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Progetto Prime: una valutazione accelerata per rendere disponibili nuovi farmaci ma chi protegge la sicurezza dei pazienti?

Progetto Prime: una valutazione accelerata per rendere disponibili nuovi farmaci ma chi protegge la sicurezza dei pazienti?

marzo 26
06:21 2016

Progetto Prime: un esempio di come Ema sta spingendo per attuare un mercato accelerato. Ma a quale prezzo per i pazienti?

di Health Action International, International Society of Drug Bulletins, Mario Negri, Medicines in Europe Forum, Nordic Cochrane Centre, Wemos (per gentile concessione di InfoFarma)

Articolo condiviso da “Il Sole 24h”

Come norma generale, la legislazione farmaceutica europea prevede che, prima che un farmaco sia autorizzato, si sottoponga a «studi approfonditi che ne garantiscano sicurezza, alta qualità ed efficacia in un determinata popolazione di soggetti».

La dimostrazione con prove attendibili di benefici e rischi di un farmaco prima dell’Aic è un requisito per proteggere la sicurezza dei pazienti. Esso contribuisce allo sviluppo della medicina, richiedendo alle aziende di produrre dati clinici significativi ed affidabili.

Al fine di rendere sollecitamente disponibili nuovi farmaci l’Ue, oltre al normale regime di Aic, ha introdotto alcune specifiche procedure regolatorie. Tra esse, sono comprese «l’approvazione in circostanze eccezionali», «l’autorizzazione dell’Aic condizionata» e «la valutazione accelerata». Mentre il ricorso a sistemi di rapida approvazione è giustificato nel contesto di esigenze mediche realmente non soddisfatte, l’accesso precoce ai farmaci non deve mettere a repentaglio la sicurezza del paziente o outcome clinicamente rilevanti. Dopo tutto, anche le persone affette da una malattia rara o da una condizione di pericolo di vita meritano di disporre di farmaci approvati sulla base di prove concrete di beneficio, e non meramente su speranze o risultati ad interim di studi clinici.

Tutti i rischi di un’autorizzazione accelerata
I dati della Commissione europea (Ce) mostrano che, nel corso degli ultimi 10-20 anni, si sono drasticamente ridotti i tempi per la concessione di Aic dei farmaci. Una delle preoccupazioni maggiori è che un’autorizzazione prematura risulti a scapito di una valutazione approfondita, creando poi un numero maggiore di problemi di farmacovigilanza. Da parte di ricercatori statunitensi è stato evidenziato che taluni farmaci, approvati dopo le modifiche legislative introdotte per accelerane il processo autorizzativo, presentavano maggiori probabilità di essere ritirati o di ricevere un “black box warning” rispetto a quelli autorizzati prima di questa legge. In Canada, il 34% dei farmaci approvati tramite una valutazione di priorità ha poi ricevuto un avvertimento di sicurezza serio rispetto al 19% approvato tramite una procedura normale.

Anni di esperienza mostrano inoltre che i produttori di farmaci non riescono a onorare gli impegni post-marketing di supplire a carenze di dati (ad esempio, nel contesto di Aic condizionate), aumentando le preoccupazioni sulla sicurezza dei pazienti. L’evidenza mostra pure che i meccanismi per l’accesso anticipato all’Aic non riescono a garantire una terapia migliore. Una valutazione del bollettino indipendente sui farmaci Prescrire rivela che, tra i 22 farmaci “approvati sotto condizione” nell’Ue nel periodo 2006-2014:

-il 27% “non è accettabile” (vale a dire “prodotti senza beneficio evidente ma con potenziali o reali svantaggi”);

-il 28% presenta un “giudizio riservato” (in altri termini: un “giudizio rinviato fino a quando non saranno disponibili dati migliori ed una valutazione più approfondita”);

-il 9% presenta il giudizio“non apporta niente di nuovo”;

-il 18% solamente è “probabilmente utile”;

-un altro 18% “offre vantaggi” in modo evidente.

Un recente studio di Banzi e coll., che copre lo stesso periodo di Aic condizionate afferma che «il profilo rischio/beneficio dei farmaci autorizzati sotto condizione raramente è rassicurante e abbastanza solido per far sì che il vantaggio atteso per la salute pubblica superi il rischio di un’informazione clinicamente limitata».

