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Vaccini e autismo, esiste una correlazione?

I vaccini causano l’autismo? Sì, lo affermano GlaxoSmithKline e EudraVigilance

AUTISMO

Articolo di Autismo & Vaccini

Di norma, l’’attività di comunicazione e informazione delle aziende farmaceutiche dovrebbe avere regole precise, volte a tutelare il consumatore, data l’importanza del prodotto “medicinale“. La pubblicità dei farmaci non è, infatti, ammessa al pubblico nella stragrande maggioranza dei casi, inoltre, richiede delle particolari forme di tutela.

Gli unici farmaci che possono essere oggetto di promozione pubblicitaria presso il pubblico sono gli OTC [Over the counter ] ovvero i cosiddetti farmaci da banco, che non richiedono la prescrizione medica e possono essere acquistati direttamente dal consumatore.

La pubblicità di medicinali verso il pubblico deve, inoltre, essere evidente e trasparente [deve essere chiaro che si tratta di un medicinale] con le indicazioni necessarie e l’invito a leggere il foglio illustrativo. Però … Però, a quanto pare, sembra che queste regole non valgano per i [farmaci] vaccini e, fatto molto grave, addirittura si consente di pubblicizzare i [farmaci] vaccini a persone estranee all’ambito prettamente sanitario: gioiellieri, contabili e grafici pubblicitari appositamente arruolati dalla Società Italiana di Pediatria per divulgare un volantino casereccio con la pretesa di convincere la popolazione in merito ad alcuni [dicono loro] falsi miti.

Tra questi [loro] falsi miti non poteva mancare il buon vecchio autismo con le solite frasettine che lasciano il tempo che trovano, ampiamente confutabili da chiunque munito di cervello in zucca.

Ed allora, ai signori della Sip, che tanto ci ricordano gli operatori della telefonia di un recente passato, ricordiamo un paio di concetti che, seppur semplici, sembrano proseguire a sfuggire in quanto le smentite giungono da coloro che più ufficiali non potrebbero essere, essendone autori un’azienda farmaceutica [GSK] e l’Agenzia Europea per i Medicinali [EMEA].

Casi di autismo insorti durante i trial clinici del vaccino esavalente Infanrix Hexa, omessi intenzionalmente dall’azienda produttrice.

A dicembre 2012 divulgammo il contenuto di un corposo documento confidenziale della ditta GlaxoSmithKline produttrice del vaccino esavalente illegale che viene somministrato, come vaccinazione primaria, a pochi mesi di vita ai nostri figli e, come vaccinazione di richiamo [booster] tra i 12 e i 24 mesi di vita. E ad agosto 2014 evidenziammo il fatto che i casi di autismo insorti durante i trial clinici sono stati omessi intenzionalmente dall’azienda produttrice. Proprio questo fatto fu studiato meticolosamente dal CTU del Tribunale di Milano che, poco più tardi, emise la sentenza di nesso causale fra autismo e vaccino esavalente.

Il report riporta, oltre ad altre, un’abbondante serie di reazioni avverse neurologiche tra cui compare l’Autismo, e molti altri Disordini del neuro-sviluppo, segnalate durante il Periodic Safety Update Report [P.S.U.R.], cioè l’aggiornamento della sicurezza del vaccino esavalente Infanrix Hexa già in commercio, come di regola richiesto dalle autorità nazionali ed internazionali di farmacovigilanza, per modificare le informazioni riportate sui foglietti illustrativi, meglio noti come “bugiardini”. Si tratta quindi della cosiddetta fase IV della sperimentazione del farmaco, quando è già in commercio in svariati Paesi.

Gli eventi “unlisted”, come specifica la pagina 591, non sono stati segnalati alle autorità di farmacovigilanza.

dossier_glaxo_591

Nel lungo elenco generale di reazioni avverse nella “tabulazione sinottica di tutti gli eventi [avversi] da segnalazioni gravi non in elenco e di tutte le reazioni gravi emerse dall’inizio della sperimentazione clinica”, riportate da pagina 591 a pagina 645, compaiono, a pagina 625, gli effetti avversi del vaccino esavalente sul Sistema Nervoso Centrale, e alla pagina successiva sono finalmente riportati i dati relativi ai Mental Impairment Disorders, altrimenti conosciuti come “Disturbi da ritardo mentale” che, secondo le nuove disposizioni elencate dal DSM V, rientrano a pieno titolo nella categoria dei “Disturbi del Neurosviluppo” di cui fa parte il “Disturbo dello Spettro Autistico” e che , con le fantasiose diagnosi rialsciate dai nostrani neuropsichiatri, sarebbero definiti tutti quanti come casi AUTISMO puro. Si apprende così di:

7 casi di autismo [6 riportati a pag 626 e un caso a pag 632] [*ricordate questo dato che ritroveremo poi più avanti con quanto dichiarato dalla Banca Dati Europea delle Reazioni Avverse]
14 casi di encefalopatia
9 casi di iperattività psicomotoria
una serie di disordini cognitivi
12 casi di ritardo mentale
bradichinesia
disturbi dell’attenzione
46 casi di distonia
agitazione
stereotipie
“Restlessness” ossia agitazione psicomotoria
diminuzione della attività
mutismo
disturbo fonologico
disordine della comunicazione
alterazioni dello sviluppo del linguaggio
ritardo del linguaggio
ritardo psicomotorio
“Screaming” ( urla continue )
apatia
comportamenti anormali
disturbi dell’alimentazione
diminuzione del contatto oculare oltre a comportamento regressivo.
Ribadiamo che tutti questi eventi, che sarebbero compatibili con una volgare diagnosi di Autismo, sono stati segnalati all’azienda produttrice GlaxoSmithKline “durante i trials” ma sono stati omessi, “unlisted”, dall’elenco degli effetti avversi sottoposto alle autorità sanitarie per l’autorizzazione al commercio del vaccino esavalente.

Tutti questi casi per forza di cose non possono essere riconducibili a 18 milioni di bambini vaccinati, come ipotizzato da qualche manipolatore, bensì a qualche migliaio di soggetti. E la conferma giunge proprio dall’EMEA [Ente per i Medicinali Europeo] tramite la sintesi di valutazione pubblica europea [EPAR] EMA/439177/2010 dalla quale si apprende che

infanrix hexa emea

Pertanto, non solo i numeri sui quali bisogna confrontarsi sono ancor minori dei 16.000 soggetti che considerammo nel nostro articolo di agosto 2014 ma addirittura rendono ancor più gravi le omissioni intenzionali della ditta produttrice.

Inoltre, la modalità di sorveglianza del report è di tipo passivo, quindi non è basata su valutazione clinica precedente alla vaccinazione e follow-up clinico successivo alla vaccinazione stessa, bensì si limita a raccogliere le segnalazioni spontanee provenienti dal personale sanitario, di malattie e/o sintomi comparsi nei 31 giorni successivi alla inoculazione del vaccino esavalente Infanrix Hexa. E come afferma la nostra Pediatra Dott.ssa Gabriella Lesmo:

“I sintomi della encefalopatia autistica indotta dal vaccino raramente si manifestano compiutamente in soli 30 giorni, anche perché i bambini vaccinati sono molto piccoli : non sarà quindi possibile accorgersi della mancanza, ad esempio, del problem solving o della interazione corretta tra pari quando questa capacità, fisiologicamente, al momento della vaccinazione ancora non è maturata”.

Banca Dati Europea delle segnalazioni di reazioni avverse ai farmaci [EudraVigilance]

L’Agenzia Europea per i Medicinali [EMEA] ha creato nel 2012 un sito web dedicato alle reazioni avverse per offrire un accesso pubblico alle segnalazioni degli effetti indesiderati ai farmaci. Tali segnalazioni vengono trasmesse a EudraVigilance per via elettronica dalle autorità nazionali di regolamentazione dei medicinali e dalle società farmaceutiche che sono titolari di autorizzazioni [licenze] all’immissione in commercio per i medicinali.

Così abbiamo controllato il falso mito [secondo loro] dell’Autismo e abbiamo scoperto che le cose non stanno come vogliono farvi credere i pubblicisti di Big Pharma: il solo Autismo figura nelle specifiche reazioni avverse a carico del Sistema Nervoso Centrale.

eudravigilance_autism

Di anno in anno, i numeri delle segnalazioni proseguono altresì palesemente ad aumentare.

eudravigilance_autism_2016
E in base al criterio descritto in precedenza, dove numerose altre ‘diagnosi‘ sarebbero considerate nel calderone dei Disturbi dello Spettro Autistico, possiamo assicurarvi che i numeri delle reazioni avverse lievitano in modo esponenziale.

In conclusione: qual’è la lezione da trarre da tutto ciò?

Diffidate dalle operazioni di marketing e soprattutto dagl’incompetenti e dai disonesti indipendentemente dall’abito che indossano [soprattutto se gioiellieri in crisi di vendite che hanno scelto di arrotondare lo stipendio tramite le sponsorizzazioni di industrie del farmaco ; contabili coniugate a Dirigenti ASL responsabili all’approvvigionamento dei vaccini e alla raccolta dati delle reazioni avverse ; e grafiche pubblicitarie che hanno deciso di lanciarsi nel fantasioso mercato farmaceutico].

