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Donna morta per melanoma ed omeopatia: nessuna correlazione.

Vacciniinforma ringrazia il Dr. Ascani per il suo intervento in merito al caso del decesso di una donna di Torino.

E’ notizia di pochi giorni fa di una donna di Torino deceduta a causa di un neo maligno non adeguatamente trattato.

peddy

 

Era in cura presso una dottoressa, medico di medicina generale e “omeopata”, che seguiva le teorie del dr. Hamer secondo cui ogni malattia è generata da uno choc e da un trauma emotivo, superato il quale il corpo è in grado di autocurarsi. Il medico in questione quindi si sarebbe limitato a somministrare delle “gocce omeopatiche” unitamente a consigli di natura psicologica nonostante il neo, di natura maligna, sia passato da una grandezza di pochi millimetri nel 2005, a 11 cm nel 2014 finché non ha causato metastasi e quindi il decesso del paziente.

Tre considerazioni si possono fare sulla base delle (poche) notizie attualmente a nostra disposizione:

1) colpevolizzare la medicina omeopatica per quanto accaduto sarebbe come mettere sotto accusa anche l’intera medicina generale, che era anch’essa competenza della dottoressa;

2) dai dati trapelati dalle intercettazioni risulta che la dottoressa non ha prescritto alcuna cura omeopatica bensì un “placebo omeopatico” (finto medicinale omeopatico che non ha alcuna azione terapeutica);

3) le teorie del dr. Hamer non hanno nulla a che vedere con l’omeopatia che si basa su metodiche terapeutiche e principi completamente differenti.

COME MEDICO OMEOPATA CONSIGLIO L’INTEGRAZIONE

Ogni medico, a prescindere dalle sue competenze specifiche, deve agire secondo scienza e coscienza mettendo sempre al primo posto la salute del paziente sia sulla base dell’evidenza di efficacia e dei limiti della metodiche terapeutiche utilizzate, sia sulla risposta individuale del paziente al trattamento messo in atto.
La medicina omeopatica non è affatto contraria alla rimozione chirurgica dei nei di natura maligna, pratica che ha raggiunto ormai risultati innegabili di efficacia e di sicurezza, se fatta in tempo. In questi casi è di fondamentale importanza la valutazione e la visita presso il proprio dermatologo di fiducia (nel dubbio consultarne anche più d’uno) che, dopo gli opportuni esami, consiglierà se intervenire o meno chirurgicamente e in che tempi.

Secondo la visione omeopatica però quello che dobbiamo curare non è solo il neo ma anche quello che vi sta dietro, in questo caso un tumore maligno, malattia che coinvolge “tutta la persona” e non soltanto un lembo di pelle. La pelle infatti rappresenta una valvola di sfogo dell’organismo che tende a reagire ad un disordine interno, profondo, cercando di eliminare le proprie “tossine” verso l’esterno, proprio per preservare gli organi interni, più importanti. E’ qui che l’omeopatia può entrare efficacemente in gioco rinforzando il “terreno” del paziente e curando le le cause che hanno portato a determinare tali manifestazioni patologiche.

 

fonte Omeosan

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Actos, è bufera sul farmaco per diabetici. La procura di Torino apre un’inchiesta.

“Potrebbe provocare il cancro”. Bufera sul farmaco per diabetici

Torino, la procura apre un’inchiesta. Altri Paesi lo hanno già ritirato
Articolo condiviso da “La Stampa”
18/03/2016

Si chiama Actos, è un farmaco in compresse usato per la cura del diabete mellito di tipo 2, quello più comune, e contiene un principio attivo associato a un aumento del rischio di contrarre il cancro alla vescica. Già al centro di polemiche e interrogazioni parlamentari, ora è però la magistratura a muoversi: la procura di Torino ha avviato un’indagine ipotizzando il reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti.

Prodotto dalla Takeda Pharmaceutical Co. e dalla Eli Lilly & Co. l’utilizzo di Actos ha già suscitato un ampio dibattito, anche perché Germania e Francia ne hanno sospeso l’utilizzo e la commercializzazione nel 2011, mentre una Corte degli Stati Uniti ha condannato Takeda ed Ely Lilly al pagamento di danni per 9 miliardi di dollari, poi ridotti a 36,8 milioni, riconoscendo che le aziende avrebbero intenzionalmente nascosto i rischi correlati all’uso del farmaco e che avrebbero distrutto parte della documentazione scientifica tra il 2002 e il 2012.

 

L’indagine della procura di Torino, condotta dai carabinieri del Nas, ha preso il via da una denuncia dell’associazione Promesa (Protezione professioni mediche e sanitarie).