Nonostante la scarsità di farmaci clinicamente superiori ad altri, le vendite farmaceutiche tra il 1990 e il 2010 si sono più che raddoppiate. La spesa farmaceutica si è altamente concentrata su terapie me-too particolarmente costose.

Secondo un rapporto 2015 dell’Ocse, la proliferazione di specialità medicinali ad alto costo, con target focalizzato su piccole popolazioni e/o per condizioni complesse, sarà uno dei principali motori di crescita della spesa sanitaria nei prossimi anni. Il rapporto rileva che, mentre alcuni di questi farmaci sono utili per i pazienti, altri forniscono avanzamenti puramente marginali. Il consolidamento di un nuovo modello di business a favore del’industria farmaceutica – il modello “nichebuster” (vale a dire, blockbuster di nicchia) – sta contribuendo ad aumentare la pressione sulle autorità sanitarie per ridurre i requisiti delle evidenze al fine di ottenere l’Aic e la determinazione dei prezzi.

I paletti da rispettare
È logico che, piuttosto che indebolire i meccanismi esistenti per l’ingresso precoce dei farmaci sul mercato, gli schemi di autorizzazione accelerati dovrebbero:

– mirare a vere necessità mediche insoddisfatte (vale a dire condizioni che colpiscono in modo significativo la qualità di vita di una persona o determinano grave morbilità o mortalità, e per le quali non esiste un trattamento medico adeguato);

– consentire valutazioni approfondite per l’Aic da parte dei regolatori;

– portare all’approvazione (condizionata) dei farmaci sulla base dei dati di studi clinici capaci di dimostrare un avanzamento rispetto ad opzioni esistenti di trattamento, e ciò su outcome importanti per i pazienti;

– essere soggetti a requisiti di farmacovigilanza rigorosi e proattivi, compresa l’applicazione di sanzioni dissuasive in caso di non conformità.

Quando l’onere della dimostrazione si trasferisce sul post-marketing
Parecchi tentativi sono stati fatti, in particolare negli ultimi 15 anni, per indebolire nell’Ue i requisiti per l’Aic. Nel 2008 la Ce, nel contesto della revisione sulle norme di farmacovigilanza, ha presentato una proposta di legge per estendere le «autorizzazioni al commercio condizionate» oltre le situazioni di esigenze mediche non soddisfatte. La Ce mirava a ridurre i costi di ricerca e sviluppo permettendo alle aziende farmaceutiche «un più rapido ritorno degli investimenti». Il Parlamento e il Consiglio d’Europa non hanno tuttavia sostenuto tale iniziativa, ribadendo invece la necessità di garantire «un rafforzamento del sistema di farmacovigilanza che non porti al rilascio prematuro di autorizzazioni al commercio». La proposta della Ce non è pertanto entrata a far parte della nuova normativa sulla farmacovigilanza adottata nel 2010.

Il passaggio a schemi di autorizzazione flessibile al mercato dei farmaci, in situazioni diverse da quelle disciplinate da sistemi esistenti di approvazione accelerata, è stato pure previsto nella Road map Ema 2015, pubblicata nel 2010. L’Ema faceva riferimento a uno schema «di autorizzazioni progressive» applicabili a situazioni «caratterizzate da popolazioni ben definite, o più ristrette, di responder ottimali, seguiti da un ampliamento delle popolazioni dopo l’autorizzazione, quando fosse disponibile un numero maggiore di dati ottenuti nella medicina reale». A supporto di questa iniziativa, le associazioni dell’industria farmaceutica europea e gruppi di pazienti sponsorizzati dall’industria stessa hanno scritto, nel dicembre 2013, alla Ce chiedendo di promuovere la La (il progetto pilota dei percorsi adattivi ). Nel mese di marzo 2014, l’Ema ha lanciato il progetto pilota dei percorsi adattivi (noto anche come La).

Lo schema dei percorsi adattativi mira a portare il farmaco sul mercato più precocemente, a partire da un’indicazione di nicchia in un piccolo gruppo di pazienti, per poi ampliarne l’impiego attraverso ulteriori fasi di raccolta dati. La licenza iniziale si dovrebbe fondare su conoscenze non ancora complete, relegando gran parte della dimostrazione degli effetti più evidenti del farmaco alla fase post-marketing. Anche studi osservazionali dovrebbero fare chiarezza su decisioni autorizzative successive.