Non lasciatevi intimidire da nessuno, compresi Pediatri disinformati e/o indottrinati e maestre dei vostri figli non di rado protagoniste di vere e proprie manifestazioni di arrogante idiozia nelle Scuole.

Ponete sempre tutte le domande che vi vengono in mente: conoscere la verità dei fatti è un vostro diritto!

Fatevi sottoscrivere una dichiarazione con cui chi vi prescrive e chi vi pratica la vaccinazione si assume tutte le responsabilità del caso: per Legge non può rifiutarsi e se si rifiuta, salutatelo!

Chiedete sempre che il vostro diritto a firmare un consenso informato alla somministrazione del vaccino sia rispettato, e che informato lo sia davvero!

Educate voi stessi prima di vaccinare a cuor leggero perché, come con un qualunque medicinale, con i vaccini non si scherza [anche se ci sono tanti quattrini in ballo] e a danno avvenuto sarete totalmente abbandonati da chiunque dovrebbe assistervi [Pediatra di base compreso].

 

FONTE

https://autismovaccini.org/2016/05/09/i-vaccini-causano-lautismo-si-lo-affermano-glaxosmithkline-e-eudravigilance/

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MEDICO-ARRESTO

Traffico dei Virus, la virologa e deputata Ilaria Capua è stata prosciolta, ma non finisce qui

Traffico dei virus, Capua prosciolta. Ma le intercettazioni svelano il grande business

Articolo di Espresso Repubblica.

news/capua-prosciolta-da-traffico-virus-da-intercettazioni-emerge-grande-business

Non luogo a procedere’ per la virologa padovana. Ma l’inchiesta dei Nas mette in risalto gli affari e i conflitti di interessi celati dietro emergenze sanitarie. E racconta con dati di fatto quanto l’aviaria abbia arricchito Big Pharma
Traffico dei virus, Capua prosciolta. Ma le intercettazioni svelano il grande business

Il giudice per l’udienza preliminare di Verona, Laura Donati, ha ordinato il «non luogo a procedere» per la virologa e deputata di Scelta Civica, Ilaria Capua, e altre dodici imputati accusati a vario titolo di traffico illecito di virus dell’influenza aviaria. L’inchiesta, avviata dai carabinieri del Nas e coordinata dalla procura di Roma, è stata poi trasferita a Venezia.

Per i pm della Capitale la virologa doveva rispondere di aver promosso e organizzato con altre persone un’associazione che aveva la finalità di commettere «una pluralità indeterminata di delitti di ricettazione, somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, corruzione, zoonosi ed epidemia», ed ancora «per aver utilizzato virus altamente patogeni dell’influenza aviaria, del tipo H9 ed H7N3, di provenienza illecita, al fine di produrre in forma clandestina, senza la prescritta autorizzazione ministeriale, specialità medicinali ad uso veterinario (quale è il vaccino dell’influenza aviaria), procedendo successivamente, sempre in forma illecita, alla loro commercializzazione e somministrazione agli animali avicoli di allevamenti intensivi».

In questo modo gli imputati avrebbero «determinando la diffusione non più controllata del virus dell’influenza aviaria negli allevamenti avicoli del nord Italia, con grave pericolo per l’incolumità e la salute pubblica, che determinava, da un lato, il contagio di sette persone tra gli operatori del settore come accertato dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso un’indagine epidemiologica, e dall’altro il grave pericolo per la salute derivante dal consumo della carne oggetto della vaccinazione indiscriminata, determinando, quale misura di prevenzione, l’abbattimento di milioni di capi di polli e tacchini, con un considerevole danno al patrimonio avicolo nazionale, calcolato dal Centro regionale epidemiologia veterinaria in 40 milioni di euro». Per il giudice non ci sono i presupposti per il processo chiesto dai pm. Ilaria Capua che tra il 2005 e il 2007 era responsabile del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria di Padova, ha lasciato la Camera per un incarico in Florida, insieme al marito Richard John Currie, anche lui imputato.

Nell’inchiesta pubblicata da l’Espresso , veniva fuori il business che avrebbero fatto alcuni medici su virus e vaccini. A raccontarlo sono le intercettazioni di cui è protagonista la stessa Ilaria Capua.

«Quando uno mi sta sul cazzo deve crepare!», diceva la virologa parlando di una ditta farmaceutica che criticava la sua invenzione, il “Diva”, la prima strategia di vaccinazione contro l’influenza aviaria. L’inchiesta dei pm di Roma in cui la veterinaria era coinvolta insieme al marito, partiva da un’informativa che tirava in ballo altre 36 persone, mettendo in risalto affari e conflitti di interessi celati dietro emergenze sanitarie, raccontando con dati di fatto quanto l’aviaria abbia arricchito Big Pharma.

Le conversazioni registrate dai Nas dei carabinieri svelano, fra i tantissimi episodi, gli interventi di Capua sulla Intervet, filiale italiana di un colosso dei farmaci veterinari. I vertici di Intervet si erano mostrati critici sull’efficacia del sistema Diva. Ma la signora dei virus gli avrebbe fatto sapere che nell’Istituto zooprofilattico di Padova era in corso un esperimento su un vaccino prodotto da Intervet: il marchio però sarebbe stato menzionato nel suo studio solo se i responsabili della casa farmaceutica avessero assecondato le sue richieste, tra le quali quella di rivalutare il test Diva. E parlarne bene. E ai manager avrebbe fatto arrivare un messaggio chiaro attraverso un intermediario: «Lei (Capua ndr) non è una persona che si compra con quattro lire».

Il ruolo principale nell’inchiesta lo rivestiva Paolo Candoli, manager della multinazionale Mirial, l’uomo al quale venivano aperte le porte del ministero della Sanità per ottenere autorizzazioni. È lui il manager delegato dalla sua ditta a parlare con Ilaria Capua. In particolare quando la Merial è alla ricerca di ceppi virali con i quali avviare la produzione di vaccini, prima ancora di ricevere l’autorizzazione del ministero. Uno dei colleghi della virologa, Stefano Marangon, anche lui coinvolto nell’inchiesta, avvisa Candoli due mesi prima del varo del programma di vaccinazione. Un modo per avvantaggiarlo sulla concorrenza. «Ho parlato con la Capua, non è escluso che lei ce l’abbia, cioè sai cosa fa quella lì comunque?», dice Candoli a una collega parlando di un ceppo virale. «Sicuramente se lo fa mandare lei e poi ce lo rivende a noi». Poi aggiunge: «Purtroppo con la Capua… c’è da pensare di seguire… di dar da mangiare alla scimmia».

Il manager della Merial si rivolge alla virologa anche su indicazione di Marangon, perché lei è la responsabile del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e quindi è nella possibilità di sapere con certezza con quale ceppo virale si preparerà il nuovo vaccino. Nello stesso tempo è una delle poche persone che in ambito internazionale ha la possibilità di farsi inviare, in breve tempo, un ceppo virale da altri istituti «senza la prescritta autorizzazione ministeriale».

Ilaria Capua parla con un manager della Intervet e afferma che «le è venuto in mente un modo per far salvare la faccia a quelli della Intervet, in modo tale da prenderli “per le palle”». A tal proposito dice al manager di riferire ai propri capi «che a breve a Cambridge verrà presentato uno studio dove lei ha generato un H7-N5 e che l’H-N5 è la neuroamminidasi più rara in assoluto, quindi quelli della Intervet potrebbero salvarsi la faccia dicendo che sono interessati al virus per fare il vaccino, in modo tale poi da poter iniziare nuovamente a trattare sul test Diva, per il quale loro (Capua, Marangon, Cattoli) stanno per chiudere con la Merial e la Fort Dodge, nonché con il governo olandese». Poi prosegue dicendo che «in virtù di ciò lei inserirà il nome del vaccino della Intervet sullo studio delle anatre». Per gli investigatori Capua avrebbe utilizzato «lo studio da lei effettuato per indurre la ditta Intervet ad ammorbidire la propria posizione critica nei confronti del test Diva e che, in caso positivo, quale controparte, pubblicherà sul proprio studio il nome del vaccino della ditta Intervet».

Quando i Nas arrivano nell’istituto per sequestrare un vaccino che non avrebbe avuto le carte in regola per entrare in commercio, e viene coinvolta la Capua, lei inizia a preoccuparsi dell’indagine. Il padre, stimato avvocato di Roma, le raccomanda espressamente di non fare riferimento alcuno al contratto stipulato con la Merial per lo sfruttamento del brevetto Diva. Ilaria Capua sostiene che «la vicenda dell’influenza aviaria è una storia molto complicata e anche se sono stata intercettata, le carte dimostreranno che è stato fatto tutto alla luce del sole».

