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HPV e big pharma: la nuova frode degli organi (in)competenti

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Le lobby e le influenze sul voto dei deputati di Bruxelles

Le lobby circondano Bruxelles.

Leggi favorevoli ai nuovi interessi economici.

Un miliardo di euro per influenzare le decisioni dell’Unione europea, solo Big pharma mette sul piatto 40 milioni.

Tra consulenze e buonuscita le multinazionali premiano i parlamentari per i voti favorevoli ai loro interessi (Marco Ferini).

Le multinazionali e i conflitti d’interesse; quanto queste hanno a cuore la nostra salute?

Un video interessante datato 22/10/2015

 

http://www.la7.it/la-gabbia/video/la-lobby-dei-farmaci-che-comanda-in-europa-22-10-2015-165318

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Big Pharma o Bad Pharma?

Scienziati e associazioni accusano: l’industria dei medicinali trucca la ricerca nascondendo i test sfavorevoli. 81 mila firme e nuovi regolamenti invocarono più trasparenza

 

Big Pharma o Pinocchio?

Ben Goldacre, il giovane epidemiologo londinese autore del bestseller Bad Pharma.

How Drugs Companies Mislead Doctors and Harms Patients (in italiano Effetti collaterali, Mondadori), nonché il titolare di Bad Science, seguitissima rubrica più blog sul quotidiano Guardian, può ritenersi soddisfatto solo a metà.

La petizione mondiale AllTrials, che si batte per la pubblicazione di tutti gli studi effettuati su un farmaco, di cui dal 2013, da quand’è nata, è un portavoce senza peli sulla lingua, oltre ad aver raccolto più di 81mila firme e l’adesione di oltre 521 organizzazioni, ha ottenuto un’importante ma parziale vittoria: l’Ema, l’European Medicines Agency di Londra, renderà pubblicamente consultabili da gennaio 2015 le sperimentazioni cliniche di ogni nuovo medicinale, immediatamente dopo la relativa domanda d’immissione sul mercato. Peccato che la decisione trascuri i farmaci studiati prima di tale data, e anche i “vecchi”, per esempio quelli inventati negli anni 90, tuttora prescritti e presumibilmente destinati a curare ancora una generazione di malati.

E che l’Ema offra una protezione sia alle informazioni commerciali eventualmente riservate, sia ai dati sui pazienti che hanno partecipato alle sperimentazioni. Che spesso, invece, potrebbero collaborare con il lavoro di scienziati, industria e legislatori.

Certo, la notizia è di quelle che fanno ben sperare, se non altro in vista del nuovo regolamento sui trial clinici che decollerà nel maggio 2016. La discrezionalità lasciata ai produttori farmaceutici di poter eliminare alcune informazioni però preoccupa gli esperti. Perché potrebbe aver a che fare con quella che i media americani hanno cominciato a chiamare Sindrome di Pinocchio, tra le più gravi patologie che affliggono la medicina moderna: la misteriosa “scomparsa” di risultati negativi/ambigui sui farmaci entrati in commercio.

Il paragone con le favole non inganni, parliamo di un morbo che ha costi esorbitanti, e non solo per la coscienza di alcuni addetti ai lavori. O per la reputazione della ricerca. Vediamo uno degli episodi che recentemente, a questo proposito, ha fatto più scalpore. La Cochrane Collaboration, ente no-profit di specchiata autorevolezza, dal 1993 impegnato nella revisione sistematica qualitativa e nella meta-analisi quantitativa degli studi clinici, ha sciorinato cifre da vertigine, un miliardo e 300 milioni di dollari Usa, sui 500 milioni di sterline inglesi, 184 milioni di euro (pagati dai contribuenti italiani)… , per una somma totale di fondi pubblici calcolata sui 20 miliardi di dollari. Tutti spesi, qualche anno fa, per fare mastodontiche scorte di antivirali. In sintesi, quanto è costata la “bufala” del Tamiflu, l’anti-influenzale spinto con la grancassa dalla Roche; il farmaco, incoronato da trial clinici messianici e favorito da un allarme pandemico da fine del mondo, era la star tra quelli stoccati a dismisura dai governi di vari paesi, in previsione dell’influenza aviaria del 2006 e di quella suina del 2009.

