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Diabete e vaccinazioni: quale relazione?

Diabete e vaccinazioni: quale relazione?

Numerosi studi in letteratura suggeriscono una correlazione tra alcuni tipi di vaccinazione come l’antiparotite, l’antihaemophilus, l’antipertosse e l’antiepatite B e il diabete di tipo I…

 02/12/2013 


diabete-infantile-sintomi-cura-cause

 

Il diabete infantile è una drammatica patologia che purtroppo negli ultimi anni sta invariabilmente aumentando in tutti i paesi sviluppati del mondo.

I numeri cambiano a seconda della regione considerata, della genetica e delle abitudini alimentari conseguenti e si può andare dai 37 casi su 100.000 della Sardegna o della Finlandia ai 24 casi su 100.000 del Canada. Il dato sconcertante, tuttavia, che vale a livello mondiale è l’aumento costante del 3-4% annuo di bambini colpiti (1).

Quando si manifesta in giovane e giovanissima età, questa malattia ha le caratteristiche del cosiddetto diabete di tipo I insulino-dipendente. È la tipologia più difficile da curare e che incide anche fortemente sulla qualità della vita del futuro adulto, con tutto il suo corollario di conseguenze e danni ad altri organi che esso normalmente comprende.

Solitamente è comunemente accettato che in caso di diabete di tipo I, malattia autoimmune caratterizzata dalla distruzione delle cellule beta del pancreas, il pancreas non sia più in grado di sintetizzare da solo l’insulina che serve all’organismo. Per questo, la dipendenza dall’aggiunta artificiale di questo ormone è pressoché perenne per il paziente, anche se ci sono oggi terapie dietetiche in grado di ridurre grandemente questa integrazione, senza contare che iniziano ad esserci alcuni studi che mirano a verificare se la disfunzione del pancreas sia davvero irrecuperabile o meno.

Le cause del diabete infantile sono costituite da un insieme di fattori di tipo genetico, ambientale e immunologico. Dal punto di vista genetico le ricerche sostengono che se un bambino ha un parente di primo grado con il diabete di tipo I ci sono il 5-10% di probabilità che anch’egli sviluppi la malattia (2). E per il resto?

Obesità e dieta

Le ipotesi fatte in questi anni sono molte e per alcune ci sono ovviamente più riscontri che per altre. L’obesità e il sovrappeso nei bambini è sicuramente un fatto che non è possibile negare nei paesi occidentali e i dati sono allarmanti. Per fare un esempio, a New York metà degli alunni delle elementari sono sovrappeso e circa uno su quattro è obeso (3). In Italia la percentuale di bambini e adolescenti in sovrappeso od obesi è del 24,2% (4).

È tutta una società che va incontro a un declino. E di fare movimento non se ne parla neanche a livello infantile e tv, computer e videogiochi la fanno da padrone anche per la maggior parte della giornata dei piccoli europei. Senza contare le migliaia di spot pubblicitari inerenti il cibo spazzatura che molti bimbi ingoiano con gli occhi mentre sorbiscono sostanze nefaste ipnotizzati sul divano.

Ma un alimento su cui ci sono dirette correlazioni con lo scatenamento del diabete infantile è un cibo alquanto insospettato e di comunissimo uso. Si tratta del latte vaccino. Infatti alcuni studi hanno scoperto che c’è una correlazione significativa tra anticorpi alle proteine del latte vaccino (soprattutto l’albumina sierica bovina) e l’insorgenza di diabete di tipo I (5).

I bambini con il diabete di tipo I molto spesso sono bimbi che sono stati allattati al seno per meno di tre mesi e che sono stati esposti precocemente al latte di mucca, prima dei quattro mesi. Alcuni studi hanno dimostrato che i bambini che sono alimentati con latte vaccino pastorizzato prima dei tre mesi di vita hanno una probabilità undici volte maggiore di sviluppare il diabete di tipo I (6).

Il New England Journal of Medicine ha pubblicato nel 1992 i risultati di una ricerca canadese e finlandese che ha preso in considerazione le analisi del sangue di 142 bambini cui era stato diagnosticato il diabete di tipo I. Nella maggior parte di questi bambini sono stati rilevati anticorpi ad alcune proteine del latte di mucca ed essi hanno una reazione crociata con le cellule beta del pancreas (7).

