo stesso Tribunale, con sentenza del dicembre 2013, vista la consulenza tecnica d’ufficio, ha riconosciuto ilnesso di causa tra la somministrazione vaccinale esavalente (Infanrix Hexa, difterite, tetano, pertosse, epatite B, poliomielite), eseguita a settembre 2004 su un bambino di appena 3 mesi. Infatti il piccolo, come dimostrato dalla perizia, da quel momento ha iniziato a comportarsi in modo diverso e ad accusare forti malori, fino alla diagnosi, da parte dei medici, di gravi patologie: cerebropatia cronica con ritardo dell’apprendimento grave, epilessia sintomatica, encefalopatia post-natale, strabismo grave e deficit visivo.

«La domanda dei ricorrenti è in parte fondata – si legge nella sentenza – dalla consulenza tecnica emerge come l’immunizzazione vaccinale con vaccino esavalente – Infanrix Hexa – ha valore di concausa preponderante, necessaria e sufficiente al manifestarsi dell’epilessia criptogenetica. La patologia è quindi ricollegabile, con elevato gradi di probabilità, all’immunizzazione con vaccino esavalente».

Da qui la condanna al Ministero al pagamento di 106mila euro in favore del minore, con l’estromissione dal giudizio di Ausl di Modena e Regione, essendo il Ministero l’unico legittimato nelle controversie di danno da vaccino. Da quel momento, però, dal Ministero solo silenzio.

«Anche il precetto è stato disatteso – spiega il legale della famiglia – e il successivo pignoramento ha dato esito negativo. I genitori del minore, a luglio, hanno denunciato alla Procura di Roma il dirigente del Ministero della salute, responsabile delle pratiche relative alla legge 210/92, contestando ilcomportamento omissivo dello stesso Ministero». Se il Tar non provvederà al pagamento, sarà quindi nominato ‘commissario ad acta’ il direttore generale dello stesso Ministero della salute affinchè provveda a dare esecuzione alla sentenza.

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Una Cifra ritenuta ‘vergognosa’ e irrisoria sia dal legale della famiglia, l’avvocato Francesco Terruli, sia dai coniugi modenesi per i quali, comunque, nessuna somma potrà mai restituire loro il figlio sano che avevano concepito. Non essendo stato versato il risarcimento, lo scorso 14 febbraio il TAR di Bologna ha ordinato al ministero della Salute di pagare le somme dovute entro 30 giorni dalla notifica della sentenza.

Come sta il vostro bambino?

«Sta bene, per quanto può star bene, ovviamente non paragonandolo a un bimbo sano. Se non altro è un bambino sempre allegro e gioioso». Parla la mamma dell’11enne.

A quando risale il vaccino?

«Era il 2004 e Andrea aveva tre mesi. E’ stata la prima vaccinazione. Fino a quel momento non aveva mai avuto nulla. Era energico, sano, mangiava tantissimo».

Cosa accadde quel giorno?

«Dopo essere tornati a casa il bambino fu colto da un pianto irrefrenabile. Abbiamo capito dopo che si trattava del vaccino. Continuò a stare male tanto che, a distanza di tre giorni, lo trasportammo d’urgenza al Policlinico a causa di gravi crisi respiratorie, che lo mandavano in apnea prolungata. Era il nostro secondo figlio, sapevamo cosa fosse normale e cosa no».

Prima di andare in ospedale contattaste qualche medico?

«Chiamammo il pediatra di famiglia, ci parlò di difficoltà respiratoria dovuta ad un’influenza. Eppure nostro figlio restò ricoverato per oltre un mese».

Che diagnosi fecero i medici?

«All’ospedale erano in difficoltà, non sapevano come identificare queste problematiche. Ci parlarono di epilessia ma noi, subito, sospettammo danni causati dal vaccino. Il problema è che nessuno voleva confermarcelo, nonostante facessimo presente che, fino al giorno della somministrazione, le sue condizioni erano ottime».

E negli anni seguenti cosa accadde?

