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Farmaci? Ecco gli incentivi e i regali delle aziende agli stessi medici

Una ricerca americana conferma 
un vecchio sospetto: i medici prescrivono ai loro pazienti i farmaci prodotti dalle aziende che offrono loro pasti, feste, regalini. E quelli generici restano invenduti

ARTICOLO DI”ESPRESSO”  http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2016/07/05/news/farmaci
Farmaci, così gli omaggi delle aziende ai medici 'incentivano' le ricette

Nessun pasto è gratis. In altre parole, attenti alle offerte che sembrano disinteressate, specie quando c’è di mezzo la spesa – e la salute – pubblica. Lo rivela un’indagine pubblicata sulla rivista “Jama”, che conferma un vecchio sospetto: relazione tra i pranzi offerti ai medici dalle case farmaceutiche e la prescrizione di costose specialità di marca al posto dei più economici generici.

Negli Stati Uniti il dibattito sugli intrecci tra Big Pharma e classe medica è acceso da tempo. La novità è che ora i ricercatori dell’Università della California, San Francisco hanno quantificato gli effetti di una prassi apparentemente innocua, come l’offerta di un pranzo. Analizzando il modus operandi di 280 mila cardiologi di fronte a quattro farmaci – rosuvastatina, nebivololo, olmesartan e desvenlafaxina, ossia una statina, un betabloccante, un Ace inibitore e un antidepressivo – presenti sul mercato sia come generici sia come specialità di marca. Facendo emergere un’associazione tra i benefici ricevuti dai medici – in oltre 60 mila hanno avuto “qualcosa” dall’azienda produttrice, nel 95 per cento dei casi un pasto del valore medio di 20 dollari – e la scelta del farmaco “branded”.

Le cifre parlano chiaro: i medici che si sono seduti più spesso a tavola con i rappresentanti dell’industria hanno prescritto il doppio della rosuvastatina rispetto ai colleghi, e oltre quattro volte tanto nebivololo e olmesartan. «Non è il caso di tirare conclusioni affrettate», avverte in un editoriale il direttore di “Jama”, Robert Steinbrook: «La correlazione non indica necessariamente un rapporto causa-effetto». È possibile, ad esempio, che i medici tendano a partecipare a incontri dedicati ai farmaci che già preferiscono. Ma lo studio, che ha esaminato le prescrizioni fatte per assistiti del programma pubblico Medicare, mostra che un problema esiste. «In particolare per la cardiologia, un settore in cui sono presenti farmaci generici e di marca appartenenti alla stessa classe. Ma è destinato a riproporsi per altri farmaci e altre specialità», osserva Marco Bobbio, cardiologo e segretario generale di Slow Medicine, associazione che si batte per l’appropriatezza della pratica medica.

In Italia a portare ai medici la voce delle aziende farmaceutiche sono soprattutto gli informatori sanitari: «E sono una presenza costante negli studi: d’altronde sono preparati per diventare amici dei medici, per creare un rapporto personale», spiega il pediatra Sergio Conti Nibali, cofondatore di “No Grazie pago io” una delle associazioni che si impegnano per una medicina meno succube alle pressioni delle aziende.

Parlare di corruzione sarebbe forse eccessivo, «ma vogliamo provare a immaginare come andrebbero le cose se l’Aifa e il ministero fossero presenti negli studi dei medici come lo sono le aziende?», suggerisce Conti Nibali. «Il problema è che certe pratiche sono una consuetudine, si stenta a pensare che non sia opportuno accettare un caffè o un piccolo omaggio».

E a capire che una frequentazione amichevole con chi rappresenta l’azienda può condizionare le scelte terapeutiche: «Una ricerca di qualche anno fa aveva mostrato come i medici che avevano partecipato a un convegno organizzato da un’azienda nei mesi seguenti avessero raddoppiato le prescrizioni del farmaco di cui si era parlato», ricorda Bobbio. «Il dato interessante è che, interrogato in proposito, l’85 per cento di loro aveva negato di aver subito condizionamenti».

«Forse, da uno studio simile fatto in Italia uscirebbero dati meno impressionanti», sdrammatizza Cosimo Nume, responsabile comunicazione di Fnomceo, la federazione degli ordini dei medici. «Da noi si ricorre più spesso a farmaci di prima scelta, meno costosi di quelli presi in esame dai ricercatori americani, e ci sono regole sui farmaci generici, che il cittadino può chiedere direttamente al farmacista, anche se il medico ha prescritto una specialità di marca».

Mentre se la ricetta indica un farmaco “branded”, senza specificare che non è sostituibile con un generico, la differenza di prezzo è a carico del paziente. «Dobbiamo considerare che il contesto italiano è diverso da quello Usa, dove il sistema sanitario è basato sulle assicurazioni private», aggiunge Enrico Hausermann, presidente di Assogenerici, l’associazione dei produttori di farmaci generici, fuori brevetto e quindi più economici. Che fanno risparmiare cittadini e Servizio sanitario nazionale.

Anzi farebbero, perché in Italia stentano a decollare, e non solo perché sono arrivati con quasi trent’anni di ritardo rispetto ad altri paesi europei dove coprono circa la metà del mercato. «I pazienti possono essere scettici nei confronti dei generici, ma se il medico li informa correttamente il problema si supera», spiega Conti Nibali. «E se i medici sono spesso contrari al generico, dipende in gran parte dalle aziende e dagli informatori». Che puntano sui pochi casi in cui è davvero meglio ricorrere al brand, per esempio per evitare eccipienti cui il paziente è allergico.

Ma anche su elementi meno solidi, «per esempio sottolineando che la biodisponibilità di un generico può variare anche del 20 per cento rispetto al farmaco di marca, come se fosse una caratteristica del mercato italiano, e tale da preoccupare», osserva Bobbio. «Mentre è un parametro fissato da un regolamento internazionale, e riferito al fatto che la concentrazione nel sangue di qualunque principio attivo ha una sua variabilità fisiologica. Che emergerebbe anche confrontando due compresse contenute nella stessa confezione».

A casa nostra, insomma, i pranzi sembrano essere l’ultimo dei problemi, o quasi. «Gli informatori americani sono meno presenti negli studi medici, proprio perché da loro usano gli incontri conviviali: forse la nostra prassi è più trasparente», osserva Nume. Anche se gli effetti degli incontri in studio sono difficili da valutare: «Un’indagine realizzata nel 2016 dal centro studi della Fimg mostra che un medico di base vede ogni settimana cinque informatori, che salgono a nove nelle regioni del Sud», osserva Bobbio. «Si riceve l’informatore per abitudine, per gentilezza, per ricevere informazioni utili: ma non possiamo sapere cosa succeda nel corso di questi incontri».

Negli ultimi anni il malcostume sembra comunque in diminuzione. Grazie anche a norme e codici deontologici che vietano le collusioni più scandalose, come i congressi medici organizzati in località turistiche e in alta stagione, con giornate libere e la possibilità di portare un accompagnatore. Mentre sono legittimi gli inviti a congressi, come pubblico ma anche come relatori, o la partecipazione a corsi di formazione, «che le aziende propongono con quello che è definito un “contributo non condizionato”», ricorda Nume.

Difficile dire quanto pesi la tendenza a prescrivere un farmaco che si è imparato a conoscere bene, invece di un generico o di un intervento sullo stile di vita, «anche se ci sono rigide griglie di valutazione che guidano le prescrizioni», ricorda Nume.

La novità è che anche in Italia sta partendo un’iniziativa simile all’Open Payments americano, per rendere più trasparenti i rapporti tra farmaceutiche e medici: Farmindustria ha aderito al Disclosure code europeo che chiede di mettere on line i “trasferimenti di denaro” tra medici e aziende. Per ora, bisognerà cercarli nei siti delle singole aziende: «Ma un paziente scontento di una prescrizione potrà verificare se il medico abbia interessi economici legati a quel farmaco» , ricorda Nume, anticipando che si sta pensando a come semplificare l’accesso ai dati.

Resta il fatto che i medici possono scegliere se inserire o no il loro nome, anche se finora il 72 per cento ha accettato: «Non è la panacea, però è un segnale verso la trasparenza», osserva Conti Nibali, «che dà ai cittadini uno strumento per informarsi».

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vaccini sicuri analizziamoli

Vaccini obbligatori per gli asili? Epidemie? Assolutamente FALSO

Vacciniinforma ringrazia il dr. Tancredi Ascani per aver permesso la divulgazione nel web delle sue interessanti considerazioni.
Dalla pagina del Dr. Tancredi Ascani ecco a voi quanto segue.

tancredi-ascani

In merito a questa follia di rendere obbligatorie le vaccinazioni negli asili, pena l’esclusione dagli stessi, perché si è scesi sotto il 95% di copertura vaccinale, al di sotto della quale tornerebbero chissà quali epidemie, vorrei fare due considerazioni:

1) in italia siamo già MOLTO al di sotto di tale copertura perché se consideriamo:

  • i soggetti che non rispondono alle vaccinazioni (i cosiddetti no-responders, un 10-20% dei vaccinati),
  • i medici che falsificano i certificati e dichiarano falsamente di aver fatto la vaccinazione ai propri figli/assistiti (secondo un’inchiesta giornalistica importante sarebbero un 20%),
  • gli adulti/anziani che con il tempo perdono l’immunità data dai vaccini (che spesso dura solo alcuni anni) e che non continuano a fare i richiami a vita (la maggior parte dei cittadini).