In Svezia, Finlandia ed Estonia è stato condotto uno studio su 242 bambini a rischio diabete per cause genetiche (ognuno di essi aveva un parente di primo grado già con la patologia). Dopo l’allattamento al seno, al momento dello svezzamento è stato dato alle madri un latte artificiale particolare in cui le proteine erano state ridotte a singoli amminoacidi. Alle altre famiglie di controllo invece è stato permesso di utilizzare latte vaccino normale. Il risultato è stato che i bimbi alimentati con latte speciale hanno avuto meno probabilità di sviluppare anticorpi anti-cellule beta con una diminuzione del rischio del 62% (8).

Il dottor Gabriel Cousens, esperto di diabete, cita anche altri studi altrettanto interessanti e schiaccianti in tema (9): «Nel 2002, in uno studio che ha coinvolto diverse famiglie in quindici Paesi, i ricercatori hanno scoperto che proteine anche di grandi dimensioni riescono a passare attraverso le placche di Peyer nell’intestino tenue e nell’intero organismo anche negli adulti. Lo studio ha mostrato che anche le madri che bevono latte vaccino possono passare gli antigeni del latte vaccino ai loro figli.

Nel 1991 un team di ricercatori ha inoltre scoperto che le proteine del latte vaccino ingerite dalle madri che allattano passano ai figli attraverso il latte materno (10). Nel 1994 l’American Academy of Pediatrics diffuse un rapporto sull’argomento dopo avere indagato sull’associazione tra proteine del latte vaccino e insorgenza del diabete di tipo I nei bambini. Sulla base di oltre novanta studi, si può dunque affermare che il rischio della malattia potrebbe essere ridotto nei neonati se non fossero esposti alle proteine del latte vaccino precocemente (11)».

Le vaccinazioni


VACCINIRITIRATI

Ma una causa scatenante ancor più insospettata (e però potente) e su cui vorremmo soffermarci – vista la gravità della questione – sono le vaccinazioni infantili.

Da tempo i ricercatori stanno studiando la correlazione vaccinazioni-diabete infantile, ma nel 1996 uno studio pubblicato sul New Zealand Medical Journal ha aperto nuove e più chiare direttrici.

Il dottor Bart Classen, dell’Istituto di Ricerche Immunoterapiche di Baltimore, negli USA, ha infatti riportato su quella rivista scientifica un aumento del 60% del diabete di tipo 1 in seguito a una campagna di vaccinazione di massa antiepatite B tenutasi tra il 1988 e il 1991 proprio in Nuova Zelanda. Il dottor Classen ha seguito e analizzato 100.000 bambini neozelandesi dal 1982 al 1996 e ha scoperto che prima della campagna vaccinale l’incidenza del diabete era di 11,2 casi su 100.000 bambini all’anno, mentre dopo la campagna era salita a 18,1 casi per 100.000 bambini l’anno (12).

La spiegazione normalmente addotta è che i virus, persistenti nell’organismo mesi o anni dopo la vaccinazione, possono giocare un ruolo nella distruzione delle cellule beta pancreatiche o nello scatenamento della risposta autoimmune. Inoltre le tossine virali possono costituire un danno cumulativo alle cellule del pancreas.

Ma se da una parte ci sono numerosi studi in letteratura che suggeriscono una correlazione tra alcuni tipi di vaccinazione come l’antiparotite, l’antihaemophilus, l’antipertosse e l’anitiepatite B e il diabete di tipo I (13), allo stesso tempo le autorità scientifiche sono molto caute. Lo stesso Institute of Medicine of the National Academies, organismo scientifico degli USA, sostiene che questa patologia è multifattoriale e che probabilmente il vaccino ha affetti scatenanti ma su condizioni già squilibrate .

Ciò nonostante, i lavori effettuati da Classen e figlio (il dottor David, responsabile Divisione malattie infettive dell’LDS Hospital di Salt Lake City) sono abbastanza incontrovertibili così come quelli del dottor Ethan Shevach dei NIH.