Da una delle registrazioni emerge uno spaccato degli interessi in ballo. Parla alla madre della proposta di lavoro ricevuta da una fondazione della Florida, all’epoca e pure oggi, e osserva che «sarebbe un problema perché la fondazione non ha finalità commerciali» mentre, al contrario, in quel periodo lei ha una parte attiva e ha «una buona attività commerciale per la vendita dei reagenti diagnostici che le consentono di guadagnare in un anno ben 700 mila euro».

Per gli investigatori questa affermazione farebbe riferimento ai ricavi che Capua, insieme a Marangon e Giovanni Cattoli, stavano ottenendo dalla vendita del test Diva, per il quale è stato stipulato un contratto con le ditte Merial, Fort Dodge, e Paesi stranieri.

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truffa als

Farmaci? Ecco gli incentivi e i regali delle aziende agli stessi medici

Una ricerca americana conferma 
un vecchio sospetto: i medici prescrivono ai loro pazienti i farmaci prodotti dalle aziende che offrono loro pasti, feste, regalini. E quelli generici restano invenduti

ARTICOLO DI”ESPRESSO”  http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2016/07/05/news/farmaci
Farmaci, così gli omaggi delle aziende ai medici 'incentivano' le ricette

Nessun pasto è gratis. In altre parole, attenti alle offerte che sembrano disinteressate, specie quando c’è di mezzo la spesa – e la salute – pubblica. Lo rivela un’indagine pubblicata sulla rivista “Jama”, che conferma un vecchio sospetto: relazione tra i pranzi offerti ai medici dalle case farmaceutiche e la prescrizione di costose specialità di marca al posto dei più economici generici.

Negli Stati Uniti il dibattito sugli intrecci tra Big Pharma e classe medica è acceso da tempo. La novità è che ora i ricercatori dell’Università della California, San Francisco hanno quantificato gli effetti di una prassi apparentemente innocua, come l’offerta di un pranzo. Analizzando il modus operandi di 280 mila cardiologi di fronte a quattro farmaci – rosuvastatina, nebivololo, olmesartan e desvenlafaxina, ossia una statina, un betabloccante, un Ace inibitore e un antidepressivo – presenti sul mercato sia come generici sia come specialità di marca. Facendo emergere un’associazione tra i benefici ricevuti dai medici – in oltre 60 mila hanno avuto “qualcosa” dall’azienda produttrice, nel 95 per cento dei casi un pasto del valore medio di 20 dollari – e la scelta del farmaco “branded”.

Le cifre parlano chiaro: i medici che si sono seduti più spesso a tavola con i rappresentanti dell’industria hanno prescritto il doppio della rosuvastatina rispetto ai colleghi, e oltre quattro volte tanto nebivololo e olmesartan. «Non è il caso di tirare conclusioni affrettate», avverte in un editoriale il direttore di “Jama”, Robert Steinbrook: «La correlazione non indica necessariamente un rapporto causa-effetto». È possibile, ad esempio, che i medici tendano a partecipare a incontri dedicati ai farmaci che già preferiscono. Ma lo studio, che ha esaminato le prescrizioni fatte per assistiti del programma pubblico Medicare, mostra che un problema esiste. «In particolare per la cardiologia, un settore in cui sono presenti farmaci generici e di marca appartenenti alla stessa classe. Ma è destinato a riproporsi per altri farmaci e altre specialità», osserva Marco Bobbio, cardiologo e segretario generale di Slow Medicine, associazione che si batte per l’appropriatezza della pratica medica.

In Italia a portare ai medici la voce delle aziende farmaceutiche sono soprattutto gli informatori sanitari: «E sono una presenza costante negli studi: d’altronde sono preparati per diventare amici dei medici, per creare un rapporto personale», spiega il pediatra Sergio Conti Nibali, cofondatore di “No Grazie pago io” una delle associazioni che si impegnano per una medicina meno succube alle pressioni delle aziende.

Parlare di corruzione sarebbe forse eccessivo, «ma vogliamo provare a immaginare come andrebbero le cose se l’Aifa e il ministero fossero presenti negli studi dei medici come lo sono le aziende?», suggerisce Conti Nibali. «Il problema è che certe pratiche sono una consuetudine, si stenta a pensare che non sia opportuno accettare un caffè o un piccolo omaggio».

E a capire che una frequentazione amichevole con chi rappresenta l’azienda può condizionare le scelte terapeutiche: «Una ricerca di qualche anno fa aveva mostrato come i medici che avevano partecipato a un convegno organizzato da un’azienda nei mesi seguenti avessero raddoppiato le prescrizioni del farmaco di cui si era parlato», ricorda Bobbio. «Il dato interessante è che, interrogato in proposito, l’85 per cento di loro aveva negato di aver subito condizionamenti».

«Forse, da uno studio simile fatto in Italia uscirebbero dati meno impressionanti», sdrammatizza Cosimo Nume, responsabile comunicazione di Fnomceo, la federazione degli ordini dei medici. «Da noi si ricorre più spesso a farmaci di prima scelta, meno costosi di quelli presi in esame dai ricercatori americani, e ci sono regole sui farmaci generici, che il cittadino può chiedere direttamente al farmacista, anche se il medico ha prescritto una specialità di marca».

Mentre se la ricetta indica un farmaco “branded”, senza specificare che non è sostituibile con un generico, la differenza di prezzo è a carico del paziente. «Dobbiamo considerare che il contesto italiano è diverso da quello Usa, dove il sistema sanitario è basato sulle assicurazioni private», aggiunge Enrico Hausermann, presidente di Assogenerici, l’associazione dei produttori di farmaci generici, fuori brevetto e quindi più economici. Che fanno risparmiare cittadini e Servizio sanitario nazionale.

Anzi farebbero, perché in Italia stentano a decollare, e non solo perché sono arrivati con quasi trent’anni di ritardo rispetto ad altri paesi europei dove coprono circa la metà del mercato. «I pazienti possono essere scettici nei confronti dei generici, ma se il medico li informa correttamente il problema si supera», spiega Conti Nibali. «E se i medici sono spesso contrari al generico, dipende in gran parte dalle aziende e dagli informatori». Che puntano sui pochi casi in cui è davvero meglio ricorrere al brand, per esempio per evitare eccipienti cui il paziente è allergico.

Ma anche su elementi meno solidi, «per esempio sottolineando che la biodisponibilità di un generico può variare anche del 20 per cento rispetto al farmaco di marca, come se fosse una caratteristica del mercato italiano, e tale da preoccupare», osserva Bobbio. «Mentre è un parametro fissato da un regolamento internazionale, e riferito al fatto che la concentrazione nel sangue di qualunque principio attivo ha una sua variabilità fisiologica. Che emergerebbe anche confrontando due compresse contenute nella stessa confezione».

A casa nostra, insomma, i pranzi sembrano essere l’ultimo dei problemi, o quasi. «Gli informatori americani sono meno presenti negli studi medici, proprio perché da loro usano gli incontri conviviali: forse la nostra prassi è più trasparente», osserva Nume. Anche se gli effetti degli incontri in studio sono difficili da valutare: «Un’indagine realizzata nel 2016 dal centro studi della Fimg mostra che un medico di base vede ogni settimana cinque informatori, che salgono a nove nelle regioni del Sud», osserva Bobbio. «Si riceve l’informatore per abitudine, per gentilezza, per ricevere informazioni utili: ma non possiamo sapere cosa succeda nel corso di questi incontri».

Negli ultimi anni il malcostume sembra comunque in diminuzione. Grazie anche a norme e codici deontologici che vietano le collusioni più scandalose, come i congressi medici organizzati in località turistiche e in alta stagione, con giornate libere e la possibilità di portare un accompagnatore. Mentre sono legittimi gli inviti a congressi, come pubblico ma anche come relatori, o la partecipazione a corsi di formazione, «che le aziende propongono con quello che è definito un “contributo non condizionato”», ricorda Nume.

Difficile dire quanto pesi la tendenza a prescrivere un farmaco che si è imparato a conoscere bene, invece di un generico o di un intervento sullo stile di vita, «anche se ci sono rigide griglie di valutazione che guidano le prescrizioni», ricorda Nume.

La novità è che anche in Italia sta partendo un’iniziativa simile all’Open Payments americano, per rendere più trasparenti i rapporti tra farmaceutiche e medici: Farmindustria ha aderito al Disclosure code europeo che chiede di mettere on line i “trasferimenti di denaro” tra medici e aziende. Per ora, bisognerà cercarli nei siti delle singole aziende: «Ma un paziente scontento di una prescrizione potrà verificare se il medico abbia interessi economici legati a quel farmaco» , ricorda Nume, anticipando che si sta pensando a come semplificare l’accesso ai dati.

Resta il fatto che i medici possono scegliere se inserire o no il loro nome, anche se finora il 72 per cento ha accettato: «Non è la panacea, però è un segnale verso la trasparenza», osserva Conti Nibali, «che dà ai cittadini uno strumento per informarsi».