Non credo di sbagliare troppo affermando che, ad esser ottimisti, saremo ad una copertura “reale” dalle malattie per cui si vaccina del 50%, altroché 95.

2) in Svizzera pare che la copertura “dichiarata” dei soggetti vaccinati sia addirittura del 40% e in alcuni Paesi europei è comunque molto più bassa della nostra.

Tutto questo e, come era prevedibile, nessuna terribile epidemia si è mai vista anzi, in alcuni Paesi come l’Austria, nel caso del morbillo, si è avuta un’incidenza della malattia nettamente inferiore a Paesi come la Germania che ha una copertura vaccinale molto superiore:

http://www.ilfattoquotidiano.it/…/il-morbillo-e-in…/1744212/

Ora, secondo voi, alla luce dei fatti, è più logico estendere l’obbligo vaccinale a tutti esponendo a rischi legati alle vaccinazioni tanti bambini sani o forse è il caso di abolire definitivamente quest’obbligo visto che è palese che certe spaventose epidemie non sono più un pericolo in Paesi come il nostro?

La libertà di cura è uno dei principi basilari di ogni Paese democratico che si rispetti“.

 

Per rivedere l’inchiesta di Report, “Il virus dell’obbligo”:
http://www.report.rai.it/…/ContentItem-640d41f6-a3a7-41db-8…

Ricordiamo anche i  FATTI, non le TEORIE.

Diminuiscono le persone vaccinate e…crolla il morbillo.

Dallo stesso sito EPICENTRO,il rapporto presenta i dati nazionali della Sorveglianza Integrata del Morbillo e della Rosolia, raccolti dal Reparto di Epidemiologia delle Malattie Infettive (Cnesps) con il contributo del Reparto di Malattie Virali e Vaccini Attenuati (Mipi) dell’Istituto Superiore di Sanità.

Diminuiscono le persone vaccinate e…crolla il morbillo.

A giugno 2014 segnalati 1259 casi di morbillo
Bollettino (1)RM_News_2014_06

A giugno 2016 segnalati 367 casi di morbillo
Bollettino (2)RM_News_2016_28 (1)

Ulteriore prova della fallacia dell’immunità di gregge e di come entrino in gioco altri fattori nel controllo delle malattie infettive.

Sono segnalati 3 casi di encefalite.

Molto strano che i media non ne abbiano fatto notizia per spingere alla vaccinazione. Presumo perché i casi riguardano soggetti sopra i 40 anni, fascia d’età questa con il maggior numero di casi insieme a quella sopra i 15 anni fino ai 39. Se qualcuno ha notizie più precise in merito ben venga.

30/6/2016 – Morbillo & Rosolia News: il rapporto di giugno 2016
Nel mese di maggio 2016, sono stati segnalati 71 casi di morbillo, portando a 367 i casi (possibili, probabili o confermati) segnalati dall’inizio dell’anno. Il 94% dei 367 casi del 2016 è stato segnalato in sette Regioni (Lombardia, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Sicilia, Piemonte e Calabria). Per quanto riguarda la rosolia, nel mese di maggio 2016, non sono stati segnati casi, lasciando a 8 il totale dall’inizio dell’anno

http://www.epicentro.iss.it/…/bollettino/RM_News_2016_28.pdf

Prima di parlare di crollo di dati e di epidemie,occorrerebbe informarsi.

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AIFA: i dati sull’uso dei farmaci in età pediatrica nel 2015

Vacciniinforma condivide con i lettori questo interessante rapporto OsMed 2015, il quale mette a fuoco un dato aberrante.
“Il Rapporto OsMed 2015 dedica anche quest’anno un focus all’utilizzo dei farmaci in età pediatrica. I dati evidenziano che nell’anno,la fascia di età che ha fatto registrare i maggiori consumi è quella dai 0 ai 2 anni con 82,2 dosi giornaliere ogni mille abitanti”.

Questione di guadagno o speculazione? Leggiamo insieme “sull’immissione di medicinali innovativi ad alto costo ed in particolare dei nuovi farmaci ad azione antivirale diretta di seconda generazione (DAAs) per la cura dell’epatite C cronica, la spesa pubblica ha fatto registrare un significativo aumento dei costi”.  

Poi qualcuno dovrebbe illuminarci in merito alla pericolosità dell’Epatite e sopratutto sulle nuove terapie salva tasche (non certo dei pazienti).

FONTE AIFA (alla fine dell’articolo).

L’uso dei farmaci in Italia – Rapporto OsMed 2015

PINOCCHIO BEDDU

I dati dell’edizione 2015 sono, più che mai, indicativi dei successi conseguiti nell’ambito della ricerca farmacologica e riflettono scelte e politiche attuate nell’ottica di garantire al cittadino il più ampio e sicuro accesso alle cure, con particolare attenzione ai medicinali innovativi e per il trattamento di malattie rare. Nel 2015, a seguito dell’immissione sul mercato di medicinali innovativi ad alto costo ed in particolare dei nuovi farmaci ad azione antivirale diretta di seconda generazione (DAAs) per la cura dell’epatite C cronica, la spesa pubblica ha fatto registrare un significativo aumento dei costi. E’ emblematico, al riguardo, il balzo, in termini di spesa, dalla quinta alla prima posizione, fatto registrare dalla categoria terapeutica degli antimicrobici, cui afferiscono questi farmaci, che per la prima volta è riuscita a spodestare i farmaci cardiovascolari.

Il Rapporto quest’anno si è ulteriormente arricchito di due nuovi indicatori di appropriatezza d’uso, volti a valutare i profili d’utilizzo dei farmaci e quelli dell’aderenza al trattamento nell’ambito della fibrillazione atriale e della trombosi venosa profonda. Inoltre,viene riportata, per la prima volta, per ciascun indicatore, anche una valutazione del valore regionale con lo scopo di evidenziare la distanza in termini di appropriatezza delle cure erogate in ogni singola Regione rispetto ad un valore di riferimento. Presente per la prima volta, inoltre, un’analisi sull’utilizzo e la spesa per la categoria dei farmaci impiegati per il trattamento dell’epatite C, con approfondimenti per sottocategoria terapeutica, molecola e a livello regionale.

Il Rapporto OsMed 2015 dedica anche quest’anno un focus all’utilizzo dei farmaci n in età pediatrica. i dati evidenziano che nell’anno considerato la fascia di età che ha fatto registrare i maggiori consumi è quella dai 0 ai 2 anni con 82,2 dosi giornaliere ogni mille abitanti. Nello specifico, è stato osservato un maggiore utilizzo di questa classe di medicinali per i maschi rispetto alle femmine, ad eccezione della fascia d’età 14-17 anni.

L’attenzione ai farmaci utilizzati in pediatria è in linea con le direttive promosse dall’Agenzia Europea dei Medicinali, concretizzatesi con il recente avvio di una consultazione pubblica sulla necessità di raccogliere ulteriori evidenze scientifiche al fine di promuovere un migliore impiego dei medicinali in ambito pediatrico.

Per l’analisi dell’utilizzo dei farmaci in età pediatrica (<18 anni) sono stati utilizzati i dati provenienti da 40 ASL e 8 Regioni, distribuite tra Nord, Centro e Sud Italia, a cui afferisce una popolazione di circa 38,7 milioni di assistibili.

La categoria maggiormente utilizzata è quella dei farmaci dell’apparato respiratorio (35,6%) e dei farmaci dell’apparato gastrointestinale (25,5%).
Nella lista dei primi 30 principi attivi per consumo quasi la metà appartengono alla categoria dell’apparato respiratorio (13 principi attivi), seguono per numerosità i farmaci appartenenti alla categoria degli antimicrobici (6 principi attivi).

I primi tre principi attivi per consumo sono rappresentati dal colecalciferolo, beclometasone e dall’amoxicillina associata ad acido clavulanico. Non si evidenziano differenze rilevanti nella distribuzione dei consumi delle diverse categorie di farmaci tra generi se non per i farmaci del sistema genito-urinario, che presentano un maggior uso nelle femmine rispetto ai maschi”.