Secondo i vari lavori dei Classen si può affermare che:


  • – l’80% dei casi di diabete infantile di tipo I si rileva in bambini che hanno subito la somministrazione di vaccini combinati dopo i primi due mesi di vita; questo diabete si può manifestare anche sino a quattro anni dopo il ciclo vaccinale;

  • – il rischio di diabete di tipo I è di 65 casi ogni 100.000 vaccinati, per cui più aumenta la copertura vaccinale per determinate malattie e più aumentano i casi di diabete infantile (circa 300 casi in più l’anno per un paese come l’Italia calcolando solo la vaccinazione antiemofilo);
  • – i vaccini possono anche influire sulla genesi del diabete di tipo II;
  • – asma, allergie e malattie immunologiche sono altre conseguenze delle vaccinazioni che non vanno considerate come eventi rari (15).

Va ricordato inoltre lo studio del dottor Shevach, che già nel 1998 ha dimostrato come i vaccini a DNA ricombinante aumentano il rilascio di interleuchina 14 causando patologie autoimmuni (16).

E se non si vuole sposare la teoria dei Classen per cui le vaccinazioni sono la maggiore causa di diabete insulinodipendente nei bambini (17), si dovrebbe perlomeno utilizzare il principio di precauzione, analizzando per bene la questione anche sulla base di altri studi che comunque hanno comprovato molto bene la correlazione tra immunizzazione artificiale e conseguente diabete infantile.

Possiamo a tal fine citare ricerche svedesi, finlandesi, inglesi e statunitensi che appunto correlano diversi tipi di vaccinazione quali l’antihaemophilus di tipo b, la antiparotite, l’antiepatite B e persino l’antipolio al diabete insulino-dipendente (18). I costi in termini umani ed economici di queste campagne vaccinali sono davvero enormi e pesano sia sulle singole famiglie, che si ritrovano colpite da questa invalidità permanente, che sulle casse della società nel suo insieme.

Sarebbe opportuno che sempre più medici e genitori iniziassero a riflettere su queste dinamiche immunologiche, valutando perlomeno dove si verifica il punto di sorpasso, ossia dove i rischi di un vaccino superano abbondantemente i rischi della malattia stessa per cui ci si vuole immunizzare (19).

 

 