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vaccini sicuri analizziamoli

Vaccini obbligatori per gli asili? Epidemie? Assolutamente FALSO

Vacciniinforma ringrazia il dr. Tancredi Ascani per aver permesso la divulgazione nel web delle sue interessanti considerazioni.
Dalla pagina del Dr. Tancredi Ascani ecco a voi quanto segue.

tancredi-ascani

In merito a questa follia di rendere obbligatorie le vaccinazioni negli asili, pena l’esclusione dagli stessi, perché si è scesi sotto il 95% di copertura vaccinale, al di sotto della quale tornerebbero chissà quali epidemie, vorrei fare due considerazioni:

1) in italia siamo già MOLTO al di sotto di tale copertura perché se consideriamo:

  • i soggetti che non rispondono alle vaccinazioni (i cosiddetti no-responders, un 10-20% dei vaccinati),
  • i medici che falsificano i certificati e dichiarano falsamente di aver fatto la vaccinazione ai propri figli/assistiti (secondo un’inchiesta giornalistica importante sarebbero un 20%),
  • gli adulti/anziani che con il tempo perdono l’immunità data dai vaccini (che spesso dura solo alcuni anni) e che non continuano a fare i richiami a vita (la maggior parte dei cittadini).

Non credo di sbagliare troppo affermando che, ad esser ottimisti, saremo ad una copertura “reale” dalle malattie per cui si vaccina del 50%, altroché 95.

2) in Svizzera pare che la copertura “dichiarata” dei soggetti vaccinati sia addirittura del 40% e in alcuni Paesi europei è comunque molto più bassa della nostra.

Tutto questo e, come era prevedibile, nessuna terribile epidemia si è mai vista anzi, in alcuni Paesi come l’Austria, nel caso del morbillo, si è avuta un’incidenza della malattia nettamente inferiore a Paesi come la Germania che ha una copertura vaccinale molto superiore:

http://www.ilfattoquotidiano.it/…/il-morbillo-e-in…/1744212/

Ora, secondo voi, alla luce dei fatti, è più logico estendere l’obbligo vaccinale a tutti esponendo a rischi legati alle vaccinazioni tanti bambini sani o forse è il caso di abolire definitivamente quest’obbligo visto che è palese che certe spaventose epidemie non sono più un pericolo in Paesi come il nostro?

La libertà di cura è uno dei principi basilari di ogni Paese democratico che si rispetti“.

 

Per rivedere l’inchiesta di Report, “Il virus dell’obbligo”:
http://www.report.rai.it/…/ContentItem-640d41f6-a3a7-41db-8…

Ricordiamo anche i  FATTI, non le TEORIE.

Diminuiscono le persone vaccinate e…crolla il morbillo.

Dallo stesso sito EPICENTRO,il rapporto presenta i dati nazionali della Sorveglianza Integrata del Morbillo e della Rosolia, raccolti dal Reparto di Epidemiologia delle Malattie Infettive (Cnesps) con il contributo del Reparto di Malattie Virali e Vaccini Attenuati (Mipi) dell’Istituto Superiore di Sanità.

Diminuiscono le persone vaccinate e…crolla il morbillo.

A giugno 2014 segnalati 1259 casi di morbillo
Bollettino (1)RM_News_2014_06

A giugno 2016 segnalati 367 casi di morbillo
Bollettino (2)RM_News_2016_28 (1)

Ulteriore prova della fallacia dell’immunità di gregge e di come entrino in gioco altri fattori nel controllo delle malattie infettive.

Sono segnalati 3 casi di encefalite.

Molto strano che i media non ne abbiano fatto notizia per spingere alla vaccinazione. Presumo perché i casi riguardano soggetti sopra i 40 anni, fascia d’età questa con il maggior numero di casi insieme a quella sopra i 15 anni fino ai 39. Se qualcuno ha notizie più precise in merito ben venga.

30/6/2016 – Morbillo & Rosolia News: il rapporto di giugno 2016
Nel mese di maggio 2016, sono stati segnalati 71 casi di morbillo, portando a 367 i casi (possibili, probabili o confermati) segnalati dall’inizio dell’anno. Il 94% dei 367 casi del 2016 è stato segnalato in sette Regioni (Lombardia, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Sicilia, Piemonte e Calabria). Per quanto riguarda la rosolia, nel mese di maggio 2016, non sono stati segnati casi, lasciando a 8 il totale dall’inizio dell’anno

http://www.epicentro.iss.it/…/bollettino/RM_News_2016_28.pdf

Prima di parlare di crollo di dati e di epidemie,occorrerebbe informarsi.

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“HIV”? AD OGGI MAI VISTO, NONOSTANTE LE BUGIE MESSE IN ATTO DAI TELEVENDITORI TRASH DI BIG PHARMA.

Vacciniinforma propone di seguito un’interessante intervista e ringrazia due grandi professionisti per il loro prezioso contributo.

Ringraziamo questi brillanti esperti ( microbiologia e anatomia patologica). Ricordiamo che entrambi hanno un PhD in biologia molecolare e cellulare  per questo motivo, daremo loro spazio.

Diamo spazio alle evidenza e alla vera scienza.

 Non scriveremo i loro nomi  perché oltre a tutelare chi davvero ci mette la faccia, crediamo non sia rilevante per la comprensione del seguente articolo.

Confidando nella comprensione dei nostri lettori, con la speranza che facciano tesoro delle delucidazioni e della realtà elargita in merito ad una tematica di rilevante importanza.

“Ricordiamo che condividere delle evidenze scientifiche ,non è reato.
Negarle è reato e a quanto pare NON PUNIBILE DA ALCUNO”.

Consigliamo alla Magistratura di indagare su coloro che giocano sulla pelle dei pazienti; quelli che sono i reali disinformatori . Il terrorismo psicologico e l’inesattezza scientifica non possono più essere sono  tollerate.

Potere ai vertici e omissioni della scienza ufficiale.

Un virus inesistente che serve all’economia a discapito della salute dei cittadini.

Hiv/Aids. Documenti ufficiali aggiornati e scaricabili gratuitamente

Aids e Hiv, una “malattia” dovuta “probabilmente” a questo virus che in realtà si chiama HTLV3.

Perché “probabile”?

Siamo nel 1984 quando Robert Gallo e Margaret Heckler annunciarono in conferenza stampa (strano modo per la scienza quello di utilizzare i media per una notizia così sconvolgente e di rilevante importanza) la scoperta di un terribile “virus”  in seguito definito come AIDS.

E’ bene ricordare che la ricerca di Robert Gallo non fu visionata dalla comunità scientifica. Questo è grave. Non si può urlare al mondo intero una tesi non verificata.

Ma questo virus serviva,era perfetto. Bisognava subito arginare quello che la scienza non era riuscita a fare riguardo al mostro del Cancro.

La gente doveva distogliere lo sguardo(come sempre) dal reale problema,così ecco pronta la farsa mondiale, la nuova pandemia di cui la causa era addirittura “probabile” (in medicina vige il principio di probabilità è molto importante saperlo ed’è abominevole).

 Nessuna cura al cancro venne trovata dalla medicina ufficiale (è nota la lotta medica e politica nei confronti di quella che viene definita come medicina “non convenzionale) così fu imputato il virus Hiv di una nuova pandemia.

Ma questo virus esiste davvero?

E’ vero che il presunto HIV non si vede al microscopio elettronico IN VIVO. Le condizioni di laboratorio, parliamo quindi di situazione IN VITRO, nelle quali si afferma di “vederlo” sono condizioni in cui le colture cellulari vengono stimolate con molte sostanze dette “mitogeni” che inducono molte variazioni e reazioni biochimiche nello scenario di laboratorio. Queste sostanze da sole causano la comparsa di “particelle” che possono in effetti sembrare retrovirus, ma non lo sono affatto perché non si trasferiscono da una coltura cellulare all’altra, non sono “infettive”. Quindi sono particelle di natura endogena. Tuttavia, nel caso di Hiv, senza tale stimolazione nemmeno in vitro si vede nulla. E’ lo stesso problema riscontrato fin dal 1983 negli esperimenti di Gallo e Montagnier. Ricordo che in nessuno di questi articoli, considerati la dimostrazione della “scoperta” di un nuovo retrovirus, viene data per certa né l’esistenza di un nuovo retrovirus esogeno né tanto meno un suo ruolo causale nell’AIDS. Montagnier e il suo gruppo lo scrivono a chiare lettere.

Come precisano che “this virus is a typical type-C RNA tumor virus”, ovvero una categoria totalmente diversa da quella a cui Hiv viene fatto appartenere oggigiorno. Gli articoli di Gallo non sono nemmeno articoli scientifici e ricordiamo che venne licenziato dal National Institute of Health per “scientific fraud and misconduct”. Il problema è che la maggior parte dei medici e ricercatori non ha nemmeno mai letto tali articoli. Siamo proprio noi medici i primi ad essere “ingannati”, fuorviati verso una certezza che, se indagata, si dimostra basata sul nulla.

1 .hiv

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La questione della morfologia in microbiologia: questa identifica un agente patogeno come appartenente ad una categoria precisa.