 

FONTE

http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/aifa-i-dati-sull%E2%80%99uso-dei-farmaci-et%C3%A0-pediatrica-nel-2015

http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/luso-dei-farmaci-italia-rapporto-osmed-2015

 

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MEDICI PAGATI DALLE CASE FARMACEUTICHE: L’ELENCO ONLINE CON NOMINATIVI E COMPENSI

Svolta epocale dal punto di vista della trasparenza sul lavoro dei medici e sulla prescrizione dei farmaci. Dal 30 giugno saranno online gli elenchi dei compensi che le aziende farmaceutiche avranno rilasciato ai medici e alle società scientifiche per ricerche, congressi, seminari e consulenze.

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Gli elenchi saranno pubblicati sui siti web delle aziende farmaceutiche in Italia e in altri 32 Paesi europei, con Turchia e Russia incluse. Il codice di trasparenza ‘Disclosure Code’ è stato voluto e presentato da Farmindustria.

La stessa Farmindustria ha già reso noto che 7 medici su 10 hanno dato il consenso alla pubblicazioni dei dati relativi al 2015, ma l’obiettivo è che le adesioni arrivino al 100%. Si tratta di una rivoluzione davvero importante per i cittadini che nel momento in cui si rivolgono al medico diventano utenti-pazienti che possono avere bisogno di assumere farmaci e che sperano che il medico li prescriva con onestà e non per ricevere favori dalle case farmaceutiche.

Il fatto che il 70% dei medici abbia già firmato il consenso per la pubblicazione dei propri dati è considerato incoraggiante, un vero e proprio passo avanti verso la trasparenza. E’ giusto che i cittadini che si affidano ad un medico di base o ad uno specialista sappiano se una parte della relativa attività di lavoro e di ricerca sia legata alle case farmaceutiche e in che modo.

Secondo Farmindustria, dato che questo sistema è regolato da transazioni economiche, è giusto che il tutto sia reso trasparente, soprattutto con l’obiettivo di contrastare la cultura del sospetto e del pregiudizio. In Francia e negli Stati Uniti esiste già un simile sistema di trasparenza e dalla fine di questo mese lo avremo a disposizione anche in Italia e in Europa.

 

Dal 30 giugno 2016 avverranno le pubblicazioni dei primi elenchi online, che riguarderanno i pagamenti che le case farmaceutiche hanno versato ai medici nel 2015. Certo, i cittadini dovranno armarsi di pazienza e ricercare i dati sui medici di proprio interesse sui singoli siti delle case farmaceutiche, ma per quanto riguarda una maggiore informazione e trasparenza ci sembra davvero un passo avanti importante, se alla base ci sarà l’onestà.

 

Articolo e fonte di Greenme

http://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/20603-medici-pagati-case-farmaceutiche

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Vaccini? “Serve trasparenza” lamenta l’Antitrust

Qualcuno forse avrà iniziato a comprendere che questo business perpetrato da anni sulla pelle di tutti noi, stia portando ad una situazione ben più grave. E’ giusto che qualcuno indaghi sulle spese e sugli accordi fraudolenti dei nostri organi Ministeriali.

E’ giusto che venga fatta trasparenza anche sulle epidemie inventate, le quasi si scontrano con i dati reali. Che venga fatta chiarezza e chiediamo interventi mirati anche da parte della nostra magistratura.

E’ arrivato il momento di indagare sui criminosi comportamenti a danno della salute degli esseri umani .

Chi ha sbagliato,che paghi. Basta con la disinformazione a danno dei contribuenti. Per voi sono numeri ma per noi, i nostri figli. QUESTA LA RAGIONE per cui i cittadini e in questo caso i genitori, hanno perso fiducia nelle istituzioni. La colpa non è dei complottisti come li chiamate voi,ma di chi continua a lucrare sulla pelle altrui e tutto questo è inaccettabile.

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“Una spesa annua di 300 milioni di euro, a carico del Sistema Sanitario Nazionale, destinata a raddoppiare con l’approvazione del nuovo Piano di prevenzione vaccinale. Un mercato mondiale di oltre 20 miliardi di euro, dominato da un oligopolio di quattro imprese multinazionali. Forti carenze informative sui costi e sui prezzi dei prodotti anche in Italia; necessità di scelte mediche trasparenti”.

L’antitrust si espone sui vaccini dichiarando che non vi è trasparenza.

Così riporta l’articolo di “La Repubblica” che abbiamo condiviso. Di seguito il testo.

L’indagine conoscitiva dell’Antitrust sui “Mercati dei vaccini a uso umano”, in particolare su quelli “essenziali” perché raccomandati dai Piani nazionali, denuncia forti criticità qui in Italia.

L’Antitrust analizza le dinamiche di offerta e domanda dei vaccini essenziali tra il  2010 e il 2015, quando il Servizio Sanitario investe 300 milioni in media l’anno per l’acquisto di questi prodotti. Ora, l’Antitrust approva che – sempre più spesso – poche centrali di acquisto pubblico acquistino i vaccini sul mercato.

Ogni volta che aggrega la sua domanda, lo Stato fronteggia meglio i voraci colossi del settore. L’Antitrust però lamenta  che i dati di aggiudicazione delle aste non sono né chiari  né facilmente disponibili.

La parola chiave, d’altra parte, è sempre quella: concorrenza. Quando si verifica un confronto commerciale tra prodotti diversi, i prezzi tendono a scendere anche in assenza di vaccini generici. Emblematici i casi dei vaccini anti-papilloma virus e di quelli esavalenti, che sono la terza e seconda voce di spesa vaccinale del Servizio Sanitario (23 e 75 milioni di euro). Qui si è assistito alla competizione diretta tra i prodotti di GlaxoSmithKline (Cervarix e Infanrix Hexa) e Sanofi-MerckSharpDohme (Gardasil e Hexyon).

Nel caso dei vaccini anti-pneumococcici, prima voce della spesa pubblica (84 milioni di euro), si è registrato invece il dominio assoluto di un prodotto, il Prevenar13 di Pfizer, preferito dalle stazioni appaltanti perché offre una copertura vaccinale per più ceppi rispetto al concorrente, il Synflorix di GlaxoSmithKline. Il monopolio di un prodotto, pur a fronte di volumi di vendita crescenti e garantiti, porta con sé aumenti dei prezzi.

L’Antitrust chiede alle autorità mediche “posizioni chiare, trasparenti e indipendenti”: sia in ordine all’inclusione di una determinata vaccinazione nei Piani nazionali di prevenzione; sia in merito alla possibile equivalenza tra prodotti. L’Antitrust propone inoltre di premiare i produttori di vaccini disponibili a “una contrattazione preventiva con l’Agenzia italiana del Farmaco”. Questa procedura dovrà riguardare i prodotti registrati in classi a prezzo libero, poi compresi nei Piani nazionali di vaccinazione. Inclusione che garantisce a chi vende “acquisti continuati di grandi volumi”.

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Wyeth e Pfizer pagano 784,6 milioni di dollari per alleggerirsi la coscienza. Sconti e incentivi sottobanco a danno dei pazienti.

Wyeth e Pfizer sono d’accordo nel pagare $ 784,6 milioni di dollari a fronte di una querela. Le due aziende in questione sono colpevoli di aver ingannato non solo il governo ma i pazienti stessi per via dei costi eccessivi dei farmaci e qualche dichiarazione omessa.

Ricordate che in piena crisi economica globale, la Pfizer (la casa farmaceutica più potente al mondo) acquistò per 68.000.000.000 di dollari la Wyeth Ayerst Laboratories?
La Wyeth nel 1982 sponsorizzò negli Stati Uniti una campagna pubblicitaria finalizzata a presentare l’osteoporosi come un gravissimo problema per tutte le donne e non fu l’unica campagna che realizzò.
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Il Dipartimento di Giustizia ha quindi annunciato oggi, che le aziende farmaceutiche Wyeth e Pfizer Inc. avrebbero accettato di pagare ben $ 784,6 milioni di dollari per risolvere un contenzioso che riguarda il comportamento fraudolento di  Wyeth su due dei suoi inibitori della pompa protonica (PPI),ovvero i farmaci, Protonix orale e Protonix IV.

Pfizer, che ha sede a New York, ha acquisito Wyeth nel 2009 (nel New Jersey)la quale, circa tre anni dopo, ha iniziato ad assumere una condotta poco chiara,portando così a questi accadimenti.

“Questo “accordo” dimostra il nostro impegno costante nel voler mantenere le aziende farmaceutiche responsabili sui sistemi di tariffazione,proponendo ai pazienti farmaci molto più bassi,oltre ad un programma che tuteli gli anziani e i disabili”, ha dichiarato il  procuratore generale Benjamin C. Mizer, capo della sezione civile del Dipartimento di giustizia.

“Questo accordo significativo dimostra che il governo non permetterà che le aziende farmaceutiche non rispettino  i loro obblighi al programma Medicaid. Non permetterà loro di  creare sistemi di tariffazione elaborati per ingannare Medicaid a pagare più del dovuto per i farmaci”, ha dichiarato invece il procuratore Carmen Ortiz per il distretto del Massachusetts.