Non solo le due pronosticate pestilenze si sono rivelate poco più che mali di stagione (e non lamentiamocene). I trial clinici a disposizione confrontavano la molecola oseltamivir del Tamiflu con un placebo e non con farmaci già efficaci. Non producevano i dati negativi o poco lusinghieri; e non indagavano sufficientemente complicazioni, effetti collaterali (Newsweek ha recentemente scritto di pazienti giapponesi colti dal delirio e indotti al suicidio) e controindicazioni.

Inutile dirlo, il Tamiflu ha deluso le aspettative, non riducendo affatto ospedalizzazioni e contagi, ma semmai accorciando di neanche 24 ore i sintomi: sarebbe stato più produttivo prendere una pastiglia di paracetamolo e mettersi al caldo sotto il piumone. Eppure i ricercatori della Cochrane hanno dovuto giocare al gatto e al topo con la Roche per ben 5 anni, prima di mettere le mani su 70 trial mai studiati da nessuno.

Il nocciolo della questione è però un altro. È che la Sindrome di Pinocchio, più seriamente detta “publication bias” (in italiano: l’errore sistematico di pubblicazione, generato dal fatto di ritenere che le ricerche rese pubbliche siano tutte quelle effettivamente realizzate, col risultato di sovrastimare la bontà del farmaco sperimentale), non ha mai avuto contro regole condivise. La Roche, a suo tempo, si è tranquillamente comportata come si sarebbe comportata quasiasi altra grande azienda farmaceutica. «In realtà una linea-guida internazionale manca a tutt’oggi.

La petizione di AllTrials porta suggerimenti in questo senso ed è stata mandata, lo scorso 15 novembre, all’esame dell’Organizzazione mondiale della sanità, in vista di un documento di policy che potrebbe uscire nei prossimi mesi», spiega Roberto D’Amico, docente di statistica medica dell’università di Modena e Reggio Emilia e direttore del Centro Cochrane italiano. Che passa poi a sottolineare anche l’azione di Comet Initiative (Comet sta per Core Outcome Measures in Effectiveness Trials), un network internazionale che svolge attività di ricerca per definire il “set minimo” di esiti importanti nelle varie patologie, che devono essere riportati negli studi clinici e sono utili a chi deve prendere decisioni sull’efficacia degli interventi sanitari.

Alla sua si affianca la riflessione di Antonio Addis, che è stato national expert presso la Pharmacovigilance Unit dell’Ema, e oggi coordina l’area governance della ricerca e dell’agenzia sanitaria dell’Emilia Romagna: «Sottolinerei un punto cruciale: mettere soltanto a disposizione i dati non basta, in quanto corrispondono a una mole tale di pagine da risultare inaccessibili senza la disponibilità di sistemi che rendano ricercabili i materiali, che li strutturino. Una classificazione, questa, che dev’essere effettuata da professionisti». Banalmente: ci vogliono “sommari”, altrimenti è Babele. Anche per non prestare il fianco a un tipo diverso di polemica. La gente potrebbe fare un sacco di cose stupide con la trasparenza, pare abbia infatti detto l’amministratore delegato di una società biotech. Una battuta di parte, certo. Roberto D’Amico ribatte: «La verità è che oggi nemmeno la trasparenza ha regole condivise. Ecco perché se ne sta discutendo moltissimo».