Note (1) Azienda provinciale per i servizi sanitari, Provincia autonoma di Trento, “L’influenza del diabete mellito di tipo 1 (insulino-dipendente) in provincia di Trento – Trend 1998-2002”, Osservatorio Epidemiologico APSS Trento, Trento, luglio 2004, a cura di Piffer, Silvano, Franchini, Silva, Bianchi, Livia, Kaisermann, Daniela. (2) Foster, D.W., “Diabetes mellitus”, in Braunwald, E., Isselbacher, K.J., Petersdorf, R.G. et al. (a cura di), Harrison’s principles of internal medicine, undicesima edizione, McGraw-Hill, New York, 1998, pp. 1778-1781. (3) Cousens, Gabriel, Curare il diabete in 21 giorni, Macro Edizioni, Cesena, 2010, p. 34. (4) Brescianini, S. (Istituto superiore di sanità), Gargiulo, L. (Istat), Gianicolo, E. (Istat), “Eccesso di peso nell’infanzia e nell’adolescenza”, Convegno ISTAT, settembre 2002. (5) Karjalainen J, Martin J, Knip M et al., “A bovine albumin peptide as a possible trigger of insulin-dependent diabetes”, N. Eng. J. Med., vol. 327, 1992, pp. 302-307; Saukkonen, T., Savilahti, E., Madascsy, L. et al., “Increased frequency of IgM antibodies to cow’s milk proteins in Hungarian children with newly diagnosed insulin-dependent diabetes mellitus”, Eur. J. Pediatr., vol. 155, 1996, pp. 885-889; Saukkonen, T., Savilathi, E., Landin-Olsson, M. e Dahlquist, G., “IgA bovine serum albumin antibodies are increate i newly diagnosed patients with insulin-dependent diabetes mellitus, but the increase is not an independent risk factor for diabetes”, Acta Paediatr., vol. 84, 1995, pp. 1258-1261; Vahsalo, P., Petays, T., Knip, M. et al., “Relation between antibodies to islet cell antigens, other autoantigens and cow’s milk protein in diabetic children and unaffected siblings at the clinical manifestation of IDDM. The Childhood Diabetes in Finland Study Group”, Autoimmunity, vol. 23, 1996, pp. 165-174. «Nel diabete di tipo 1 le cellule beta del pancreas vengono distrutte da una sorta di processo infiammatorio. Le ricerche suggeriscono che il 75-90% dei malati abbia un titolo anticorpale più alto contro le proprie cellule beta. Questi anticorpi anti-cellule beta sembrano essere correlati con il latte vaccino. Due specifiche proteine del latte causano una reazione crociata con le cellule beta del pancreas. Bere latte nei primi mesi di vita è stato correlato con un’incidenza da 11 a 13 volte maggiore di diabete di tipo 1 rispetto a chi non beve latte con riguardo a bambini geneticamente predisposti svezzati prima dei tre mesi». Cfr. Cousens, Gabriel, op. cit. pp. 74-75. (6) Diabetes, vol. 42, 1993, pp. 288-295. (7) Karjalainen, J., Martin, J., Knip, M. et al., op. cit. (8) Akerblom, H.K. et al., Dietary manipulation of beta cell autoimmunity in infants at increased risk of type 1 diabetes: a pilot study“. Diabetologia, vol. 48, 2005, pp. 829-837. (9) Cousens, Gabriel, op. cit., p. 115. (10) Clyne, P.S. e Kulczycki. Jr. A., “Human breast milk contains bovine IgG: relationship to infant colic?”, Pediatrics, vol. 87, 1987, pp. 439-444. (11) American Academy of Pediatrics Work Group on Cow’s Milk Protein and Diabetes Mellitus. “Infant feeding practices and their possible relationship to the etiology of diabetes mellitus”, Pediatrics, vol. 94, 1994, pp. 752-754. (12) National Vaccine Information Center, “Juvenile diabetes and vaccination: new evidence for a connection”, http://www.909shot.com/Diseases/juvenilediabetes.htm. Cfr. Classen, J. Barthelow, “Childhood immunization and diabetes mellitus”, New Zealand Journal of Medicine, vol. 109, n. 1022, 24 maggio 1996, p. 195. (13) Cfr. Champsaur, H.F., Bottazzo, G.F, Bertrams, J. et al., “Virologic, immunologic, and genetic factors in insulin-dependent diabetes mellitus”, Journal of Pediatrics, vol. 100, 1982, pp. 15-20. (14) Stratton, Kathleen et al., Adverse events associated with childhood vaccines: evidence bearing on causality, National Academic Press, Washington D.C., 1994, p. 188. (15) Classen, J.B e Classen, D.C., “Clustering of cases of IDDM occurring 2-4 years after vaccination is consistent wth clustering after infections and progression to IDDM in autoantibody positive individuals”, Journal of Pediatric Endocrinology and Metabolism, vol. 16 (4), 2003, p. 495; Classen, J.B e Classen, D.C., “Clustering of cases of insulin dependent diabetes (IDDM) occurring three years after Haemophilus influenza B (HiB) immunization support causal relationship between immunization and IDDM”, Autoimmunity, vol. 35, 2002, p. 247. Classen, J.B., Classen, D.C. e White, H., “Association between type I diabetes and Hib vaccine”, British Medical Journal, vol. 319, 1999, p. 1133. (16) Benatti, Claudia, Ambrosi, Franco e Rosa, Carla, Vaccinazioni tra scienza e propaganda, Il leone verde, Torino, 2006, p. 76. (17) Conferenza internazionale sulle vaccinazioni, Arlington, USA, 11 settembre 2000, citata in Benatti, Claudia, Ambrosi, Franco e Rosa, Carla, Vaccinazioni tra scienza e propaganda, cit., p. 76. (18) Peltola, H., Kayhty, H., Sivonen, A., Makela, H., “Haemophilus influenza type B capsular polysaccharide vaccine in children: a double blind field study of 100.000 vaccines 3 months to 5 years of age in Finland”, Pediatrics, vol. 60, 1977, pp. 730-737, DeStefano, F. et al., “The timing of hepatitis B immunization and risk of insulin dependent diabetes mellitus”, Pharmacoepidemiology and Drug Safety, vol. 6 (suppl.), 1998, pp. S2-S60; Dokheel, T.M., “An epidemic of childhood diabetes in the United States”, Diabetes Care, vol. 16, 1993, pp. 1606-1611; Gardner, S. et al., “Rising incidence of insulin dependent diabetes in children under 5 years in Oxford region: time trend analysis”, British Medical Journal, vol. 315, 1997, pp. 713-716; Wahlberg, J, Fredriksson, J. et al., “Vaccinations may induce diabetes-related autoantibodies in one-years-old children”, Ann. N.Y. Acad. Sci., vol. 1005, novembre 2003, pp. 404-408; Hiltunen. M., Lönnrot, M., Hyöty, H., “Immunization and type I diabetes mellitus: is there a link?”, Drug Safety, vol. 20, n. 3, marzo 1999, pp. 207-212. (19) Si veda a tal fine l’ottimo ed esauriente libro del dottor Roberto Gava, Le vaccinazioni pediatriche. Revisione delle conoscenze scientifiche, Salus Infirmorum, Padova, 2008.