“Questo accordo, dopo anni di contenzioso molto combattuto, dimostra il nostro impegno nel voler garantire la solidità e la correttezza delle  imprese di assistenza sanitarie,nei confronti dei  programmi di assicurazione sanitaria federale,che servono coloro che hanno bisogno di assistenza più.”

I farmaci PPI sono usati per trattare anche i sintomi (tra le altre cose) di reflusso acido. In una denuncia presentata nel 2009, il governo ha affermato che Wyeth abbia marciato sui prezzi dei farmaci  Protonix orale e Protonix IV, i quali sarebbero stati utilizzati da migliaia di ospedali a livello nazionale.

Naturalmente Wyeth e Pfizer non negano le accuse del governo.

Secondo la denuncia, Wyeth avrebbe venduto Protonix orale e Protonix IV attraverso un accordo sottobanco con gli ospedali,in cambio di forti sconti su entrambi i farmaci.

Loro avrebbero scritto sul formulario quei farmaci e la loro relativa disponibilità,e loro li avrebbero ricompensati,è sempre così che va il mondo.

Così Wyeth avrebbe cercato di indurre gli ospedali ad acquistare e ad utilizzare Protonix orale, poichè a differenza di altri farmaci PPI orali, inaccessibili per via dei costi,questi sarebbero stati competitivi ed accessibili.

Wyeth ha voluto controllare di persona il mercato dei farmaci e l’utilizzo di questi sui pazienti. Ricordiamo che i pazienti che utilizzano Protonix orale  per lunghi periodi di tempo, è difficile che cambino farmaco.

Proprio per questo,l’azienda in questione ha voluto accertarsi dell’utilizzo di questo farmaco; i pazienti non passeranno all’utilizzo di  PPI concorrenti, poichè il sistema Medicaid non può modificare alcun costo e i pazienti non potrebbero mai permettersi di pagare un prezzo così alto.

Nell’ambito del programma Medicaid, ( che fornisce alla nazione l’assicurazione sanitaria  per i poveri e disabili), le aziende farmaceutiche devono riferire al governo tutti i  prezzi e la scontistica da effettuare sullo stesso programma.

In base a questo, le case farmaceutiche offrono il beneficio di sconti aziendali molto proficui, allo stesso programma Medicaid,un grande acquirente per loro,il quale orienterà i pazienti verso coloro che si ripagheranno degli sconti elargiti.

“Perchè di beneficenza,non se ne fa; è così che va il mercato”.

Il governo ha sostenuto che Wyeth avrebbe tenuto allo scuro,lo stesso sistema Medicaid, dagli sconti effettuati agli ospedali su Protonix orale e Protonix IV.

Questo ha portato la medesima Wyeth a non elargire (ingiustamente) centinaia di migliaia di dollari di pagamenti a Medicaid nel periodo che va dal 2001 al 2006. In base ai termini di insediamento di oggi, Wyeth pagherà $ 413.248.820 al governo federale e $ 371.351.180 per aver nascosto l’operato alla stessa Medicaid. 

“Quando stringiamo degli accordi,ci aspettiamo che questi vengano mantenuti” , afferma l’agente speciale in carica Phillip Coyne del Dipartimento di Salute e Servizi Umani (HHS-OIG). ”

Allo stesso modo, i contribuenti si aspettano un operato onesto da parte delle grandi aziende farmaceutiche,a cui non serve operare in questa maniera per aumentare i propri profitti.Qualsiasi azienda che vende farmaci,non può sottrarsi da queste responsabilità e chiunque abbia sbagliato,dovrà pagare. ”

“Questo contenzioso dimostra  l’impegno del mio ufficio e degli altri procuratori generali in tutto il paese,che mirano a garantire il rispetto degli obblighi verso il programma Medicaid,da parte delle aziende farmaceutiche”, ha affermato  il procuratore generale Eric T. Schneiderman di NY.

COLLABORARE PER COMBATTERE LA FRODE O INTERESSE COMUNE PER IL “RECUPERO CREDITI”?

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Tutto questo contenzioso, illustra “l’enfasi del governo sulla lotta contro la frode sanitaria” e segna un altro successo per l’iniziativa Health Care ,relativa alla prevenzione delle frodi; grazie anche all’ Enforcement Action Team (HEAT), annunciato nel maggio 2009 dal procuratore generale e Segretario di Salute e Servizi Umani.

La collaborazione tra i due dipartimenti ha concentrato gli sforzi per ridurre e prevenire Medicare e Medicaid dalle frodi finanziarie attraverso la cooperazione rafforzata.

Uno degli strumenti più potenti di questo sforzo è la False Claims Act.

Da gennaio 2009, il Dipartimento di Giustizia ha recuperato un totale di più di $ 29 miliardo con falsi casi Claims Act; più di $ il 17,5 miliardi di dollari di tale importo recuperato nei casi di frode contro i programmi federali di assistenza sanitaria.

Il caso è sottotitolato Stati Uniti ex rel. Kieff e LaCorte v. Wyeth e Pfizer, Inc. , n. 03-12366 e 06-11724-DPW (D. Mass.).

Altri procuratori generali illustrano l’accaduto come qualcosa di positivo che dimostri la buona e corretta coscienza del governo.

Noi affermiamo che gli stessi,abbiano solamente a cuore il rispetto degli obblighi delle aziende nei confronti di un sistema chiamato Medicaid,al quale loro fanno parte e ne aderiscono attivamente.

Come si dice,a pensar male,spesso ci si sbaglia ma si dice il giusto.

 

 

www.justice.gov

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GlaxoSmithKline,leader mondiale nei vaccini, investe un miliardo in Italia,si conta di incrementare il business

Vaccini e farmaci, Glaxo scommette 1 mld sull’Italia

Articolo condiviso da Il Sole 24 Ore

GlaxoSmithKline (Gsk), la multinazionale britannica del pharma, raddoppia e decide di scommettere ancora un miliardo in Italia nei prossimi quattro anni.

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Un investimento sostanzioso e forse addirittura sottostimato rispetto ai programmi mondiali di Gsk, che proprio dalle attività nel nostro Paese conta di incrementare il business del gruppo. A partire da quelle del polo toscano dei vaccini di Siena e di Rosia, il cuore rispettivamente della R&amp;S e della produzione di settore, dopo il mega scambio di attività (vaccini contro oncologia) con Novartis perfezionato l’anno scorso. Non a caso proprio ai vaccini, col business strategico anti meningite, sarà riservato il 60% degli investimenti (600 mln), contro il 40% dedicato al pharma tradizionale.

GlaxoSmithKline

Leader mondiale nei vaccini con 3,7 miliardi di sterline di fatturato su 23,9 totali, è da questo settore (profittevole in due casi su 10 nel mondo) che la multinazionale britannica si aspetta una autentica escalation nei prossimi anni.

Fino ad arrivare a 6 miliardi di sterline entro il 2020. Lo spiega nella sua visita in Italia Luc Debruyne, presidente mondiale di Gsk vaccini, già ad della società in Italia: «Abbiamo in portafoglio il motore dell’innovazione. Perché i vaccini sono innovazione e insieme sono il fulcro della prevenzione. Dunque della sostenibilità non solo della nostra impresa, ma dei sistemi sanitari in tutto il mondo».

E l’Italia, ci spiega Debruyne, rappresenta una tappa non certo casuale dei programmi della società: «Abbiamo acquisito un’eccellenza e su questa continueremo a puntare. Scommettere ancora sulla ricerca e sulla produzione qui, non era scontato. Ma ci crediamo. Siamo pronti a scommettere 600 mln di investimenti nei prossimi quattro anni nell’eccellenza e nella qualità dei vaccini in Italia, salvaguardando l’occupazione».
Parole e previsioni condivise in pieno, se non rafforzate, dal presidente e ad di Gsk spa Italia, Daniele Finocchiaro: «Gsk cerca e investe nelle eccellenze in tutto il mondo e in Italia ne ha trovate diverse: unendo all’investimento in R&amp;S nei vaccini quelli effettuati in ricerca clinica e in quella cooperativa sulla terapia genica con Telethon, insieme a quelli previsti negli stabilimenti di Parma e Verona, arriveremo nel prossimo quadriennio ad investire approssimativamente un miliardo di euro nel nostro Paese».
Il cuore del business dei vaccini riguarda quello contro il meningococco B, grazie alla scoperta senese del professor Lino Rappuoli con Novartis. «A Siena si fa R&amp;S, a Pisa c’è la produzione. E i vaccini vanno dalla Toscana in tutto il mondo. Tutto nasce e partire da quell’area del nostro Paese.