Detto questo, è da un po’ che gli anti-Pinocchio snocciolano dati. Su 585 trial americani iniziati prima del 2009, nel 2012 ben un terzo (percentuale che includeva la bellezza di 250mila studi di fase 1,2 e 3, dunque su esseri umani) risultava ancora non pubblicato. Nello stesso lasso di tempo, l’oblio ha caratterizzato più facilmente i trial finanziati dall’industria farmaceutica (32%) che quelli sostenuti da fondi pubblici (18%). Nel 2010, sempre negli Usa, il National Institute of Health ha segnalato che i trial pagati da Big Pharma nascevano già con una probabilità di risultare “degni di interesse” 20 volte più alta di quella degli studi indipendenti.

C’è poi chi ha calcolato che, globalmente nel mondo, circa il 50% delle sperimentazioni cliniche non vede diffusione. E c’è stato il clamoroso gran rifiuto dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, che se ne è uscito sbattendo la porta dal progetto Combacte, avviato l’anno scorso per sviluppare una molecola della GlaxoSmithKline che dovrebbe aggredire la resistenza batterica, compreso in una joint-venture tra gruppi di scienziati Ue e industria farmaceutica. In sintesi, un matrimonio pubblico-privato, accademia-industria.


GlaxoSmithKline

Ottimo per garantire e anche finanziare una ricerca sempre più complessa, lunga e costosa, secondo quanto sostenuto da Silvio Garattini, direttore dell’Istituto. Il quale però ha finito col contestare all’azienda l’ipercontrollo sulla sperimentazione e soprattutto la pretesa di decidere sulla condivisione e la pubblicazione dei risultati. «Non sarei contrario a questo tipo di collaborazioni. A patto che ci sia condivisione sull’identificazione dei quesiti su cui c’è incertezza, al fine di ridurla quest’incertezza, per il bene dei pazienti. E, ovvio, che non ci sia alcun vincolo sulla pubblicazione. In sintesi: le regole devono essere chiare prima dell’inizio dello studio», commenta Roberto D’Amico. «Pensiamo soprattutto alla ricerca indipendente, finanziata dalle istituzioni, che necessiterebbe di più fondi», continua.

La scienza riuscirà prima o poi a dettare l’agenda al business? Per il dottor Goldacre e per il movimento che gli vien dietro l’importante è che non si confezionino altre medicine miracolose per il Paese dei Balocchi. Tamiflu, certo, ma anche il dottor Goldacre,anche l’antidepressivo reboxetina (Davedax), dalle incredibili performance se confrontata con i placebo. O la paroxetina, altro antidepressivo, che negli Usa è stata prescritto off-label ai bambini, e cioè utilizzato in condizioni non previste dalla scheda tecnica del prodotto, e poi si è rivelato carica di inquietanti effetti collaterali (rischio di suicidio). O gli anti-aritmici simili alla lorcainide, 13 anni di guai evitabili se fossero state subito registrate e diffuse le performance via via sospette… Nell’elenco anche i trial per gli antiobesità Acomplia, della Sanofi-Aventis, e orlistat, una molecola commercializzata da Roche e Glaxo, e per l’antidolorifico Vioxx della Merck Sharp & Dohme

«Credo che quest’esigenza di trasparenza abbia dato il via a una nuova era della storia della medicina», dice Ben Goldacre. Che sa di vivere in un’epoca devota ai dati e di aver giocoforza convinto, non sempre con la massima spontaneità, certo, gran parte delle multinazionali del farmaco. In questo spalleggiato da un altro medico-star, il danese Peter C. Gøtzsche, leader del Nordic Cochrane Center, contestato contestatore dello screening mammografico contro il tumore al seno e del faraonico marketing delle aziende farmaceutiche (per le quali ha lavorato da giovane, sa quel che dice!). Di Gøtzsche sta tra l’altro arrivando in Italia, a primavera 2015, l’urticante bestseller Deadly Medicines and Organised Crime: How Big Pharma Has Corrupted Healthcare, per Giovanni Fioriti Editore. Ma attenzione, l’uno e l’altro, come del resto i firmatari di AllTrials, usano parole pesanti come macigni proprio perché nella medicina credono moltissimo. E non hanno niente a che fare con la diffidenza “oscurantista”. «Penso anzi che il complottismo puerile abbia fatto molto comodo a Big Pharma», ha proclamato Goldacre in un’intervista. Come dire: chiedere la trasparenza con i farmaci è ben diverso che prendersela coi vaccini.