Fonte

http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/diabete-e-vaccinazioni-quale-relazione.php

 

****AGGIORNAMENTO NOVEMBRE 2014****


STUDIO

Aumento di diabete di tipo 1 e malattie autoimmuni in un momento in cui l’epidemia di obesità è in calo tra i bambini.


  • http://omicsonline.com/…/vaccine-induced-immune-overload-an…

 

 

 

 

 

 

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Vaccinazioni: un danno al sistema immunitario

Le ricerche più aggiornate sui danni da vaccino

Vaccinazioni: un danno al sistema immunitario

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Nuove Conoscenze sul Sistema Immunitario e Conseguenze a Medio e Lungo Termine dell’Utilizzo dei Vaccini

Il dott. Heinrich Kremer è medico e ricercatore e insieme al Dott. Stefan Lanka fondò a suo tempo REGIMED, un gruppo di ricerca scientifica che si avvaleva della collaborazione di scienziati, medici e giornalisti.

Il dott. Kremer è stato uno dei primi medici ad occuparsi di AIDS in Germania dove ha rivestito la carica di Direttore dell’Ospedale interregionale per le malattie legate alle tossicodipendenze e quella di incaricato ministeriale della politica sanitaria per le tossicodipendenze in cinque “lands” tedeschi (compresa la città di Berlino) proprio grazie alla sua trentennale esperienza nell’ambito delle droghe.

Qui di seguito anticipiamo un estratto da un suo recente e approfondito studio sulle dinamiche dell’aggressione che i vaccini compiono a danno del sistema immunitario. Lo studio in versione integrale probabilmente sarà pubblicato da questa stessa editrice.

Gli studi su cui il dott. Kremer basa le sue ricerche mettono in luce quanto siano antiquati i fondamenti su cui si impernia la teoria vaccinale. Oggi, grazie a ciò che Kremer documenta e che oramai sappiamo sul sistema immunitario, è palese che la tecnica di produzione e di inoculazione dei vaccini si rivela priva di fondamento scientifico e di elementi che la sostengono, soprattutto quando pretende di trattare ogni neonato o bambino con la stessa dose, le stesse sostanze e alla stessa età indipendentemente dalle particolari specifiche caratteristiche biologiche di razza, gruppo sanguigno, eredità genetica ecc.

Questo preteso rimedio universale è tanto amato dai ciarlatani e dall’industria di massa per gli innegabili vantaggi che esso comporta: ovviamente, produrre un milione di “pezzi” tutti uguali è molto più facile e redditizio che produrre un milione di “pezzi” tutti diversi.

Secondo gli studi citati da Kremer, il sistema immunitario umano ha avuto un’evoluzione nel corso dei millenni in conseguenza dei nuovi stimoli dovuti a variazioni ambientali esterne, come ad esempio la comparsa dei vermi.

In origine, dice Kremer, il sistema difensivo umano era costituito esclusivamente da cellule di tipo T (linfociti T), prodotte dalla ghiandola del timo, che funzionavano bene sui virus che aggredivano l’organismo neutralizzandoli con l’emissione di un gas venefico, il monossido di azoto.