Dove Gsk, con 5mila dipendenti (su 101mila nel mondo), ha un fatturato totale di 1,6 mld di euro: 673 mln nel pharma, 464 mln nel settore vaccini, 320,5 mln nel consumer healthcare, 139 mln nel manifacturing. Con il terzo posto nel mercato retail e, manco a dirlo, il primo in quello dei vaccini.
Rispetto al finanziamento totale di un miliardo, 500 milioni saranno dedicati al polo senese nei vaccini e circa 100 mln allo stabilimento di Rosia. Quanto al pharma, 300 mln andranno alla R&amp;S, con le grandi aspettative per la terapia genica contro una gravissima forma di immunodeficienza nei bimbi frutto della ricerca con Telethon, e 100 mln alla produzione.

«Per questo Gsk crede nell’eccellenza italiana», sottolinea ancora Finocchiaro. «E in questa eccellenza continueremo a investire, chissà forse anche di più», promette Debruyne. Se l’Italia saprà essere un Paese «ospitale» per gli investitori.

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Progetto Prime: una valutazione accelerata per rendere disponibili nuovi farmaci ma chi protegge la sicurezza dei pazienti?

Progetto Prime: un esempio di come Ema sta spingendo per attuare un mercato accelerato. Ma a quale prezzo per i pazienti?

di Health Action International, International Society of Drug Bulletins, Mario Negri, Medicines in Europe Forum, Nordic Cochrane Centre, Wemos (per gentile concessione di InfoFarma)

Articolo condiviso da “Il Sole 24h”

Come norma generale, la legislazione farmaceutica europea prevede che, prima che un farmaco sia autorizzato, si sottoponga a «studi approfonditi che ne garantiscano sicurezza, alta qualità ed efficacia in un determinata popolazione di soggetti».

La dimostrazione con prove attendibili di benefici e rischi di un farmaco prima dell’Aic è un requisito per proteggere la sicurezza dei pazienti. Esso contribuisce allo sviluppo della medicina, richiedendo alle aziende di produrre dati clinici significativi ed affidabili.

Al fine di rendere sollecitamente disponibili nuovi farmaci l’Ue, oltre al normale regime di Aic, ha introdotto alcune specifiche procedure regolatorie. Tra esse, sono comprese «l’approvazione in circostanze eccezionali», «l’autorizzazione dell’Aic condizionata» e «la valutazione accelerata». Mentre il ricorso a sistemi di rapida approvazione è giustificato nel contesto di esigenze mediche realmente non soddisfatte, l’accesso precoce ai farmaci non deve mettere a repentaglio la sicurezza del paziente o outcome clinicamente rilevanti. Dopo tutto, anche le persone affette da una malattia rara o da una condizione di pericolo di vita meritano di disporre di farmaci approvati sulla base di prove concrete di beneficio, e non meramente su speranze o risultati ad interim di studi clinici.

Tutti i rischi di un’autorizzazione accelerata
I dati della Commissione europea (Ce) mostrano che, nel corso degli ultimi 10-20 anni, si sono drasticamente ridotti i tempi per la concessione di Aic dei farmaci. Una delle preoccupazioni maggiori è che un’autorizzazione prematura risulti a scapito di una valutazione approfondita, creando poi un numero maggiore di problemi di farmacovigilanza. Da parte di ricercatori statunitensi è stato evidenziato che taluni farmaci, approvati dopo le modifiche legislative introdotte per accelerane il processo autorizzativo, presentavano maggiori probabilità di essere ritirati o di ricevere un “black box warning” rispetto a quelli autorizzati prima di questa legge. In Canada, il 34% dei farmaci approvati tramite una valutazione di priorità ha poi ricevuto un avvertimento di sicurezza serio rispetto al 19% approvato tramite una procedura normale.

Anni di esperienza mostrano inoltre che i produttori di farmaci non riescono a onorare gli impegni post-marketing di supplire a carenze di dati (ad esempio, nel contesto di Aic condizionate), aumentando le preoccupazioni sulla sicurezza dei pazienti. L’evidenza mostra pure che i meccanismi per l’accesso anticipato all’Aic non riescono a garantire una terapia migliore. Una valutazione del bollettino indipendente sui farmaci Prescrire rivela che, tra i 22 farmaci “approvati sotto condizione” nell’Ue nel periodo 2006-2014:

-il 27% “non è accettabile” (vale a dire “prodotti senza beneficio evidente ma con potenziali o reali svantaggi”);

-il 28% presenta un “giudizio riservato” (in altri termini: un “giudizio rinviato fino a quando non saranno disponibili dati migliori ed una valutazione più approfondita”);

-il 9% presenta il giudizio“non apporta niente di nuovo”;

-il 18% solamente è “probabilmente utile”;

-un altro 18% “offre vantaggi” in modo evidente.

Un recente studio di Banzi e coll., che copre lo stesso periodo di Aic condizionate afferma che «il profilo rischio/beneficio dei farmaci autorizzati sotto condizione raramente è rassicurante e abbastanza solido per far sì che il vantaggio atteso per la salute pubblica superi il rischio di un’informazione clinicamente limitata».

Nonostante la scarsità di farmaci clinicamente superiori ad altri, le vendite farmaceutiche tra il 1990 e il 2010 si sono più che raddoppiate. La spesa farmaceutica si è altamente concentrata su terapie me-too particolarmente costose.

Secondo un rapporto 2015 dell’Ocse, la proliferazione di specialità medicinali ad alto costo, con target focalizzato su piccole popolazioni e/o per condizioni complesse, sarà uno dei principali motori di crescita della spesa sanitaria nei prossimi anni. Il rapporto rileva che, mentre alcuni di questi farmaci sono utili per i pazienti, altri forniscono avanzamenti puramente marginali. Il consolidamento di un nuovo modello di business a favore del’industria farmaceutica – il modello “nichebuster” (vale a dire, blockbuster di nicchia) – sta contribuendo ad aumentare la pressione sulle autorità sanitarie per ridurre i requisiti delle evidenze al fine di ottenere l’Aic e la determinazione dei prezzi.

I paletti da rispettare
È logico che, piuttosto che indebolire i meccanismi esistenti per l’ingresso precoce dei farmaci sul mercato, gli schemi di autorizzazione accelerati dovrebbero:

– mirare a vere necessità mediche insoddisfatte (vale a dire condizioni che colpiscono in modo significativo la qualità di vita di una persona o determinano grave morbilità o mortalità, e per le quali non esiste un trattamento medico adeguato);

– consentire valutazioni approfondite per l’Aic da parte dei regolatori;

– portare all’approvazione (condizionata) dei farmaci sulla base dei dati di studi clinici capaci di dimostrare un avanzamento rispetto ad opzioni esistenti di trattamento, e ciò su outcome importanti per i pazienti;

– essere soggetti a requisiti di farmacovigilanza rigorosi e proattivi, compresa l’applicazione di sanzioni dissuasive in caso di non conformità.

Quando l’onere della dimostrazione si trasferisce sul post-marketing
Parecchi tentativi sono stati fatti, in particolare negli ultimi 15 anni, per indebolire nell’Ue i requisiti per l’Aic. Nel 2008 la Ce, nel contesto della revisione sulle norme di farmacovigilanza, ha presentato una proposta di legge per estendere le «autorizzazioni al commercio condizionate» oltre le situazioni di esigenze mediche non soddisfatte. La Ce mirava a ridurre i costi di ricerca e sviluppo permettendo alle aziende farmaceutiche «un più rapido ritorno degli investimenti». Il Parlamento e il Consiglio d’Europa non hanno tuttavia sostenuto tale iniziativa, ribadendo invece la necessità di garantire «un rafforzamento del sistema di farmacovigilanza che non porti al rilascio prematuro di autorizzazioni al commercio». La proposta della Ce non è pertanto entrata a far parte della nuova normativa sulla farmacovigilanza adottata nel 2010.

Il passaggio a schemi di autorizzazione flessibile al mercato dei farmaci, in situazioni diverse da quelle disciplinate da sistemi esistenti di approvazione accelerata, è stato pure previsto nella Road map Ema 2015, pubblicata nel 2010. L’Ema faceva riferimento a uno schema «di autorizzazioni progressive» applicabili a situazioni «caratterizzate da popolazioni ben definite, o più ristrette, di responder ottimali, seguiti da un ampliamento delle popolazioni dopo l’autorizzazione, quando fosse disponibile un numero maggiore di dati ottenuti nella medicina reale». A supporto di questa iniziativa, le associazioni dell’industria farmaceutica europea e gruppi di pazienti sponsorizzati dall’industria stessa hanno scritto, nel dicembre 2013, alla Ce chiedendo di promuovere la La (il progetto pilota dei percorsi adattivi ). Nel mese di marzo 2014, l’Ema ha lanciato il progetto pilota dei percorsi adattivi (noto anche come La).

Lo schema dei percorsi adattativi mira a portare il farmaco sul mercato più precocemente, a partire da un’indicazione di nicchia in un piccolo gruppo di pazienti, per poi ampliarne l’impiego attraverso ulteriori fasi di raccolta dati. La licenza iniziale si dovrebbe fondare su conoscenze non ancora complete, relegando gran parte della dimostrazione degli effetti più evidenti del farmaco alla fase post-marketing. Anche studi osservazionali dovrebbero fare chiarezza su decisioni autorizzative successive.