*******PER SAPERNE DI PIÙ*******

Oltre a Effetti collaterali. Come le case farmaceutiche ingannano medici e pazienti di Ben Goldrake, pubblicato in Italia l’anno scorso, e a Farmaci
che uccidono e crimine organizzato. Come Big Pharma ha corrotto il sistema sanitario, di Peter C. Gøtzsche, anch’esso scritto nel 2013 e presto disponibile nella nostra lingua, sull’argomento ci sono altre letture interessanti. A cominciare dalla discussa Guida critica a 4.000 farmaci i più utili, inutili o dannosi per la nostra salute (Sonda), scritta dai due celeberrimi medici francesi Philippe Even e Bernard Debré, quelli che si sono scagliati anche contro il business delle statine.
Ma il grande classico resta Farma & Co. Industria farmaceutica: storie straordinarie di ordinaria corruzione (Il Saggiatore, 2006), scritto nel 2005
da Marcia Angell, classe 1939, prima e unica donna al timone del New England Journal of Medicine
e ancora oggi paladina della buona ricerca.

fonte La Repubblica
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Big Pharma e l’Influenza delle Industrie farmaceutiche

 

Case farmaceutiche e la stretta correlazione fra gli obiettivi della scienza medica e di profitto nel settore.

 

bigpharma

Nel corso degli ultimi dieci anni, i critici hanno sempre richiamato l’attenzione sull’influenza corrosiva dell’industria farmaceutica sia sulla ricerca biomedica che sulla pratica della medicina. 

I critici descrivono l’uso da parte del settore, di tecniche “non etiche” ,espandendo così i loro mercati ; questa è la  prova di come la scienza medica è fin troppo spesso subordinata agli obiettivi del profitto aziendale.

Noi non contestiamo questa prospettiva, sosteniamo però, che sia stato riconosciuta la stretta correlazione fra  gli obiettivi della scienza medica e di profitto del settore,i quali  ben si sposano l’un l’altro.

Come risultato, la scienza medica opera  per espandere le definizioni di malattia, con soglie diagnostiche più basse, come pure  nel progredire gli obiettivi di profitto aziendale attraverso la ridefinizione e l’espansione di ciò che significa essere malati.

Pensiamo che questo processo abbia portato ad una serie di problemi etici e altre pratiche preoccupanti da parte dell’industria farmaceutica.

Nella nostra conclusione, chiediamo  ai medici, studiosi di etica, e ad altri osservatori interessati, ad abbracciare una critica più radicale del rapporto tra scienza biomedica e del profitto aziendale.

fonte dell’articolo riportata di seguito

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/24919306/


ARTICOLO CORRELATO

Lasciate che la rivoluzione per la tutela del paziente,inizi.

I pazienti possono migliorare l’assistenza sanitaria

pazienti


Un centinaio di anni fa George Bernard Shaw ha criticato aspramente la professione medica,definendola  come una cospirazione contro i laici.


Nonostante le migliori intenzioni e l’abilità indiscussa di molti che lavorano in ambito medico, l’accesso alle cure, e la sua qualità, variano notevolmente, e la maggior parte delle persone nei paesi ricchi si ritrovano ad accedere ad una moltitudine confusa di  test e trattamenti, i cui meriti sono pubblicizzati e  i danni minimizzati.

I pazienti non sono informati sulle varie pratiche, sull’efficacia della loro cura, e del grado di incertezza medica. La pratica è formata da una base di ricerca medica incompleta,e nel peggiore dei casi di frode.