Actos contiene il principio attivo «pioglitazone» ed è usato per il trattamento del diabete per la capacità di ridurre la glicemia. Nell’esposto, scritto dall’avvocato Riccardo Salomone, si sottolinea come già dal 2007 il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp, che opera in seno all’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali) al termine della revisione sugli antidiabetici contenenti pioglitazone, sollevasse preoccupazioni sul rapporto tra benefici e rischi per i pazienti in cura con Actos. Di questo rischio ha dato conto l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa), sempre nel 2007, pubblicando poi anche una relazione nella quale associava il cancro alla vescica al pioglitazone. E pure la Commissione europea, nel 2011, effettuò una revisione dei medicinali contenenti il principio attivo: succedeva a marzo, mentre ad agosto dello stesso anno era ancora l’Aifa a diffondere nuovi dati epidemiologici che mostravano un aumento del rischio di cancro alla vescica. La correlazione è stata infine inserita nella scheda tecnica del farmaco.

 

Ma il dito, oltre che contro la Takeda (che ha sede nel novarese) viene puntato anche contro uno studio di cui non sono stati ancora resi noti i dati. Si tratta di una sperimentazione denominata «Tosca», condotta dalla Società diabetologica italiana (Sid) finanziata dall’Aifa, e avviata nel 2008. Obiettivo: valutare gli effetti sull’incidenza di eventi cardiovascolari dell’aggiunta di pioglitazone alla metformina, un altro farmaco usato per trattare il diabete mellito di tipo 2.

Si sarebbe dovuto concludere nel 2013, ma – è la denuncia – a tutt’oggi i risultati non sono stati resi noti: quanti pazienti hanno avuto le complicanze già rivelate da altri studi? E sono stati informati preventivamente dei possibili effetti collaterali cancerogeni? Come stanno adesso? Queste sono le domande che l’associazione Promesa ha posto ai magistrati relative alla salute dei diabetici curati con Actos. L’ultima domanda: quanto è costato lo studio «Tosca» e quanto ha inciso sulle vendite di Actos in Italia?

. l’utilizzo di Actos ha già suscitato un ampio dibattito, anche perché Germania e Francia ne hanno sospeso l’utilizzo e la commercializzazione nel 2011, mentre una Corte degli Stati Uniti ha condannato Takeda ed Ely Lilly al pagamento di danni per 9 miliardi di dollari, poi ridotti a 36,8 milioni, riconoscendo che le aziende avrebbero intenzionalmente nascosto i rischi correlati all’uso del farmaco e che avrebbero distrutto parte della documentazione scientifica tra il 2002 e il 2012.

 

L’indagine della procura di Torino, condotta dai carabinieri del Nas, ha preso il via da una denuncia dell’associazione Promesa (Protezione professioni mediche e sanitarie). Actos contiene il principio attivo «pioglitazone» ed è usato per il trattamento del diabete per la capacità di ridurre la glicemia. Nell’esposto, scritto dall’avvocato Riccardo Salomone, si sottolinea come già dal 2007 il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp, che opera in seno all’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali) al termine della revisione sugli antidiabetici contenenti pioglitazone, sollevasse preoccupazioni sul rapporto tra benefici e rischi per i pazienti in cura con Actos. Di questo rischio ha dato conto l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa), sempre nel 2007, pubblicando poi anche una relazione nella quale associava il cancro alla vescica al pioglitazone. E pure la Commissione europea, nel 2011, effettuò una revisione dei medicinali contenenti il principio attivo: succedeva a marzo, mentre ad agosto dello stesso anno era ancora l’Aifa a diffondere nuovi dati epidemiologici che mostravano un aumento del rischio di cancro alla vescica. La correlazione è stata infine inserita nella scheda tecnica del farmaco.

 

Ma il dito, oltre che contro la Takeda (che ha sede nel novarese) viene puntato anche contro uno studio di cui non sono stati ancora resi noti i dati. Si tratta di una sperimentazione denominata «Tosca», condotta dalla Società diabetologica italiana (Sid) finanziata dall’Aifa, e avviata nel 2008. Obiettivo: valutare gli effetti sull’incidenza di eventi cardiovascolari dell’aggiunta di pioglitazone alla metformina, un altro farmaco usato per trattare il diabete mellito di tipo 2. Si sarebbe dovuto concludere nel 2013, ma – è la denuncia – a tutt’oggi i risultati non sono stati resi noti: quanti pazienti hanno avuto le complicanze già rivelate da altri studi? E sono stati informati preventivamente dei possibili effetti collaterali cancerogeni? Come stanno adesso? Queste sono le domande che l’associazione Promesa ha posto ai magistrati relative alla salute dei diabetici curati con Actos. L’ultima domanda: quanto è costato lo studio «Tosca» e quanto ha inciso sulle vendite di Actos in Italia?

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