Secondo i sostenitori di questo modello, «il successo di un percorso di una licenza adattiva per qualsiasi farmaco dipenderà anche dalla volontà di pazienti, operatori sanitari, paganti, regolatori, di accettare un maggiore grado di incertezza, in attesa di meglio conoscere il beneficio di un farmaco e/o il suo profilo di sicurezza». Perché questo modello possa essere attuato come previsto, gli organismi di healthcare technology assessment (Hta) devono essere disposti ad accettare standard di dimostrazioni di più basso livello: «l’autorizzazione adattiva vorrebbe (…) ridurre il disallineamento dello sviluppo tra decisioni di marketing e di rimborso» e dovrebbe «permettere la rapida approvazione e la copertura economica di un nuovo composto (…) sulla base di piccoli studi clinici iniziali». Al fine di ridurre tale «disallineamento» Ema e organismi di Hta devono fornire parallelamente, in ogni fase iniziale del processo di sviluppo di un farmaco, «consulenze scientifiche» riservate alle aziende farmaceutiche.

Il Priority Medicines (Prime) proposto dall’Ema: una corsa eccessiva all’ingresso sul mercato
Anche se l’Ema sostiene che l’approccio al metodo adattivo utilizza processi normativi in vigore secondo le leggi vigenti, sta attualmente rivedendo una serie di direttive esistenti per schemi di approvazione accelerata. Inoltre, sta ora proponendo nuovi schemi, come il Priority Medicines (Prime), finalizzati a migliorare il coinvolgimento delle autorità regolatorie e di organi di Hta durante i processi di sviluppo dei farmaci, per accelerare l’accesso al mercato – elementi chiave del modello dei percorsi adattativi.

Il documento di riflessione Ema sul Prime afferma che questo programma mira a «rafforzare il sostegno a farmaci potenzialmente utili per i pazienti, attualmente privi di qualsiasi opzione di trattamento, o che possono offrire grandi avanzamenti rispetto alle terapie esistenti». Attraverso Prime, l’Agenzia europea fornirà «una più precoce e maggiore consulenza scientifica e supporto normativo» alle aziende farmaceutiche, così da facilitare la raccolta dei dati e consentire una valutazione più veloce. Lo schema Prime è «limitato ai prodotti in fase di sviluppo, innovativi e non ancora immessi sul mercato dell’Ue».

Il concetto di «farmaci innovativi» è da lungo tempo fatto proprio dall’industria farmaceutica ed è usuale nelle discussioni sui percorsi adattativi. Secondo il glossario dell’Ema, un farmaco innovativo è un «medicinale contenente un principio attivo o una combinazione di sostanze attive, in precedenza mai autorizzati». Va tuttavia sottolineato che, dal punto di vista terapeutico, una vera innovazione farmaceutica si riferisce a interventi che portano a miglioramenti significativi, rispetto a trattamenti già esistenti, di outcome importanti per i pazienti.

Secondo lo schema Prime, un prodotto sarà accettabile nella misura in cui sarà capace di rispondere a un bisogno clinico non soddisfatto. A parere del documento di riflessione Ema, tale giustificazione potrebbe includere una descrizione degli effetti osservati e prevedibili del prodotto, la sua rilevanza clinica, il valore aggiunto e il suo impatto nella pratica clinica. I prodotti medicinali nelle fasi iniziali del processo di sviluppo possono essere ammissibili (sulla base di dati non clinici e clinici assai precoci), in aggiunta a quelli degli stadi clinici di sviluppo (ad esempio studi esplorativi). I dati clinici preliminari dovrebbero basarsi su outcome clinici rilevanti, ma anche su endpoint surrogati prestabiliti.

Maglie larghe ostacolo a vera innovazione
Va sottolineato che un livello normativo piuttosto lasso è un ostacolo a una vera innovazione terapeutica, portando al perseguimento di outcome marginali e a una mentalità me-too. Le autorità regolatorie stanno invece progressivamente abbassando i requisiti documentali per l’approvazione di nuovi farmaci, consentendo studi di piccole dimensioni, endpoint surrogati e confronti con placebo. Gli endpoint surrogati non garantiscono che un farmaco sarà in grado di influenzare lo stato di salute dei pazienti in modo clinicamente significativo.

Tuttavia, essi sono comunemente usati, soprattutto nei sistemi di approvazione accelerata. Uno studio ha evidenziato che nel periodo 1995-2004, i farmaci antineoplastici sono stati in gran parte approvati in Europa sulla base di endpoint surrogati quali «riduzione della dimensione della neoplasia, che non si è tradotta per la maggior parte in vantaggio significativo di sopravvivenza». Similmente, un recente studio americano ha rivelato che la grande maggioranza dei farmaci antineoplastici, approvati tra il 2008 e il 2012 sulla base di endpoint surrogati (86%), non disponeva di effetti noti sulla sopravvivenza globale o non era riuscita a dimostrare guadagni in termini di sopravvivenza. La conclusione degli autori è che le approvazioni dei farmaci anticancro, per la maggior parte, non avevano dimostrato di migliorare, o di non far migliorare, endpoint clinicamente rilevanti.

Prime e il coivolgimento delle autorità regolatorie
Un elemento caratteristico del modello dei percorsi adattativi, che Ema si propone ulteriormente di promuovere sotto l’ombrello di Prime, è il coinvolgimento attivo congiunto nello sviluppo dei farmaci di autorità regolatorie e di organismi di Hta. Secondo il documento di riflessione sul Prime, fornendo consulenze scientifiche, Ema e organismi di Hta dovrebbero guidare le aziende nei piani di sviluppo proprio fin dall’inizio, con l’obiettivo finale di consentire l’approvazione accelerata e la copertura economica. Ema propone anche un appuntamento iniziale di un consulente (rapporteur) Chmp per «consentire la continuità in un approccio del ciclo di vita di importanti farmaci innovativi e sostenerne lo sviluppo (…)». Il documento di riflessione continua: «il rapporteur sarà di sostegno allo sviluppo, orientando i richiedenti verso la consulenza scientifica Ema sui requisiti dei dati per la futura Aic, nonché per accrescere la consapevolezza sull’utilizzo di strumenti di accesso precoce, quando importanti (…)».

La fornitura di consulenza scientifica da parte dell’organismo di competenza a ciò che sarà sottoposto ad azione regolatoria solleva preoccupazioni circa i conflitti di interesse e l’imbrigliamento istituzionale. Tali preoccupazioni si accentuano quando la commissione competente a decidere in merito all’immissione in commercio/valutazione Hta sta anche dando consulenze attraverso il suo coinvolgimento nel gruppo di lavoro scientifico. La mancanza di trasparenza associata a queste interazioni mina la responsabilità dell’ente regolatorio, mentre la procedura di pagamento per il servizio prestato, di fatto, crea una dipendenza finanziaria da parte dell’industria farmaceutica. La potenziale non imparzialità dei regolatori, coinvolti nel fornire consulenze e decidere su Aic/rimborso è fonte di reali preoccupazioni.

Per incentivare lo sviluppo di tecnologie sanitarie in grado di rispondere realmente alle esigenze dei pazienti e della società, mirare ad outcome sanitari e migliorare la salute pubblica, gli organi regolatori sono tenuti a inviare un segnale chiaro alle industrie dei farmaci e dei dispositivi medici, alzando il livello normativo e richiedendo l’invio di dimostrazioni solide e comparative di efficacia e sicurezza. Tutto ciò può essere generalmente ottenuto con la pubblicazione di una guida congiunta dettagliata (da parte di agenzie regolatorie e di organi di Hta) sui requisiti dei dossier che devono essere forniti, sulle scelte dei comparatori e sui disegni preferenziali degli studi.

Il modello Prime sembra invece essere un altro meccanismo per rafforzare nel sistema regolatorio la fornitura di consulenze scientifiche riservate, su misura, a favore delle aziende farmaceutiche, allo scopo di agevolare l’approvazione accelerata e la copertura di nuovi farmaci costosi, che, come l’evidenza suggerisce, raramente portano a un progresso terapeutico, ma spesso creano problemi di sicurezza.

Conclusioni
La flessibilità delle norme regolatorie per l’accesso precoce al mercato dovrebbe essere applicata solo in circostanze del tutto giustificate, assicurando la sicurezza del paziente e un avanzamento rispetto al miglior trattamento disponibile. Per promuovere l’innovazione nel settore farmaceutico, il contesto normativo deve inviare un chiaro segnale all’industria farmaceutica stabilendo un livello superiore di qualità – e non inferiore come suggerito – e chiedendo l’invio di una documentazione approfondita e comparativa di efficacia e sicurezza. A tal fine, devono essere tenute presenti le raccomandazioni di seguito riportate.