La conservazione delle burocrazie istituzionali, nonché i forti interessi professionali e commerciali, hanno sempre prevalso sull’ interesse dei pazienti. Il complesso industriale di sanità è accusato di aver perso il suo scopo morale. Questa corruzione dell’ assistenza sanitaria richiede una correzione urgente. Come meglio farlo senza ricorrere all’aiuto di coloro che il sistema dovrebbe servire,cioè i pazienti? Molto più che i medici, sono i pazienti a capire la realtà della loro condizione, l’impatto della malattia e del trattamento sulle loro vite, e di  come i servizi potrebbero essere meglio progettati per aiutarli.


I medici ed i pazienti devono lavorare insieme, se vogliamo davvero migliorare l’assistenza sanitaria ,sfidando e superando le pratiche errate e profondamente radicate . L’iniziativa saggiamente scelta dagli Stati Uniti (www.choosingwisely.org/) crea questa collaborazione fra  pazienti e medici , per identificare e ridurre l’uso di interventi ingiustificati e inefficaci.

Gruppi di discussione di pazienti, assistenti e medici guidati da James Lind Alliance nel Regno Unito, e il Patient Centered Outcomes Research Institute negli Stati Uniti, stanno facendo luce sulle mancate risposte alle domande che i pazienti ,medici e ricercatori stanno indagando. Discussioni congiunte hanno contribuito a costruire un database di incertezze circa gli effetti del trattamento (www.library.nhs.uk/duets/ ).

I pazienti e i medici stanno anche collaborando per progettare nuovi servizi e sistemi informativi (www.radboudreshapecenter.com ).

Un numero crescente di organizzazioni sanitari sta dando accesso ai pazienti, anche sul controllo delle loro cartelle cliniche. Presso la Mayo Clinic ,un’ applicazione gratuita offre ai pazienti l’accesso completo alle loro cartelle cliniche, referti patologici, e rapporti di radiologia; ci sono guide sul come e perché impegnarsi assieme ai pazienti ( http://epatientdave.com/let-patients-help/ ).

Alcuni pazienti  già agiscono attivamente per la causa( http://participatorymedicine.org ).

Esistono queste comunità anche online,in cui i pazienti si incontrano, parlano,si sostengono, si informano.

Essi forniscono inoltre una ricca e ancora in gran parte inutilizzata risorsa di apprendimento per gli operatori sanitari. Gli esempi includono healthunlocked.com, healthtalkonline, rawarrior.com, e cancergrace.org  (www.bmj.com/podcast/2013/04/29/dying-patients-hospital-e-patients-online ). Ci sono lezioni  tra conversazioni in clinica e le preoccupazioni dei pazienti che condividono con i loro coetanei.

L’impegno del paziente è visto come un modo per aiutare i sistemi sanitari a diventare sostenibili. Alcuni hanno sostenuto che è la “droga del successo del secolo” e consegnerà i dividendi equivalenti.

Ma la partnership con i pazienti deve essere vista come molto più che l’ultimo percorso per l’efficienza sanitaria. Si tratta di un cambiamento fondamentale nella struttura di potere nella sanità e di una rinnovata attenzione sulla missione principale dei sistemi sanitari. 

Dobbiamo accettare il fatto che le competenze in materia di salute e di malattia siano al di fuori quanto dentro gli ambienti medici e che lavorando fianco a fianco i pazienti, le loro famiglie, le comunità locali, si riuscirà a migliorare la sanità. Questa rivoluzione, richiede la partecipazione congiunta alla progettazione e attuazione di nuove politiche, sistemi e servizi, così come nel processo decisionale clinico.

Molto resta ancora da scoprire, valutare, e realizzare, per raggiungere una collaborazione significativa con i pazienti. Vi è anche la necessità di incorporare il processo decisionale condiviso, in base alle preferenze individuali dei pazienti nella pratica di routine.