«Le crisi continuarono, tanto che spesso, la notte, eravamo obbligati a chiamare il 118. Alla fine ci siamo rivolti ad uno specialista. Ci ha fatto fare ricerche approfondite, svolte privatamente, che evidenziarono particolarità strane, il sangue manifestava virus latenti. In sostanza, non aveva sviluppato alcuna reazione normale al vaccino, non rispondeva come avrebbe dovuto».

Quindi avete fatto causa.

«Sì, abbiamo atteso perché la nostra priorità era seguire lui, stargli accanto. Poi, nel 2006, abbiamo intrapreso l’iter legale».

Cosa ha provato quando il tribunale vi ha dato ragione?

«Purtroppo non possiamo provare sollievo, perché il nostro bambino, comunque, non tornerà come prima. Ci abbiamo messo anni per accettare le sue condizioni. Io ho lasciato il mio lavoro per poterlo seguire tutto il giorno; mio marito pensa a tutti e quattro».

In questi mesi i pediatri sono insorti affermando che non esistono correlazioni tra vaccini e patologie. Cosa ne pensate?

«Crediamo vi sia tanta ipocrisia e persone che negano l’evidenza. Non ci fidiamo più dei medici, quel che sappiamo è che oggi il nostro bambino ha 11 anni, non corre e non cammina come gli altri, ha un ritardo psico motorio, non parla. Eppure, riesce a sorridere; e noi con lui».

Il risarcimento deciso dal tribunale è però molto basso.

«I soldi non fanno la differenza, dopo tutti quelli che abbiamo speso in questi anni per cercare di curarlo al meglio. Speriamo che quel denaro arrivi, visti i tempi della giustizia. Sempre che la giustizia esista».

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Morti materne e la task force del Ministero sugli ultimi accadimenti

Articolo del Quotidiano Sanità

http://www.quotidianosanita.it/piemonte/articolo.php?articolo_id=35181

Morti materne. La task force del Ministero sui casi di Torino, Brescia, Verona e Bassano del Grappa: “Emerse diverse criticità cliniche e organizzative”. Il Sant’Anna “quasi” assolto

Presentata la relazione preliminare. In alcuni casi rilevati anche problemi di comunicazione struttura-familiari e nella gestione dell’emergenza sul piano comunicativo non adeguata. Sul primo caso di morte durante il parto, quello occorso nella notte tra il 26 e il 27 dicembre scorso a Torino, gli ispettori del ministero sottolineano che non sono emersi al momento “elementi di inappropriatezza”. Ma anche qui ravvisate alcuni fattori da migliorare nel percorso assistenziale.

12 GEN – Criticità clinico-organizzative, problemi di comunicazione struttura-familiari e gestione dell’emergenza sul piano comunicativo non adeguata. Queste alcune delle criticità rilevate dalla task force istituita presso il Ministero della Salute, chiamata a verificare eventuali criticità di carattere organizzativo e clinico in caso di eventi avversi negli ospedali italiani, che ha depositato le relazioni preliminari scaturite dalle ispezioni presso l’Ospedale S. Anna di Torino, gli Spedali Civili di Brescia, l’Ospedale G. Fracastoro di San Bonifacio (Verona) e l’Ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa.

Le osservazioni e valutazioni preliminari sono state effettuate in base all’analisi della documentazione immediatamente disponibile, alle testimonianze raccolte dal personale medico e dai racconti dei familiari delle persone decedute.

Al S. Anna di Torino,  la gestione del caso della signora Angela Nesta e della piccola Elisa non sembra presentare, allo stato attuale delle conoscenze, elementi di inappropriatezza, relativamente alla gestione della complicanza, repentinamente occorsa, e che ha portato al decesso della signora e della neonata: pare infatti siano stati attuati tutti gli accertamenti necessari e tutte le manovre di emergenza sia per la rianimazione materna, sia neonatale. La relazione degli ispettori sottolinea comunque la necessità che siano resi disponibili protocolli diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) per la selezione delle donne da avviare al parto indotto e per la gestione  delle donne con agitazione psico-motoria in pre-partum. Un ulteriore aspetto da considerare – scrivono nella relazione – è l’integrazione tra l’ospedale ed il territorio per la gestione delle donne con indice di massa corporea elevato e con significativo aumento di peso in gravidanza: pertanto, è necessario che siano elaborati specifici PDTA che devono essere condivisi tra Ospedale e consultorio, per la definizione e gestione delle situazioni di rischio.