Sono parametri fissi, che non cambiano. Se una particella non ha quella dimensione specifica e unica che la fa appartenere ad una specifica ed unica famiglia di virus, allora semplicemente non è quel virus. E’ molto banale. E infatti quando nel 1997 (stranamente lo stesso anno in cui Montagnier ammise in una intervista col giornalista Djamel Tahi “lo ripeto, non l’abbiamo purificato”) su Virology si tentò finalmente di fare ciò che nessuno (incluso Montagnier, Sinoussi, Chermann, etc..) aveva mai fatto, ovvero purificare il presunto Hiv, si vide senza alcuna ombra di dubbio non solo che non ci si trova davanti ad un retrovirus, ma ancora meno appartenente alla sottofamiglia dei Lentivirius. La morfologia, il diametro e diversi altri parametri tipici dei retrovirus, infatti, sono totalmente diversi rispetto alle rappresentazioni grafiche di Hiv che si trovano ovunque. Sono diversi dalla definizione di Hiv che viene data sui testi universitari (anche su manuali prestigiosi come il Robbins si trova solo un disegno di Hiv, nessuna foto reale) e dagli specialisti. Non ultimo Hans Gelderblom, uno dei più grandi esperti mondiali in microscopia elettronica che ha lavorato a lungo con Montagnier che afferma in un suo celebre articolo che:

“Retroviruses are enveloped viruses with a diameter of 100-120 nm [nanometre=10-9 metre] budding at cellular membranes.  Cell released virions contain condensed inner bodies (cores) and are studded with projections (spikes, knobs)”.

(Gelderblom HR, Özel M, Hausmann EHS, Winkel T, Pauli G, Koch MA. Fine Structure of Human Immunodeficiency Virus (HIV), Immunolocalization of Structural Proteins and Virus-Cell Relation. Micron Microscopica 1988;19:41-60)

Ma, ironia della sorte, proprio Gelderblom è tra gli autori dello studio su Virology nel quale nessuna delle caratteristiche morfologiche da lui stesso descritte e ancora oggi attribuite ad Hiv è presente.

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Ancora più significativo il fatto che in questo studio le proteine “virali” identificate tramite elettroforesi su gel nella coltura cellulare “infetta” sono state trovate, anche se in differente quantità, anche nelle colture cellulari “non infette”. Stiamo quindi parlando, e gli autori lo scrivono, di materiale cellulare, e non virale. Questo spiega anche il fatto che quando in laboratorio eseguiamo dei test anticorpali per Hiv, anche nei soggetti che vengono definiti “negativi” troviamo quasi sempre una piccola percentuale di reattività o “positività” per Hiv che dir si voglia. E questa è una cosa che ogni mio collega vede con i suoi occhi e che da sempre ci ha fatto sospettare su cosa stiamo realmente misurando.

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Ma parliamo delle  sieronegativizzazioni: ne abbiamo viste molte nei decenni, per i motivi più svariati. Montagnier stesso ne parlò fin dai primi anni 80 e ben prima delle sue dichiarazioni in “House of Numbers”. Ma questo aspetto è quello che più si vuole tacere, perchè mette in imbarazzo la comunità scientifica per un semplice motivo: se Hiv fosse quello che si dice, non sarebbe possibile assistere alla negativizzazione di un soggetto infetto. I virus integrano il loro genoma nella cellula ospite e, una volta che questo avviene, non è un processo reversibile. Non si perdono gli anticorpi. Non si perde il genoma virale. Ebbene, questo invece con Hiv succede molto più di frequente di quanto non si dica. E ammettere e riconoscere i casi di “negativizzazionesignifica quindi ammettere che Hiv non è un retrovirus esogeno.

C’è quindi un grande paradosso tra la LETTERATURA SCIENTIFICA e le osservazioni dello stesso Luc Montagnier (si legge senza la “R” finale,così tanto per puntualizzare ai saccenti tuttologi).  Di seguito i casi di negativizzazione dal 1985 (soggetti definiti sieropositivi tornati ad essere sieronegativi) confermati da diverse pubblicazioni.  

1. Spontaneous HIV-1 seroreversion in an adult male.(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17325620) 

2. Articolo che dimostra come pazienti confermati sieropositivi siano ritornati sieronegativi (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9863108)

Sicuri che non esista letteratura scientifica che possa aiutare qualcuno a ragionare?

hiv sieroconversione2

Che cosa misurano i test Hiv allora?

Nessuno lo sa di preciso perché il test è coperto da segreto di brevetto per volontà dello stesso Gallo. Di sicuro, e questo è innegabile, esiste una correlazione tra un test Hiv positivo e un certo grado d eventuale predisposizione a sviluppare certe patologie. Ma questo vale per molti altri parametri di laboratorio. Ad esempio la VES (Velocità di Eritroedimentazone) è anch’esso un parametro predittivo sullo sviluppo eventuale di certe malattie. Ma la differenza è che se trovo la VES elevata in un paziente non gli comunico una sentenza di morte certa né gli somministro una chemioterapia vitalizia: prima cerco di trovare la causa, poi la eventuale cura. Come è norma in medicina.

I test Hiv non sono altro che dei mediocri test aspecifici che misurano in un certo qual modo lo stress ossidativo e la flogosi (infiammazione). In questa ottica non è difficile comprendere perché molti soggetti tornino “sieronegativi”: hanno solo superato un momento di stress immunitario attribuibile a varie cause spesso diverse per ogni caso specifico. Come ormai è noto nei fogli illustrativi dei test viene scritto che non danno conferma di infezione da Hiv.

RAGIONARE CON LA LOGICA.

Asserire che non esiste uno standard riconosciuto per stabilire la presenza/assenza di anticorpi per Hiv 1-2 nel sangue umano, significa asserire che il virus non esiste.

test-elisa

Ora passiamo all’informazione “scientifica” portata avanti da trasmissioni come “Le Iene” da cui ci dissociamo totalmente.

“Il Caso Valentino”

Anche affidandoci alle statistiche ufficiali del CDC, che indicano 8 possibilità di contagio su 10.000 rapporti sessuali completi e non protetti, è un caso assolutamente non credibile. Inoltre se davvero si volesse dimostrare che questo “Valentino” abbia infettato una trentina di donne (sorvolando sulle decine di migliaia di rapporti sessuali che avrebbero dovuto avere), Hiv andrebbe isolato e purificato dal sangue del soggetto per poi poterne sequenziare il suo genoma virale, poi bisognerebbe fare lo stesso con ognuna delle 30 donne. Fatto questo, i genomi andrebbero confrontati e dovrebbero essere tutti identici. Non è una procedura molto diversa da quella adottata in Medicina Legale quando vogliamo stabilire la paternità.

Ho inoltre notato che la ragazza intervistata, una delle “vittime”, afferma che la sua malattia era già in uno stadio avanzato “superiore a 200”, sottolinea ad un certo punto. Ora, se si riferisce ai linfociti CD4 o alla “viremia” non viene precisato né da lei né dalla Toffa. Un altro strano dettaglio che mi ha fatto sospettare sulla veridicità del servizio. Inoltre la malattia, anche facendo finta che sia tutto vero, non può essere in poco tempo già ad uno “stadio avanzato”. Inoltre come facciamo a sapere se queste ragazze hanno avuto rapporti con altri uomini? Se hanno fatto uso di droghe? E come fa a saperlo la Toffa? Bisognerebbe chiederlo a lei.

La Reazione a Catena della Polimerasi (PCR) non è uno strumento diagnostico perché nel caso di Hiv, come già detto, non possediamo una sequenza genetica unica e specifica e le omologie di sequenza, insieme alle condizioni di stringenza del produttore di ogni kit, lo rendono un test totalmente aspecifico.

PCR

La “carica virale” è infatti documentata in soggetti sieronegativi da moltissimi anni. Inoltre la PCR è una tecnica di amplificazione (e non di identificazione) di piccoli frammenti di codice genetico, di solito circa 200 nucleotidi, che vengono decisi arbitrariamente. L’algoritmo di una PCR prevede che quella sequenza venga amplificata di milioni di volte. Comunicare quindi ad un soggetto che ha milioni di copie di Hiv per millilitro di sangue è una menzogna, una formula matematica, non una realtà di laboratorio. Una sequenza amplificata di codice genetico non è una particella unica e specifica. Ma si spaccia la PCR come “isolamento” di HIV. Niente di più falso. Anche la letteratura specialistica è chiara al riguardo.

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Ma sulla trasmissibilità cosa sappiamo? E soprattutto,cosa viene condiviso al mondo dai media? Ci soffermeremo sul programma trash che mesi fa ha mandato in onda una penosa testimonianza,denunciando la pericolosità di HIV mediante delle affermazioni false e poco intelligenti. Un caso che ha sconvolto l’Italia intera il cui protagonista è Valentino,un nome di fantasia come la stessa testimonianza.

Alcuni fenomeni (ci piace chiamarli così) hanno avuto la brillante idea di occuparsi (misteriosamente) della tematica HIV da mesi ed in maniera continua,tanto da destare sospetti non solo ai medici ma all’intera popolazione; i commenti sulle loro pagine social la dicono davvero lunga,sopratutto sul comportamento ineducato di una loro conduttrice, la quale ha contribuito solo alla reale disinformazione.