Potrete visionare qui la riunione avuta a giugno in Perù (www.isdm2013.org )


Da parte sua il BMJ sta intensificando il suo impegno sulla partnership con i pazienti.Abbiamo già una raccolta online di articoli sul processo decisionale condiviso e una biblioteca crescente di articoli  . Ora vogliamo sviluppare una strategia di collaborazione con il paziente ,e abbiamo intenzione di istituire un gruppo di pazienti e medici per aiutarci .

E ‘stato detto che la sanità non migliorerà fino a quando i pazienti non svolgeranno un ruolo di primo piano.

Riferimenti

  1. GRATIS Full Text
  2. GRATIS Full Text
  3. GRATIS Full Text
  4. GRATIS Full Text
  5. GRATIS Full Text
  6. GRATIS Full Text
  7. GRATIS Full Text
  8. GRATIS Full Text

fonte dell’articolo riportata di seguito

http://www.bmj.com/content/346/bmj.f2614

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Perquisizioni della Guardia di finanza nella sede dell’Aifa

Inchiesta Avastin-Lucentis, perquisizioni della Guardia di finanza nella sede dell’Aifa


I finanzieri hanno acquisito documenti dell’Agenzia italiana per il farmaco nell’ambito dell’inchiesta sul cartello tra le per falsare la concorrenza sul mercato

  5 giugno 2014


Inchiesta Avastin-Lucentis, perquisizioni della Guardia di finanza nella sede dell’Aifa

Nei giorni scorsi il ministero della Salute aveva chiesto alle multinazionali del farmaco Novartis, Roche e Hoffmann, un risarcimento da 1,2 miliardi di euro  per comportamenti anticoncorrenziali relativi alla commercializzazione dei medicinali per gli occhi.

 

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Grazie all’Antitrust si era scoperto il cartello tra le due società svizzere per sponsorizzare Lucentis (farmaco al prezzo di 900 euro) al posto di Avastin (81 euro). Il patto avrebbe causato una danno di 45 milioni di euro al sistema sanitario nazionale italiano solo nel 2012.

Nelle scorse ore la multinazionale Roche Spa aveva fatto sapere di non aver mai ricevuto la richiesta di risarcimento. Notizia subito smentita dal ministero.

La big pharma ha ribadito di non aver pagato la multa e di ”attendere con fiducia” l’udienza innanzi al TAR Lazio per la vicenda del cartello, sanzionato dall’Antitrust. L’azienda ha ricordato che “non esiste alcuna richiesta di risarcimento” da parte del ministero della Salute” e che la Corte Costituzionale afferma la competenza esclusiva di AIFA nella rimborsabilità delle indicazioni non autorizzate.

In data 28 Maggio il TAR Lazio ha fissato per il 5 Novembre 2014 la data per l’udienza di merito del ricorso di Roche SpA, che pertanto potrà essere valutato in modo approfondito prima che siano decorsi i termini che rendono obbligatorio il pagamento della sanzione.

Roche ricorda anche che la Corte Costituzionale afferma la competenza esclusiva di AIFA nella rimborsabilità delle indicazioni non autorizzate, così come ribadito con una sentenza pubblicata il 29 Maggio 2014.

Il ministero ha smentito dopo poche ore: “In merito a quanto diffuso da organi di informazione”, si legge nella nota, “circa una mancata richiesta di risarcimento del ministero nei confronti della Società Roche Spa relativamente al caso Avastin-Lucentis, si precisa che il ministero della Salute ha provveduto già da diversi giorni ad inoltrare alla Roche Spa, alla Novartis Farma Spa e alla Pfizer Italia Srl specifici atti di diffida e messa in mora, con efficacia anche di atti interruttivi della prescrizione, con richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali arrecati al Servizio sanitario nazionale”.

 

QUI RIPORTATO LA FONTE

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/05/inchiesta-avastin-lucentis-perquisizioni-della-guardia-di-finanza-nella-sede-dellaifa/1014323/

 

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