Con la comparsa di microorganismi più grandi (i vermi), dato che l’emissione di una quantità adeguata di gas letale avrebbe compromesso la funzionalità di un numero consistente di cellule anche non infettate, conducendo quindi a un indebolimento dell’organismo e poi al suo soccombere, il sistema immunitario iniziò a produrre un altro tipo di cellule difensive, le cellule immunitarie B, prodotte a partire dal midollo osseo, che intervengono attraverso una reazione anticorpale e distruggono gli aggressori più grandi che si introducono nel nostro corpo.

Un’evoluzione analoga ha caratterizzato il sangue umano. Inizialmente esisteva solo il gruppo sanguigno di tipo 0 (zero), quello dei cacciatori carnivori preistorici. In seguito si sono aggiunti i gruppi A, B e AB, propri delle popolazioni di agricoltori stanziali ad alimentazione prevalentemente vegetale che seguirono l’epoca dei cacciatori-raccoglitori.

Kremer dimostra, dunque, che a seconda del gruppo sanguigno posseduto e a seconda della predominanza di un tipo di cellule immunitarie (o T o B) ci sono reazioni diverse all’aggressione da parte di virus o di altre sostanze tossiche per l’organismo.

È ormai noto che gli individui con gruppo sanguigno di tipo 0 hanno di consueto forti reazioni immunitarie con cellule di tipo T, per cui di fronte ad una vaccinazione a virus vivi (tipo l’antipolio Sabin o l’antimorbillosa) reagiranno violentemente, talvolta con gravi conseguenze (paralisi, meningite, anafilassi ecc.), senza però poi manifestare altre patologie a lungo termine (sebbene lo stress vaccinico possa costituire in questo caso l’atto di partenza di malattie degenerative come il diabete o la sclerosi multipla).

Gli appartenenti agli altri tre gruppi, invece, hanno solitamente forti reazioni di tipo anticorpale (con cellule immunitarie di tipo B) e quindi di fronte alle vaccinazioni reagiranno con una maggiore “sopportazione” nell’immediato e a breve termine, salvo poi, al contrario, manifestare nel lungo periodo patologie altrettanto gravi come asma, neurodermiti, allergie, poliartrite cronica ecc. dovute ad un eccesso di produzione di anticorpi conseguente lo shock della stimolazione artificiale del sistema immunitario.

sistema immunitario

Il Sistema Immunitario

Il sistema immunitario (S.I.) dell’uomo adotta due tipologie di strategie nei confronti delle sostanze estranee. Una cosiddetta del tipo 1 e l’altra del tipo 2.La prima (tipo 1), quella più antica, è espressa dalle cellule immunitarie T ed è altamente specializzata per difendersi da virus, batteri intracellulari (come quello della malaria) e protozoi; virus, batteri e protisti che si insediano prevalentemente all’interno delle cellule umane, dando origine alle cosiddette infezioni intracellulari. “L’arma”, che le cellule T utilizzano per eliminare le cellule infettate, è il monossido di azoto (NO): un gas a struttura molecolare molto piccola e particolarmente reattivo, che riesce ad oltrepassare la membrana cellulare e, una volta penetrato all’interno, altera la catena di respirazione dei mitocondri, una categoria di organelli vitali per la sopravvivenza e l’equilibrio della cellula stessa.

Dato che il gas NO è particolarmente reattivo (tossico), vi è nell’organismo un delicato equilibrio tra questo gas e le sostanze antiossidanti che riescono a neutralizzarlo rendendolo così innocuo per le cellule sane.

Nel corso dell’evoluzione, a partire dalla comparsa dei vertebrati, comparve una nuova classe di microbi: i vermi. I vermi erano (e sono), in genere, di dimensioni molto più grandi dei parassiti fino ad allora conosciuti ed il sistema immunitario delle cellule T non era in grado di rispondere efficacemente ad agenti microbici che aumentavano in dimensione. Si sviluppò così l’altra strategia di difesa (la tipo 2) attraverso gli anticorpi o, in generale, attraverso le cellule immunitarie B prodotte a partire dal midollo osseo. Le cellule B reagiscono infatti a sostanze estranee di grandi dimensioni e alle sostanze tossiche (risposta anticorpale). Per esempio, i vaccini che non contengono virus vivi attenuati (come l’antitetanica e l’antipolio Salk), stimolano una risposta anticorpale, mentre i vaccini a virus vivi (come l’antipolio Sabin e l’antimorbillosa) stimolano le cellule T per ottenere una maggior produzione di gas letale e quindi un’intensificazione dell’immunità intracellulare.