Riteniamo giusto ricordare ai contribuenti, che questo è il vero negazionismo e la vera dissidenza. Affrontare argomenti in questa maniera,è molto pericoloso.

Passiamo oltre il comportamento irrispettoso della conduttrice in questione,poiché non è nemmeno degno di essere commentato.

Anche la foto di Hiv mostrate con orgoglio dalla stessa  Toffa nel suo servizio, con l’appoggio del prof. Aiuti (che avrebbe dovuto dichiarare i suoi conflitti di interesse sul tema, per essere almeno lontanamente credibile, ma né lui né la Toffa ne hanno fatto cenno) al quale poniamo una domanda pertinente:

“Perchè proprio lui (che conosce direttamente lo stesso Montagnier) ha deciso di non citare l’ articolo del 1983 sulla scoperta dell’HIV ? E perchè ha omesso anche la micrografia elettronica dello stesso articolo?”

Consigliamo di andare a vedere chi è Aiuti e quanto ha guadagnato e ancora guadagna da quando è nata questa “epidemia di AIDS”; a parte ciò, durante la sua intervista,non viene dimostrato nulla: non viene citata la fonte, non è presente la banda in nanometri che in microscopia elettronica è fondamentale per indicare la dimensione della particella che stiamo cercando di identificare.

Come le foto presenti nell’articolo storico di Montagnier, tali particelle non coincidono con la tassonomia della famiglia dei Retrovirus, sottotipo Lentiviridae nello specifico.

Quando il prof. Aiuti afferma di avere “visto e isolato” Hiv molte volte, dimentica di dire in quali condizioni: ovvero in vitro e in colture cellulari iperstimolate. Stesso errore di Montagnier, che aggiunse inoltre nei suoi esperimenti linfociti provenienti da placenta contenuta nel cordone ombelicale. Ebbene la placenta è ricca di retrovirus endogeni, indistinguibili da eventuali retrovirus esogeni. E qui andrebbe aperta un’altra parentesi sul perché molte donne incinte risultino positive al test Hiv, ma non voglio dilungarmi. La presenza di proteine attribuite ad Hiv nella normale placenta umana è cosa non solo nota a noi specialisti, ma anche documentata in letteratura da almeno 20 anni.

Va inoltre sottolineato e ripetuto che tutte queste presunte immagini di HIV provengono quindi da colture cellulari. Non una sola di esse proviene direttamente da un malato di Aids, nemmeno da quelli ai quali si attribuisce l’assurda etichetta di avere una “carica virale” elevata.

Tutto porta a credere che nell’articolo di Montagnier del 1983 i retrovirus endogeni del linfocita proveniente dal sangue del cordone ombelicale siano stati attivati dalle condizioni particolari della coltura. Tutte queste colture sono state iperstimolate con sostanze mitogene e stimolanti come la fitoemagglutinina (PHA), il fattore di crescita dei linfociti (TCGF), INTERLEUCHINA 2 e inoltre i corticosteroidi. Ora, tutte queste sostanze sono conosciute come attivanti dell’espressione di retrovirus endogeni presenti in ognuno di noi.

Credo personalmente, conclude il nostro PhD, che se non ci fosse la paura che la verità diventi pubblica, nessuno avrebbe scomodato Le Iene. Perché?

Perché è evidente che qualcuno ha commissionato quei servizi. Non credo che la Toffa si sia svegliata una mattina per improvvisarsi esperta retrovirologa.

All’estero una cosa del genere non sarebbe mai accaduta.

Ricordiamo le evidenze. Non forniremo pensieri ma dati di fatto.

  • Articolo sull’epatotossicità dei farmaci antiretrovirali. Il collasso epatico è la prima causa di morte nei sieropositivi e non fa parte delle presunte patologie hiv-correlate:

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11830344

  • La prestigiosa rivista Annals of Internal Medicine afferma che svariate patologie AIDS-correlate appaiono poco dopo aver iniziato la terapia antiretrovirale. Ma per molti sono farmaci “salvavita”.

http://www.annals.org/content/133/6/447.abstract

Ricordiamo le implicazioni importanti sulle TERAPIE RETROVIRALI,le quali hanno degli effetti secondari ,molto tossici.

VOLUTAMENTE,non viene presa coscienza sull’esaustiva letteratura scientifica,questo è un dato da cui partire,ed’è abominevole.

Un recentissimo articolo,ha dimostrato che i soggetti sieropositivi che assumono la terapia antiretrovirale,sviluppano e arrivano al DECESSO per malattie che non sono correlate all’aids (esempio un infarto).

Qualunque aspetto è quindi disconfermato dalla LETTERATURA SCIENTIFICA, la  quale non viene mai (chiediamoci perché) enunciata in diversi manuali di microbiologia,virologia etc,come ad esempio il Manuale di Harrison (uno dei punti di riferimento per gli studenti in medicina).

NON CREDIAMO AL FATO E NEMMENO ALLE COINCIDENZE

Volendo giocare ai complottisti,come dichiarano gli ignoranti,notiamo che uno degli autori del Manuale Harrison è  Anthony Fauci, uno degli architetti della storia dell’HIV. Non è detto perciò che una cosa sia attendibile solo perché è scritta su un manuale di medicina. Ci vuole un grosso sforzo per indagare fino in fondo e non tutti lo fanno (è palese).
Concludiamo infine con uno stralcio delle dichiarazioni del Dr.Mandrioli durante la discussione della sua tesi:

“Cercando i dati sul sito del Ministero della Sanità,in relazione alla DEFINIZIONE DI AIDS,con la legge del 29 aprile 1994,noi vediamo che il caso di aids,definito come un paziente sieropositivo che sviluppa uno di questi 23 (avete letto bene,anche se ad oggi ci sono molti più sintomi ) sintomi elencati,oppure un paziente sieronegativo che sviluppa altri sintomi sempre elencati (in bianco) e considerati nella diagnosi differenziale solo con le malattie che elenca il Ministero,e che sono soprattutto malattie immunologiche; raccomandato ovviamente è l’utilizzo di chemioterapici o immunodepressivi.

In particolare,dice espressamente il Ministero “altre possibili cause di IMMUNODEFICENZA, non squalificano in sé la malattia che indicatore di aids”. Questo significa che tutte le altre cause di immunodeficienza (dallo stress alla gravidanza) non vanno in diagnosi differenziale con HIV e con le altre malattie elencate dal Ministero. Ad esempio,una donna incinta che fa uso di eroina (e che per questo potrebbe avere una immunodeficienza) viene definita dal Ministero una malata di aids,se sviluppa una toxoplasmosi cerebrale. Mentre ad esempio,se un paziente sviluppa immunodeficienza a seguito dell’utilizzo di chemioterapici,questa è considerata secondaria”.

 Che i giornalisti facciano ciò che delinea un grande lavoro,quello di chi indaga e ricerca la verità. 

Non abbiamo bisogno di programmi spazzatura che raccontano il falso, INCUTENDO PAURA ALLA GENTE GIA’ TROPPO DISINFORMATA.

Che venga intervistato lo stesso Montagnier . Che venga data la parola a tutta la comunità scientifica.

Consigliamo a queste persone di informarsi e studiare.

Ricordiamo ai media di assumersi la responsabilità dei loro vili atti.

Aspettiamo con ansia la calata delle finestre in un prossimo convegno da parte di quello che tutto sono,tranne un equipe di giornalisti informati sui fatti.

Uno spettacolo pietoso  non solo per loro,ma per noi contribuenti che paghiamo lo stipendio ai veri negazionisti.

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Merck,vaccini e corruzione. I pazienti firmano “contratti di immunizzazione” sotto richiesta medica.