– Richiedere un’approfondita valutazione dei nuovi farmaci prima dell’Aic (che introduce la dimostrazione del valore terapeutico aggiunto). Il requisito della dimostrazione di prove robuste su benefici e rischi prima che un farmaco sia approvato è di particolare importanza in quanto può risultare difficile identificare reazioni avverse gravi dei farmaci durante la fase di post-marketing.

– Assicurarsi che i meccanismi di approvazione accelerata siano utilizzati solo in casi altamente giustificati (ad esempio, in presenza di una vera e propria necessità medica insoddisfatta) e che l’approvazione (condizionata) dei farmaci sia fondata su dati di studi clinici capaci di dimostrare un progresso rispetto ad opzioni di trattamento esistenti per i pazienti e su outcome clinicamente rilevanti.

– Permettere valutazioni accurate di Aic da parte dei regolatori.

– Garantire rigorosi e proattivi requisiti di farmacovigilanza, compresa l’applicazione di sanzioni dissuasive se quelli post-marketing non verranno rispettati.

– Rafforzare l’indipendenza delle agenzie regolatorie del farmaco dall’influenza e dal finanziamento delle imprese.

Quando è dato un parere scientifico, in circostanze eccezionali, come standard minimo:

– Non deve essere fornito in cambio del pagamento di onorario diretto di singole aziende farmaceutiche; potrebbe invece essere finanziato attraverso la tassazione delle imprese in generale.

– Rappresentanti dei pazienti e dei consumatori, così come esperti clinici, con conflitti di interesse diretti o indiretti non devono essere coinvolti in procedure di valutazione scientifica.

– Deve esistere una separazione dei ruoli tra autorità regolatorie e parti interessate coinvolte nella fornitura di consulenza e successive discussioni sull’Aic o le decisioni di Hta.

– Le procedure regolatorie devono tenere conto di sufficienti rappresentanze dei diversi punti di vista che possono esistere tra gruppi di difesa dei pazienti, dei consumatori e dei pazienti in condizioni diverse o con diversa gravità della malattia.

– Deve essere garantito il pubblico accesso ai documenti relativi alle consulenze scientifiche.

– L’European Public Assessment Report (Epar) e i documenti nazionali regolatori dovrebbero includere una sezione aggiuntiva che fornisce informazioni complete sulla consulenza scientifica data in ogni fase del processo di sviluppo.

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Gilenya,si pronuncia l’Ema: ” rischi correlati all’effetto immunosoppressivo della sclerosi multipla del medicinale”

L’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha emanato nuove raccomandazioni per medici e pazienti sui potenziali rischi correlati all’effetto immunosoppressivo della sclerosi multipla del medicinale Gilenya (fingolimod).

In particolare, vengono fornite nuove raccomandazioni per minimizzare il rischio di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) e di carcinoma basocellulare in pazienti trattati con Gilenya.

gilenya

La PML è una rara infezione cerebrale causata dal John Cunningham (JC) virus, che provoca sintomi che possono essere simili a quelli di un attacco di sclerosi multipla e può esitare in una grave disabilità o morte. Il carcinoma basocellulare è un tipo di tumore della pelle a lenta crescita che quasi mai metastatizza in altre parti del corpo o diviene pericoloso per la vita, ma può essere deturpante se non trattato prontamente. La sostanza attiva presente in Gilenya, il fingolimod, riduce l’attività del sistema immunitario, in particolare di un tipo di cellule denominate cellule T. Poiché le cellule T sono coinvolte nella lotta alle malattie e alle infezioni, i pazienti trattati con Gilenya possono avere un alto rischio di sviluppare infezioni e malattie, incluse la PML e alcuni tipi di tumore. Per ora 3 casi confermati di PML sono stati riportati in pazienti trattati con Gilenya che non hanno ricevuto precedenti trattamenti immunosoppressivi con natalizumab (un altro farmaco immunospressore per la sclerosi multipla)1* . Inoltre sono stati riportati 151 casi di carcinoma basocellulare2* .

L’EMA ora ha raccomandato che i pazienti devono essere valutati prima e durante il trattamento con Gilenya per permettere una precoce identificazione dei segni e dei sintomi che potrebbero essere collegati alla PML o al carcinoma basocellulare e trattare i pazienti di conseguenza. Prima di iniziare il trattamento con Gilenya, deve essere effettuata una Risonanza Magnetica (RMN) basale di riferimento (di solito entro 3 mesi precedenti).

Se è sospettata una PML, la RMN deve essere effettuata immediatamente e il trattamento con Gilenya deve essere sospeso fino a che la PML non sia esclusa.

Riguardo al rischio di carcinoma basocellulare, è raccomandata una valutazione clinica della pelle prima di iniziare il trattamento, dopo almeno un anno e poi almeno annualmente durante il trattamento con Gilenya. Gilenya non deve essere usato in pazienti con carcinoma basocellulare o con qualsiasi altro tipo di cancro. Il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) per Gilenya sarà aggiornato con le informazioni sulla PML, carcinoma basocellulare e altri rischi associati all’indebolimento del sistema immune in linea con le nuove raccomandazioni. Informazioni per i pazienti

• Il medicinale Gilenya per la sclerosi multipla riduce l’attività del sistema immunitario (la naturale difesa del corpo). A causa di questo, i pazienti trattati con Gilenya possono essere ad alto rischio per lo Sviluppo di infezioni, inclusi una seria infezione cerebrale conosciuta come leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) e alcuni tipi di tumore tipo il carcinoma basocellulare (un tipo di tumore della pelle a lenta crescita).

• La PML, sebbene rara, si manifesta più probabilmente durante il trattamento con Gilenya se i pazienti sono stati trattati precedentemente con un altro medicinale per la sclerosi multipla che sopprime il sistema immunitario tipo il natalizumab. Comunque, recentemente, ci sono stati 3 casi di PML in pazienti trattati con Gilenya che non hanno ricevuto precedentemente trattamenti con natalizumab. La PML è una condizione seria che può esitare in una grave disabilità o morte.

• Durante il trattamento con Gilenya il suo medico le può far effettuare un test così come una Risonanza Magnetica (RMN) per valutare le sue condizioni; se c’è il sospetto di una PML il suo medico le interromperà il trattamento con Gilenya finché la PML non possa essere esclusa.

• I sintomi di PML possono essere simili a quelli di un attacco di sclerosi multipla. I sintomi possono includere mutamenti nell’umore o nel comportamento, vuoti di memoria, difficoltà nel parlare e comunicare. Se crede che la sua malattia stia peggiorando o se nota un qualsiasi sintomo nuovo o inusuale, ne parli al suo medico il più presto possibile.

• Prima di iniziare il trattamento con Gilenya e poi una volta l’anno durante il trattamento, il suo medico controllerà anche la sua pelle per qualsiasi ferita, nodulo, o area danneggiata (lesione) che può manifestarsi e può essere un segno di cancro; se vengono evidenziate delle lesioni, possono essere necessari test ulteriori. Dica al suo medico se nota una qualsiasi lesione della pelle che non guarisce nell’arco di qualche settimana.

• Se ha qualsiasi domanda o preoccupazione, parli al suo medico o farmacista. Informazioni per operatori sanitari A causa dei suoi effetti immunosoppressivi, Gilenya (fingolimod) può predisporre a serie reazioni avverse. Sono stati riportati casi di leucoencefalopatia multifocale progressive (PML), infezioni opportunistiche incluse infezioni del sistema nervoso centrale e tumori incluso il carcinoma basocellulare. Dall’autorizzazione di immissione in commercio del Gilenya sono stati riportati casi di PML in pazienti che sono stati precedentemente trattati con terapie immunosoppressive. Più recentemente, 3 casi confermati di PML si sono verificati con Gilenya in pazienti che non avevano ricevuto precedentemente un trattamento con natalizumab1* .

Alla luce dei dati disponibili, l’EMA dispone le seguenti raccomandazioni:

•I medici devono essere allertati circa il rischio di PML con Gilenya e devono informare i pazienti e accompagnatori dei precoci segni e sintomi suggestivi di PML. I pazienti devo essere incoraggiati a richiedere consigli medici se pensano che la loro patologia stia peggiorando o se notano nuovi o inusuali sintomi.

• Prima di iniziare il trattamento con Gilenya, deve essere effettuata una Risonanza Magnetica (RMN) basale di riferimento (di norma entro 3 mesi precedenti). Durante le RMN di routine (in accordo con le raccomandazioni nazionali e locali), i medici devono prestare attenzione a lesioni suggestive di PML. La RMN può essere considerata come parte di ampliata vigilanza in pazienti considerati ad aumentato rischio di PML.

• Se c’è un sospetto di PML, la RMN deve essere effettuata immediatamente e il trattamento con fingolimod deve essere sospeso fino a che la PML non sia stata esclusa.