I due tipi di meccanismi di difesa (tipo 1 e tipo 2) del S.I. interagiscono profondamente e il corretto funzionamento di quest’ultimo dipende proprio dal delicato equilibrio tra immunità intracellulare e risposta anticorpale. Se vi fosse, ad esempio, uno sbilanciamento verso il tipo 1, a sfavore quindi dell’immunità anticorpale (tipo 2), vi sarebbe il rischio di contrarre malattie autoimmunitarie; uno sbilanciamento invece verso il tipo 2 (un maggior numero di anticorpi in conseguenza di una risposta anticorpale eccessiva) provocherebbe un maggior rischio di malattie di tipo allergico.


gruppo-sanguigno

 

Reazione in rapporto al gruppo sanguigno

Benché sia insufficiente la ricerca ufficiale a questo livello, è noto che la reazione alla vaccinazione dipende anche dal gruppo sanguigno. Il gruppo sanguigno più frequente è lo zero (0) e si sa che i bambini con questo gruppo sanguigno possono manifestare una forte reazione vaccinale del tipo 1, soprattutto in caso di vaccinazione con virus vivi attenuati, quindi con vaccini antivirali.

I bambini, invece, che hanno gruppo sanguigno A e AB, possiedono una tolleranza relativamente buona, senza reazioni violente manifeste. Se per A ed AB è relativamente buona la tolleranza, il gruppo B ha una particolare predisposizione alle reazioni post-vaccinali di tipo neurotossiche.

Nel gruppo 0, quindi, con una vaccinazione a virus vivo, viene potenziata l’immunità cellulare. Negli altri gruppi: A, B e AB, vi è invece una reazione di tipo 1 molto debole. La conseguenza di questo debole potenziamento dell’immunità cellulare non permette un’efficace soppressione degli agenti patogeni (in genere virus) introdotti con la vaccinazione. In questo modo si rischia di indurre un’infezione sub-cronica che può manifestarsi anche molto tempo dopo.

Inoltre c’è il rischio di perdere l’efficacia dell’immunità cellulare anche in età adulta o molto avanzata. Ad esempio, una poliartrite cronica può comparire all’età di 35 anni, come pure un’infezione da morbillo dove i sintomi non sono tipici (atipici) e che quindi, molto spesso, non viene neanche riconosciuta come tale. Ovviamente, tutte queste affermazioni sono abbastanza relative perché la ricerca è molto scarsa in questo campo.

Gli antigeni1 dei gruppi sanguigni presenti sugli eritrociti2 non sono proteine, come in altri casi, ma molecole di glucosio (zucchero) e sono i più forti antigeni nel nostro organismo. Perciò gli antigeni, sostanze che possono attivare reazioni immunitarie, non devono necessariamente essere delle proteine. In linea di principio, tutte le molecole possono essere antigeni, anche i metalli, come ad esempio il mercurio, contenuto in determinati vaccini3. Le reazioni agli agenti esterni (tossine, organi trapiantati, vaccinazioni ecc.) sono quindi individuali: nessuno avrà la stessa reazione alle sostanze estranee.

Per fare alcuni esempi di reazioni in rapporto al gruppo sanguigno, il gruppo B ha una maggior reazione di tipo neurotossica; quindi maggior pericolo di danni neurologici se viene praticata una vaccinazioni contenente sostanze neurotossiche come il mercurio ed altri additivi. Il gruppo A è sensibile al sistema gastro-intestinale, di conseguenza sarebbe meglio evitare vaccini vivi (presi per via orale). Poiché nel periodo prenatale vi è anche un maggiore rischio neurotossico sarebbe meglio evitare tutte le vaccinazioni.

Com’è noto, vi sono quattro principali gruppi sanguigni: 0, A, B e AB. Il più frequente, come si è detto, è il gruppo sanguigno 0. 0, A, B e AB è l’ordine decrescente in termini di frequenza dei gruppi sanguigni in Europa (0>A>B>AB). Due sono i principali gruppi di persone che possono essere differenziate in base al gruppo sanguigno. Il primo gruppo appartiene al gruppo sanguigno 0; l’altro gruppo ai restanti gruppi sanguigni: A, B e AB.