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Sanità: continua la corruzione attraverso nuovi appalti e diversi milioni

Sanità, sotto controllo i nuovi appalti
da 300 milioni . Stop alla corruzione

 Articolo condiviso da il “Corriere Adriatico”
Sanità, sotto controllo i nuovi appalti da 300 milioni Stop a "favori" e mazzette
Trecento milioni di appalti da assegnare tra il 2016 e 2017, più il bando per il Centro unico prenotazioni della sanità marchigiana ancora tutto da elaborare e quantificare, ma finirà con una cifra a molti zeri.
E’ una partita che scotta quella del sistema appalti regionale, perchè tra le mani passano milioni come fossero bruscolini e chi gestisce questo mare di soldi pubblici ha responsabilità enormi e delicatissime.  Un sistema che avrebbe dovuto cambiare volto e impostazione già nel 2012 con l’istituzione della Suam, la Stazione unica appaltante nata per gestire tutti i bandi di gara, seguire l’iter dall’inizio all’aggiudicazione, assicurare la massima trasparenza delle procedure eliminando il rischio infiltrazioni criminali e corruzione, garantendo allo stesso tempo un risparmio importante da riconvertire in servizi. Invece niente.
Gli ostacoli e i rischi La struttura è stata relegata per tre anni in un angolino a gestire gare a corrente alternata con ostacoli amministrativi che ne hanno impedito il corretto funzionamento: tutto il resto invece ha seguito il percorso di sempre mentre a livello nazionale si costruivano regole anticorruzione rigidissime per un settore dove infiltrazioni criminali e rischio di favoritismi possono trovare terreno fertile.
L’inchiesta della Procura di Ancona sui presunti appalti Asur ha aperto una breccia e anche se le responsabilità degli indagati sono ancora tutte da accertare, la Regione ha spinto l’acceleratore sulla Suam: entro la fine dell’anno il personale della Stazione unica appaltante passerà da dodici a diciotto unità. I nuovi appalti Dal 2012 ad oggi sono state tre le gare che hanno seguito l’iter con la Suam per un totale di 30 milioni di euro. Un decimo di quanto la Regione ha messo in bilancio per quattro appalti gestiti dalla Stazione unica per il 2016. Il consigliere Pd Gianluca Busilacchi, che ha seguito la storia della struttura fin dall’approvazione della legge come primo firmatario, ricorda che in ballo c’è l’assegnazione del servizio farmaci, 183 milioni all’anno per tre anni; il bando di gara per i vaccini, un appalto triennale da 20 milioni di euro; l’appalto per le medicazioni generali, servizio quadriennale da 28 milioni di euro e distribuzione di cancelleria, carta e toner per un importo da 9,3 milioni. In ballo c’è anche il maxi appalto per il Centro unico prenotazioni della sanità che però è in fase di elaborazione e quantificazione.
I risparmi Con l’ultimo appalto della Suam la Regione ha risparmiato circa un milione e 300 mila euro. L’importo del bando di gara per la fornitura quadriennale di antisettici e disinfettanti destinati agli enti del servizio sanitario era di oltre 2 milioni e 700 mila euro ed è stato aggiudicati a un milione e 600 mila euro, con un risparmio di circa il 41% rispetto alla spesa precedente.
Questi fondi saranno investiti per migliorare i servizi della sanità. «Considerando che solo nel 2016 andranno a gara le forniture di beni e servizi sanitari per una spesa annuale di circa 230 milioni di euro – sottolinea Busilacchi – è evidente il potenziale risparmio che si potrà ottenere con le procedure di aggiudicazione effettuate tramite Suam». Il sigillo di Cantone La Stazione unica appaltante rientra fra i 34 soggetti aggregatori in Italia riconosciuti dall’Autorità anticorruzione che consente alla Regione di attingere al fondo nazionale che nel 2015 era 10 milioni di euro e dal 2016 di circa 20 milioni di euro annui. Le Marche nel 2012 sono state la seconda regione dopo la Calabria a istituire la Stazione unica appaltante, sulla scorta di un decreto della presidenza del Consiglio per il piano straordinario contro le mafie e che invitava appunto gli enti regionali a creare stazioni appaltanti per la trasparenza negli appalti pubblici.
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Wyeth e Pfizer pagano 784,6 milioni di dollari per alleggerirsi la coscienza. Sconti e incentivi sottobanco a danno dei pazienti.

Wyeth e Pfizer sono d’accordo nel pagare $ 784,6 milioni di dollari a fronte di una querela. Le due aziende in questione sono colpevoli di aver ingannato non solo il governo ma i pazienti stessi per via dei costi eccessivi dei farmaci e qualche dichiarazione omessa.

Ricordate che in piena crisi economica globale, la Pfizer (la casa farmaceutica più potente al mondo) acquistò per 68.000.000.000 di dollari la Wyeth Ayerst Laboratories?
La Wyeth nel 1982 sponsorizzò negli Stati Uniti una campagna pubblicitaria finalizzata a presentare l’osteoporosi come un gravissimo problema per tutte le donne e non fu l’unica campagna che realizzò.
dollari

Il Dipartimento di Giustizia ha quindi annunciato oggi, che le aziende farmaceutiche Wyeth e Pfizer Inc. avrebbero accettato di pagare ben $ 784,6 milioni di dollari per risolvere un contenzioso che riguarda il comportamento fraudolento di  Wyeth su due dei suoi inibitori della pompa protonica (PPI),ovvero i farmaci, Protonix orale e Protonix IV.

Pfizer, che ha sede a New York, ha acquisito Wyeth nel 2009 (nel New Jersey)la quale, circa tre anni dopo, ha iniziato ad assumere una condotta poco chiara,portando così a questi accadimenti.

“Questo “accordo” dimostra il nostro impegno costante nel voler mantenere le aziende farmaceutiche responsabili sui sistemi di tariffazione,proponendo ai pazienti farmaci molto più bassi,oltre ad un programma che tuteli gli anziani e i disabili”, ha dichiarato il  procuratore generale Benjamin C. Mizer, capo della sezione civile del Dipartimento di giustizia.

“Questo accordo significativo dimostra che il governo non permetterà che le aziende farmaceutiche non rispettino  i loro obblighi al programma Medicaid. Non permetterà loro di  creare sistemi di tariffazione elaborati per ingannare Medicaid a pagare più del dovuto per i farmaci”, ha dichiarato invece il procuratore Carmen Ortiz per il distretto del Massachusetts.

“Questo accordo, dopo anni di contenzioso molto combattuto, dimostra il nostro impegno nel voler garantire la solidità e la correttezza delle  imprese di assistenza sanitarie,nei confronti dei  programmi di assicurazione sanitaria federale,che servono coloro che hanno bisogno di assistenza più.”

I farmaci PPI sono usati per trattare anche i sintomi (tra le altre cose) di reflusso acido. In una denuncia presentata nel 2009, il governo ha affermato che Wyeth abbia marciato sui prezzi dei farmaci  Protonix orale e Protonix IV, i quali sarebbero stati utilizzati da migliaia di ospedali a livello nazionale.

Naturalmente Wyeth e Pfizer non negano le accuse del governo.

Secondo la denuncia, Wyeth avrebbe venduto Protonix orale e Protonix IV attraverso un accordo sottobanco con gli ospedali,in cambio di forti sconti su entrambi i farmaci.

Loro avrebbero scritto sul formulario quei farmaci e la loro relativa disponibilità,e loro li avrebbero ricompensati,è sempre così che va il mondo.

Così Wyeth avrebbe cercato di indurre gli ospedali ad acquistare e ad utilizzare Protonix orale, poichè a differenza di altri farmaci PPI orali, inaccessibili per via dei costi,questi sarebbero stati competitivi ed accessibili.

Wyeth ha voluto controllare di persona il mercato dei farmaci e l’utilizzo di questi sui pazienti. Ricordiamo che i pazienti che utilizzano Protonix orale  per lunghi periodi di tempo, è difficile che cambino farmaco.

Proprio per questo,l’azienda in questione ha voluto accertarsi dell’utilizzo di questo farmaco; i pazienti non passeranno all’utilizzo di  PPI concorrenti, poichè il sistema Medicaid non può modificare alcun costo e i pazienti non potrebbero mai permettersi di pagare un prezzo così alto.

Nell’ambito del programma Medicaid, ( che fornisce alla nazione l’assicurazione sanitaria  per i poveri e disabili), le aziende farmaceutiche devono riferire al governo tutti i  prezzi e la scontistica da effettuare sullo stesso programma.

In base a questo, le case farmaceutiche offrono il beneficio di sconti aziendali molto proficui, allo stesso programma Medicaid,un grande acquirente per loro,il quale orienterà i pazienti verso coloro che si ripagheranno degli sconti elargiti.

“Perchè di beneficenza,non se ne fa; è così che va il mercato”.

Il governo ha sostenuto che Wyeth avrebbe tenuto allo scuro,lo stesso sistema Medicaid, dagli sconti effettuati agli ospedali su Protonix orale e Protonix IV.

Questo ha portato la medesima Wyeth a non elargire (ingiustamente) centinaia di migliaia di dollari di pagamenti a Medicaid nel periodo che va dal 2001 al 2006. In base ai termini di insediamento di oggi, Wyeth pagherà $ 413.248.820 al governo federale e $ 371.351.180 per aver nascosto l’operato alla stessa Medicaid. 

“Quando stringiamo degli accordi,ci aspettiamo che questi vengano mantenuti” , afferma l’agente speciale in carica Phillip Coyne del Dipartimento di Salute e Servizi Umani (HHS-OIG). ”

Allo stesso modo, i contribuenti si aspettano un operato onesto da parte delle grandi aziende farmaceutiche,a cui non serve operare in questa maniera per aumentare i propri profitti.Qualsiasi azienda che vende farmaci,non può sottrarsi da queste responsabilità e chiunque abbia sbagliato,dovrà pagare. ”

“Questo contenzioso dimostra  l’impegno del mio ufficio e degli altri procuratori generali in tutto il paese,che mirano a garantire il rispetto degli obblighi verso il programma Medicaid,da parte delle aziende farmaceutiche”, ha affermato  il procuratore generale Eric T. Schneiderman di NY.