• La PML si può solo manifestare in presenza del JC virus. Se viene effettuato il test per gli anticorpi anti-JC virus, si deve tener conto che l’influenza di linfopenia nell’accuratezza di tale test non è stata studiata in pazienti trattati con fingolimod. I medici devono anche notare che un test degli anticorpi negativo non preclude la possibilità di un infezione successiva di JC virus.

• Casi di carcinoma basocellulare (BCC) sono stati riportati in pazienti che ricevono fingolimod nei programmi di sperimentazione clinica e nei periodi post-marketing2 . Gilenya è ora controindicato in pazienti con BCC.

• I medici devo essere vigilanti sulle lesioni della pelle e una valutazione clinica della pelle è raccomandata prima dell’inizio del trattamento, dopo almeno un anno e poi almeno annualmente durante il trattamento con Gilenya. I pazienti devono essere informati circa i potenziali segni comuni di BCC (noduli della pelle, macchie o ferite aperte che non guariscono nell’arco di qualche settimana) e, la necessità di chiedere un consiglio medico se si verificano. I pazienti devono essere inviati a un dermatologo se hanno lesioni suggestive di BCC.

Il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) sarà aggiornato in linea alle raccomandazioni sopramenzionate. Maggiori informazioni sul medicinale Gilenya è un medicinale usato per trattare adulti con sclerosi multipla, una patologia nella quale l’infiammazione distrugge la guaina protettiva che circonda i nervi. E’ usato specificatamente in adulti affetti da sclerosi multipla remittente-recidivante, dove i pazienti hanno un riacutizzarsi dei sintomi (recidiva) seguito da periodi di recupero (remissione). Gilenya è usato quando la malattia non ha risposto ad almeno un altro trattamento noto come ‘terapia modificante la malattia’ o quando è grave e sta peggiorando rapidamente. Gilenya contiene la sostanza attiva fingolimod.

Ulteriori informazioni su Gilenya possono essere trovate sul sito ufficiale EMA (EMA’s website). Maggiori informazioni sulla procedura La revisione di Gilenya è stata condotta dal Comitato per i Medicinali per Uso Umano dell’EMA (CHMP) all’interno di una procedura conosciuta come “variazione di tipo II”. Durante questa valutazione, il CHMP si è avvalso della consulenza di un gruppo di esperti in neurologia.

L’opinione del CHMP sarà ora inviata alla Commissione Europea per una decisione giuridicamente vincolante valida in tutta l’Unione Europea.

 

  • http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Gilenya_Public_health_communication_ita.pdf
  • http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/comunicazione-ema-su-gilenya-fingolimod-18122015
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Antidepressivi? No,grazie

Gli Antidepressivi sono associati ad un aumento del rischio di insorgenza del disturbo bipolare.

antidepressivi

Una accurata analisi delle cartelle cliniche in Inghilterra rivela che l’uso di determinati antidepressivi sia legato ad un aumento del rischio di mania e di disturbo bipolare.

La ricerca, pubblicata sul BMJ Open, trova un più forte effetto degli inibitori del reuptake della serotonina (antidepressivi SSRI) e dell’antidepressivo venlafaxina (SNRI).

  • http://bmjopen.bmj.com/content/5/12/e008341.full

BMJ-open

“Rivelata l’associazione tra la terapia antidepressiva e il successivo disturbo bipolare attraverso un ampio insieme di dati clinici registrati e rappresentanti della pratica clinica quotidiana in secondaria cura della salute mentale”;  i ricercatori, guidati dal dottor Rashmi Patel da King College di Londra, hanno concluso quanto segue.

Precedenti studi hanno dimostrato che alcune persone diagnosticate come depresse e conseguentemente trattate clinicamente con farmaci antidepressivi, abbiano sviluppato problematiche varie fino ad arrivare al disturbo bipolare.

Mentre gli studi precedenti hanno esaminato il legame tra antidepressivi e sintomi maniacali in ambienti di prova randomizzati e controllati, Patel e il suo team di ricercatori, hanno testato l’ipotesi che l’esposizione con l’antidepressivo sia associato ad un aumentato rischio di successiva diagnosi bipolare.

Essi hanno esaminato i registri sanitari anonimi di oltre 21.000 adulti con diagnosi di depressione a Londra tra il 2006 e il 2013.

L’analisi ha mostrato che dei 21.000 adulti in trattamento per la depressione nello studio, 994 sono stati successivamente diagnosticati con disturbo bipolare durante il periodo di follow-up. Tutti gli antidepressivi SSRI, tra cui, mirtazapina, venlafaxina, e triciclici (TCA), sono stati associati ad un aumentato rischio di una successiva diagnosi bipolare.

antidepressivi1

SSRI e venlafaxina sono stati associati ad un rischio maggiore (aumentano del 34-35% il rischio di diagnosi di disturbo bipolare).

Nel video seguente,le affermazioni dei ricercatori,i quali  sottolineano l’importanza dello studio condotto; sono stati utilizzati dati clinici ottenuti da un contesto sanitario, del mondo reale,mostrando un ampio uso di questi farmaci.

 

Patel R, Reiss P, Shetty H, et al. Gli antidepressivi aumentano il rischio di disturbo bipolare in soggetti con depressione? BMJ Aperto 2015; 5: e008341.doi: 10.1136 / bmjopen-2015-008.341 (testo completo di seguito)

  • http://www.madinamerica.com/2015/12/antidepressants-associated-with-increased-risk-for-bipolar-disorder/
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Pecorelli si dimette : il numero uno dell’Aifa rassegna le dimissioni dopo le accuse di frode e conflitti d’interesse

Articolo condiviso da “Sanità 24 ore – Sole 24 ore”

Aifa, Sergio Pecorelli si è dimesso: «Incompatibilità inconsistente ma preferisco fare un passo indietro». Lorenzin:

«Dimostrerà la sua totale estraneità ai fatti»

Dopo le accuse di conflitto d’interessi, il numero uno dell’Aifa, Sergio Pecorelli, ha rassegnato oggi le proprie dimissioni alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, che le ha accolte. Nelle scorse settimane Pecorelli era stato sospeso dal suo incarico dal comitato interno dell’Agenzia italiana del farmaco.«Sono sicura che il professor Sergio Pecorelli avrà modo di dimostrare la totale estraneità ai fatti contestati». È la dichiarazione di Lorenzin, che ha aggiunto «Pecorelli ha ritenuto di presentare le dimissioni per garantire un sereno svolgimento dell’attività dell’Aifa, a cui ha dedicato impegno e passione. In questi anni ho avuto modo di apprezzare la sua professionalità ed esperienza, riconosciuta non solo in Italia, ma dalla comunità scientifica internazionale. Lo ringrazio per il lavoro svolto e per il gesto di sensibilità istituzionale».

«Per il profondo rispetto che nutro nei confronti dell’Agenzia che ho visto crescere e progredire, preferisco fare un passo indietro, pur certo dell’inconsistenza delle cause di incompatibilità sollevate». Così ha commentato Pecorelli in una nota. «Come uomo non posso non segnalare l’amarezza e la tristezza – spiega -nel lasciare incompiuto un lavoro svolto con grande impegno, tenacia, professionalità e passione e che ha contribuito, in oltre 6 anni, a portare l’Agenzia a essere apprezzata nel mondo».

Pecorelli afferma di aver «presentato le dimissioni da presidente del consiglio di amministrazione dell’Aifa al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in quanto ritengo non sussistano le condizioni minime di serenità per continuare a lavorare in un’Istituzione pubblica quale oggi è l’Aifa».

«Sono medico e uomo di scienza e di accademia – ricorda – e come tale sono sempre stato al servizio delle Istituzioni e, se le Istituzioni lo vorranno, sempre lo sarò. Ritengo però che queste debbano sempre venire prima dei singoli componenti».

« Il mio unico rammarico – continua Pecorelli – è quello di non poter contribuire alla realizzazione di un’Aifa potenziata, importante risultato di una legge che oggi consente un cospicuo aumento dell’organico con una conseguente riorganizzazione dell’agenzia, per il cui raggiungimento ho dedicato notevole impegno insieme al Consiglio di amministrazione, alla direzione generale e al ministero della Salute, nel comune obiettivo di realizzare una struttura sempre più efficiente e autorevole, a garanzia della tutela della salute dei cittadini».

«Confido in ogni caso nelle decisioni del consiglio di amministrazione – conclude – che nei prossimi giorni continuerà a lavorare sulla riorganizzazione dell’Agenzia, al quale auguro di poter operare in serenità con l’entusiasmo e la professionalità che lo ha sempre caratterizzato. Desidero ringraziare il ministro Lorenzin per il supporto e la vicinanza che mi ha sempre dato nell’espletamento della difficile mansione e per le parole che mi ha rivolto nell’accettare le mie dimissioni».

  • http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2015-12-16/aifa-sergio-pecorelli-si-e-dimesso-160332.php?uuid=ACDWujuB&refresh_ce=1

 

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