Si è visto che il gruppo 0 ha una buona e forte reazione post-vaccinale del tipo 1 (stimolazione dell’immunità cellulare). Il secondo gruppo (con gruppi sanguigni A, B e AB) ha una migliore tolleranza al vaccino.

Il gruppo sanguigno 0 è quello più antico nella storia dello sviluppo dell’uomo. Apparteneva ai cacciatori, ai mangiatori di carne, circa 35 mila anni fa, cioè all’uomo di Neandertal, il Cro-Magnon. Il gruppo A apparteneva ai contadini, agricoltori che si insediavano da qualche parte sul territorio, la cui alimentazione era più indirizzata verso i cereali che non verso la carne. Una delle differenze fra i gruppi sanguigni 0 ed A, è la diversità delle molecole di glucosio che fungono da antigeni: vi è una molecola in più.

Dato che gli antigeni del proprio organismo non sono uguali per tutti, la reazione alle sostanze estranee (come una vaccinazione) sarà diversa, ed in prima approssimazione, lo sarà in funzione ai gruppi sanguigni. L’importante qui è sapere che il gruppo A ha una forte reazione del tipo 2 ed ha anticorpi nei confronti del gruppo B, mentre il gruppo 0 ha anticorpi contro il gruppo sanguigno A e B. Il gruppo A sopporta meglio le vaccinazioni. E quando si dice sopporta meglio, i parametri con cui si misura questo “meglio” sono solamente le conseguenze acute a breve termine. Questo per il fatto che il gruppo A ha una maggiore immunità a livello di anticorpi.

Vi è quindi già una differenza fra la vaccinazione di un bambino con gruppo sanguigno 0 e uno con gruppo A. Tutti, invece, vengono ufficialmente vaccinati allo stesso momento, con lo stesso vaccino, con la stessa dose e con la stessa modalità di somministrazione. Della differenza fra i gruppi non se ne parla minimamente, nemmeno tra quelli che sono contro le vaccinazioni.

Perché è importante tutto questo discorso sui gruppi sanguigni? Si è visto che nelle persone con gruppo A l’incidenza dei tumori è maggiore rispetto a quelli del gruppo 0, benché il gruppo 0 sia molto più rappresentato rispetto a quello A.

Da studi e ricerche a questo proposito, per le persone con gruppo 0 che hanno un tumore, per esempio al seno, la prognosi è migliore rispetto alle persone con gruppo A. Il gruppo sanguigno 0 sopporta anche meglio la chemioterapia rispetto sempre al gruppo A. Stessa cosa si può dire per l’efficacia della chemioterapia: più efficace nel gruppo 0 rispetto al gruppo A. Anche per il gruppo AB vale lo stesso discorso che per il gruppo A: maggior incidenza di tumori e minor sopportazione della chemioterapia.

Un medico che si è occupato di studi relativi al melanoma (tumore alla pelle) ha voluto esaminare e verificare se le persone affette da melanoma avevano avuto più infezioni batteriche a livello di pelle nell’infanzia rispetto alle persone non affette da melanoma. Poche o nulle infezioni batteriche significa una buona produzione di anticorpi. È stato confermato che le persone facenti parte del gruppo affetto da melanoma, nell’infanzia avevano avuto poche infezioni batteriche. Il gruppo di controllo analizzato era composto invece da persone della stessa età, che avevano avuto durante l’infanzia infezioni batteriche e che non presentavano melanoma, ma altre malattie più associabili alla reazione di tipo 1.

Lo stesso vale per altri tipi di malattie e non solo per il melanoma. L’asma, ad esempio, (conseguenza di una reazione eccessiva di anticorpi) non significa altro che uno spostamento dell’equilibrio immunologico nell’infanzia verso una maggiore produzione di anticorpi, le cui patologie tipiche sono appunto: asma, neurodermiti, allergie, infezioni da vermi (non parassitarie).

 

http://www.macrolibrarsi.it/speciali/sistema-immunitario-vaccinazioni.php

 

 

 

 

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