COLLABORARE PER COMBATTERE LA FRODE O INTERESSE COMUNE PER IL “RECUPERO CREDITI”?

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Tutto questo contenzioso, illustra “l’enfasi del governo sulla lotta contro la frode sanitaria” e segna un altro successo per l’iniziativa Health Care ,relativa alla prevenzione delle frodi; grazie anche all’ Enforcement Action Team (HEAT), annunciato nel maggio 2009 dal procuratore generale e Segretario di Salute e Servizi Umani.

La collaborazione tra i due dipartimenti ha concentrato gli sforzi per ridurre e prevenire Medicare e Medicaid dalle frodi finanziarie attraverso la cooperazione rafforzata.

Uno degli strumenti più potenti di questo sforzo è la False Claims Act.

Da gennaio 2009, il Dipartimento di Giustizia ha recuperato un totale di più di $ 29 miliardo con falsi casi Claims Act; più di $ il 17,5 miliardi di dollari di tale importo recuperato nei casi di frode contro i programmi federali di assistenza sanitaria.

Il caso è sottotitolato Stati Uniti ex rel. Kieff e LaCorte v. Wyeth e Pfizer, Inc. , n. 03-12366 e 06-11724-DPW (D. Mass.).

Altri procuratori generali illustrano l’accaduto come qualcosa di positivo che dimostri la buona e corretta coscienza del governo.

Noi affermiamo che gli stessi,abbiano solamente a cuore il rispetto degli obblighi delle aziende nei confronti di un sistema chiamato Medicaid,al quale loro fanno parte e ne aderiscono attivamente.

Come si dice,a pensar male,spesso ci si sbaglia ma si dice il giusto.

 

 

www.justice.gov

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Linee guida e trasparenza? Conflitti d’interesse le influenzano

Gimbe: “Conflitti d’interesse influenzano le linee guida. Operazione trasparenza”

( FONTE ORIGINALE dell’articolo)

Linee guida, parola d’ordine “trasparenza.

gimbe

Oltre 25 anni di ricerca sulle metodologie di produzione delle linee guida hanno dimostrato che la loro qualità non è garantita dall’autorevolezza dei produttori, né tantomeno dalla loro legittimazione normativa, ma è strettamente legata al rigore metodologico del processo di elaborazione e a un’adeguata governance dei conflitti di interesse. Non si può ignorare che questi ultimi influenzano le raccomandazioni cliniche”.

Lo sottolinea la Fondazione Gimbe, che ha pubblicato la versione italiana dei principi del Guidelines International Network per la disclosure e la gestione dei conflitti di interesse, e ha assegnato una borsa di studio per valutare qualità e trasparenza delle linee guida italiane.

“Consistenti evidenze scientifiche – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione- dimostrano che il processo di produzione delle linee guida per la pratica clinica è ampiamente influenzato da varie tipologie di conflitti di interesse: per garantire integrità e credibilità delle linee guida è indispensabile un approccio sistematico alla loro disclosure e gestione”, evidenzia in riferimento al Ddl sulla responsabilità professionale, che attribuisce alle linee guida un ruolo fondamentale.

Ai conflitti economici diretti, legati alle relazioni finanziarie con produttori di farmaci e altre tecnologie sanitarie rilevanti per il tema oggetto delle linee guida – ricordano gli esperti – si affiancano anche i conflitti indiretti, come avanzamenti di carriera, incremento dell’attività professionale e prestigio sociale, ideologie e attaccamento alle proprie convinzioni.

“In un momento storico in cui le linee guida, oltre che rappresentare standard per guidare le pratiche professionali, si apprestano a orientare anche il contenzioso medico-legale – conclude Cartabellotta – è indispensabile che tutti i produttori di linee guida siano società scientifiche o agenzie governative, applichino rigorose policy per la disclosure e la gestione dei conflitti di interesse economici diretti e indiretti di tutti i componenti del panel” di esperti addetti alla messa a punto delle raccomandazioni.

Il Gin, network che rappresentata 99 organizzazioni che producono linee guida in 49 Paesi, ha di recente elaborato i principi (www.evidence.it/GIN-COI) per “una gestione trasparente e giudiziosa” dei conflitti di interesse nella produzione delle linee guida. Gimbe – membro fondatore del Gin – pubblica la versione ufficiale in lingua italiana, con l’obiettivo di “avviare un dibattito costruttivo tra politica, istituzioni, società scientifiche, professionisti e cittadini”.

Ecco i principi per portare alla luce e gestire i conflitti di interesse nelle linee guida per la pratica clinica:

1. Le organizzazioni che producono linee guida dovrebbero mettere in campo ogni strategia per evitare di includere membri con conflitti d’interesse economici diretti o indiretti rilevanti.

2. La definizione e la gestione dei conflitti d’interesse dovrebbe essere determinata prima della costituzione del gruppo di sviluppo della linea guida e si applica a tutti i membri, a prescindere dalla disciplina o dalla categoria di stakeholder che rappresentano.

3. Il gruppo di sviluppo dovrebbe utilizzare una modulistica standardizzata per la disclosure dei conflitti d’interesse.

4. Tutti i membri dovrebbero dichiarare pubblicamente i propri conflitti d’interesse economici diretti ed indiretti, che dovrebbero essere facilmente accessibili agli utilizzatori della linea guida.

5. Tutti i membri dovrebbero dichiarare e aggiornare i propri conflitti d’interesse, in caso di variazioni, a ogni riunione e a intervalli regolari

6. I coordinatori dei gruppi non dovrebbero avere conflitti d’interesse economici diretti o indiretti rilevanti. Nel caso in cui l’uno o l’altro siano inevitabili, occorre nominare un co-coordinatore senza conflitti, con il compito di guidare il gruppo di sviluppo della linea guida.

7. Esperti con conoscenze o esperienze specifiche con conflitti d’interesse rilevanti possono partecipare alla discussione su singoli argomenti, ma occorre garantire un adeguato equilibrio delle opinioni.

8. Nessun membro del gruppo, con potere decisionale sulla direzione o sulla forza delle raccomandazioni cliniche dovrebbe avere conflitti d’interesse finanziari diretti.

9. Un comitato di sorveglianza dovrebbe essere responsabile dello sviluppo e implementazione delle policy sui conflitti d’interesse.

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HPV e big pharma: la nuova frode degli organi (in)competenti

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Visite domiciliari mai effettuate?Il Dottor Renato Boatto responsabile di truffa aggravata

Articolo riportato dalla fonte seguente.

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2015/11/18/news/truffa-all-asl-10-condanna-a-sette-mesi-1.12472140

Il medico Renato Boatto, accusato di aver segnalato 120 visite domiciliari mai effettuate tra il 2007 e il 2013.

medico truffa

SAN DONA’. Ha puntato all’assoluzione, ma ieri il giudice veneziano Roberta Marchiori lo ha ritenuto responsabile del reato di truffa aggravata ai danni dell’Asl 10 del Veneto Orientale e lo ha condannato a una pena di sette mesi di reclusione e 300 euro di multa. Il medico di famiglia Renato Boatto (61 anni, San Donà), comunque, ha ottenuto la sospensione condizionale della pena. Il pubblico ministero veneziano Stefano Ancilotto aveva chiesto un anno di reclusione.

Prima della discussione, ieri, il magistrato ha interrogato un testimone, la madre di due pazienti di Boatto, la quale ha riferito che in qualche occasione il dottore aveva visitato i suoi figli ma non con la frequenza segnalata dal medico. Quindi, le visite domiciliari sarebbero state un numero inferiore di quelle segnalate come eseguite da Boatto.
Inizialmente erano stati ben 39 i medici finiti sotto inchiesta sulla base degli atti raccolti dalla Guardia di finanza, la maggior parte di Portogruaro, San Donà e del litorale.

L’imputato doveva rispondere di una truffa per quattromila euro per 120 visite segnalate che non avrebbe effettuato, sempre tra gli anni dal 2007 al 2013. I medici erano sospettati di essere coinvolti nelle visite domiciliari programmate e, a quanto risulta, mai eseguite.
Gli investigatori delle fiamme gialle avevano esaminato i referti di 1.800 visite domiciliari, con i relativi report inviati all’Asl di riferimento.
Una truffa che sarebbe stata quantificata in circa 53mila euro.

I medici, dunque, non avrebbero eseguito materialmente le visite mediche a domicilio dei pazienti, ma si sarebbero limitati magari a una telefonata. Oppure quelle visite, pur segnandole nella loro cartella per ottenere il rimborso con una nota all’azienda sanitaria, non le avrebbero proprio eseguite. Questo risulta dalla indagini della Guardia di finanza sandonatese, si tratta di visite che vengono normalmente programmate sulla base delle valutazioni di una commissione specifica che seleziona pazienti con particolari disagi, problemi di deambulazione e salute che consentono di avere il beneficio delle visite direttamente a casa.

Per ogni visita il medico percepisce 25 euro.

Alla fine la maggior parte delle posizioni era stata archiviata e, prima della condanna di ieri, altre tre medici avevano patteggiato un anno di reclusione.

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