In merito al decesso della signora Giovanna Lazzari, all’ottavo mese di gravidanza, morta giovedì 31 dicembre nel Presidio Ospedaliero Spedali Civili di Brescia,  l’esame della documentazione clinica resa immediatamente disponibile, ha mostrato un certo disallineamento rispetto ai colloqui intercorsi con il personale dell’ospedale coinvolto nei fatti ed alla prima relazione sintetica (fornita dalla Direzione aziendale), e ha fatto emergere alcuni aspetti di criticità sia di carattere organizzativo, sia clinico. La comunicazione con i parenti, con i mezzi di informazione e tra i professionisti richiede azioni correttive, anche in base a quanto previsto dalle Linee guida del 2011 per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità. Dal punto di vista organizzativo, in considerazione del fatto che il processo assistenziale travaglio/parto/nascita, anche in situazioni fisiologiche, è tempo dipendente, è necessario predisporre e diffondere procedure che permettano una chiara definizione del percorso assistenziale e delle responsabilità ad esso connesso. E’ emersa inoltre la necessità di migliorare la valutazione delle condizioni di rischio potenzialmente presenti in gravidanza e al momento del ricovero, con particolare riferimento alla problematica delle infezioni, nonché la necessità dell’aderenza a linee guida sul trattamento della sepsi, trattandosi di patologia ad elevata letalità e le cui probabilità di sopravvivenza sono anche tempo-dipendenti.

In merito al caso di Marta Lazzarin, la donna deceduta il 29 dicembre all’ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa, giunta alla ventisettesima settimana (settimo mese) della sua prima gravidanza, la gestione dell’emergenza, su un piano comunicativo, non è stata adeguata, creando forse delle aspettative nei familiari sull’esito delle cure. Da sottolineare la non adeguata gestione del dolore. Da un punto di vista clinico, è emersa la necessità di aumentare negli operatori l’aderenza alle procedure relative alle condizioni di rischio che possono essere presenti in gravidanza, con particolare riferimento alla problematica delle infezioni. In particolare, la sepsi in gravidanza è una patologia ad elevata letalità e le cui probabilità di sopravvivenza sono tempo-dipendenti, per cui sono necessari identificazione precoce e monitoraggio continuo del quadro clinico; la letalità della patologia, anche a seguito di una corretta gestione terapeutica, rimane elevata. Peraltro è stata somministrata terapia antibiotica iniziale appropriata al quadro di infezione sospettato.

In merito al caso della signora Anna Massignan, sulla base della documentazione resa immediatamente disponibile e dei colloqui intercorsi con il personale dell’Ospedale G. Fracastoro di San Bonifacio, Azienda ULLSS N.20 di Verona coinvolto nei fatti, nonché dalla Epicrisi (fornita dal Direttore della UOC di Ginecologia ed Ostetricia),  analizzando a ritroso l’evento occorso, emergono alcuni aspetti di carattere organizzativo e clinico. Dal punto di vista organizzativo, in considerazione del fatto che il processo assistenziale travaglio/parto/nascita, anche in  situazioni fisiologiche, è tempo dipendente, è necessario predisporre e diffondere procedure che permettano una chiara definizione del percorso assistenziale e delle responsabilità ad esso connesso.
Da un punto di vista clinico, è emersa la necessità di predisporre e diffondere procedure che permettano la valutazione delle condizioni di rischio potenzialmente presenti in gravidanza e al momento del ricovero, con particolare riferimento alla problematica delle infezioni e della sepsi: infatti, trattandosi di patologia ad elevata letalità e le cui probabilità di sopravvivenza sono anche tempo-dipendenti, sono necessari identificazione precoce e monitoraggio continuo del quadro clinico, anche se l’esito positivo non è scontato.
Le procedure e i protocolli presenti nel Punto Nascita vanno adattati alle condizioni cliniche: sotto questo profilo, la scelta del momento in cui effettuare il TC è cruciale al fine della sopravvivenza materno-fetale.

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Ritiro lotto specialita’ medicinale “BACTROBAN CREMA”

Articolo condiviso da “Lo sportello dei diritti”

Ritiro lotto specialita’ medicinale “BACTROBAN CREMA” per potenziale contaminazione

colomba

La Società GlaxoSmithKline SpA, con propria nota del 28 dicembre 2015, ha comunicato di voler procedere al ritiro volontario dal mercato del lotto n. C733768 scad. 12/2016 della specialità medicinale BACTROBAN*CREMA 15G 2%– AIC 028978031.

Il ritiro è riconducibile ad una potenziale contaminazione del principio attivo Mupirocina. Sebbene la valutazione medica del profilo rischio/beneficio per il paziente rimanga positiva, non si può escludere la possibilità di una sensibilizzazione o irritazione a livello cutaneo.

La Società GlaxoSmithKline invita pertanto le farmacie a bloccare la vendita di tale lotto di farmaco e ad inviare il prodotto al grossista di riferimento. Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, rilanciando la comunicazione dell’azienda farmaceutica, invita pertanto le farmacie a bloccare la vendita di tale lotto.

http://www.sportellodeidiritti.org/notizie/dettagli.php?id_elemento=4807

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Visite domiciliari mai effettuate?Il Dottor Renato Boatto responsabile di truffa aggravata

Articolo riportato dalla fonte seguente.

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2015/11/18/news/truffa-all-asl-10-condanna-a-sette-mesi-1.12472140

Il medico Renato Boatto, accusato di aver segnalato 120 visite domiciliari mai effettuate tra il 2007 e il 2013.

medico truffa

SAN DONA’. Ha puntato all’assoluzione, ma ieri il giudice veneziano Roberta Marchiori lo ha ritenuto responsabile del reato di truffa aggravata ai danni dell’Asl 10 del Veneto Orientale e lo ha condannato a una pena di sette mesi di reclusione e 300 euro di multa. Il medico di famiglia Renato Boatto (61 anni, San Donà), comunque, ha ottenuto la sospensione condizionale della pena. Il pubblico ministero veneziano Stefano Ancilotto aveva chiesto un anno di reclusione.

Prima della discussione, ieri, il magistrato ha interrogato un testimone, la madre di due pazienti di Boatto, la quale ha riferito che in qualche occasione il dottore aveva visitato i suoi figli ma non con la frequenza segnalata dal medico. Quindi, le visite domiciliari sarebbero state un numero inferiore di quelle segnalate come eseguite da Boatto.
Inizialmente erano stati ben 39 i medici finiti sotto inchiesta sulla base degli atti raccolti dalla Guardia di finanza, la maggior parte di Portogruaro, San Donà e del litorale.

L’imputato doveva rispondere di una truffa per quattromila euro per 120 visite segnalate che non avrebbe effettuato, sempre tra gli anni dal 2007 al 2013. I medici erano sospettati di essere coinvolti nelle visite domiciliari programmate e, a quanto risulta, mai eseguite.
Gli investigatori delle fiamme gialle avevano esaminato i referti di 1.800 visite domiciliari, con i relativi report inviati all’Asl di riferimento.
Una truffa che sarebbe stata quantificata in circa 53mila euro.

I medici, dunque, non avrebbero eseguito materialmente le visite mediche a domicilio dei pazienti, ma si sarebbero limitati magari a una telefonata. Oppure quelle visite, pur segnandole nella loro cartella per ottenere il rimborso con una nota all’azienda sanitaria, non le avrebbero proprio eseguite. Questo risulta dalla indagini della Guardia di finanza sandonatese, si tratta di visite che vengono normalmente programmate sulla base delle valutazioni di una commissione specifica che seleziona pazienti con particolari disagi, problemi di deambulazione e salute che consentono di avere il beneficio delle visite direttamente a casa.

Per ogni visita il medico percepisce 25 euro.

Alla fine la maggior parte delle posizioni era stata archiviata e, prima della condanna di ieri, altre tre medici avevano patteggiato un anno di reclusione.

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