Secondo i sostenitori di questo modello, «il successo di un percorso di una licenza adattiva per qualsiasi farmaco dipenderà anche dalla volontà di pazienti, operatori sanitari, paganti, regolatori, di accettare un maggiore grado di incertezza, in attesa di meglio conoscere il beneficio di un farmaco e/o il suo profilo di sicurezza». Perché questo modello possa essere attuato come previsto, gli organismi di healthcare technology assessment (Hta) devono essere disposti ad accettare standard di dimostrazioni di più basso livello: «l’autorizzazione adattiva vorrebbe (…) ridurre il disallineamento dello sviluppo tra decisioni di marketing e di rimborso» e dovrebbe «permettere la rapida approvazione e la copertura economica di un nuovo composto (…) sulla base di piccoli studi clinici iniziali». Al fine di ridurre tale «disallineamento» Ema e organismi di Hta devono fornire parallelamente, in ogni fase iniziale del processo di sviluppo di un farmaco, «consulenze scientifiche» riservate alle aziende farmaceutiche.

Il Priority Medicines (Prime) proposto dall’Ema: una corsa eccessiva all’ingresso sul mercato
Anche se l’Ema sostiene che l’approccio al metodo adattivo utilizza processi normativi in vigore secondo le leggi vigenti, sta attualmente rivedendo una serie di direttive esistenti per schemi di approvazione accelerata. Inoltre, sta ora proponendo nuovi schemi, come il Priority Medicines (Prime), finalizzati a migliorare il coinvolgimento delle autorità regolatorie e di organi di Hta durante i processi di sviluppo dei farmaci, per accelerare l’accesso al mercato – elementi chiave del modello dei percorsi adattativi.

Il documento di riflessione Ema sul Prime afferma che questo programma mira a «rafforzare il sostegno a farmaci potenzialmente utili per i pazienti, attualmente privi di qualsiasi opzione di trattamento, o che possono offrire grandi avanzamenti rispetto alle terapie esistenti». Attraverso Prime, l’Agenzia europea fornirà «una più precoce e maggiore consulenza scientifica e supporto normativo» alle aziende farmaceutiche, così da facilitare la raccolta dei dati e consentire una valutazione più veloce. Lo schema Prime è «limitato ai prodotti in fase di sviluppo, innovativi e non ancora immessi sul mercato dell’Ue».

Il concetto di «farmaci innovativi» è da lungo tempo fatto proprio dall’industria farmaceutica ed è usuale nelle discussioni sui percorsi adattativi. Secondo il glossario dell’Ema, un farmaco innovativo è un «medicinale contenente un principio attivo o una combinazione di sostanze attive, in precedenza mai autorizzati». Va tuttavia sottolineato che, dal punto di vista terapeutico, una vera innovazione farmaceutica si riferisce a interventi che portano a miglioramenti significativi, rispetto a trattamenti già esistenti, di outcome importanti per i pazienti.

Secondo lo schema Prime, un prodotto sarà accettabile nella misura in cui sarà capace di rispondere a un bisogno clinico non soddisfatto. A parere del documento di riflessione Ema, tale giustificazione potrebbe includere una descrizione degli effetti osservati e prevedibili del prodotto, la sua rilevanza clinica, il valore aggiunto e il suo impatto nella pratica clinica. I prodotti medicinali nelle fasi iniziali del processo di sviluppo possono essere ammissibili (sulla base di dati non clinici e clinici assai precoci), in aggiunta a quelli degli stadi clinici di sviluppo (ad esempio studi esplorativi). I dati clinici preliminari dovrebbero basarsi su outcome clinici rilevanti, ma anche su endpoint surrogati prestabiliti.

Maglie larghe ostacolo a vera innovazione
Va sottolineato che un livello normativo piuttosto lasso è un ostacolo a una vera innovazione terapeutica, portando al perseguimento di outcome marginali e a una mentalità me-too. Le autorità regolatorie stanno invece progressivamente abbassando i requisiti documentali per l’approvazione di nuovi farmaci, consentendo studi di piccole dimensioni, endpoint surrogati e confronti con placebo. Gli endpoint surrogati non garantiscono che un farmaco sarà in grado di influenzare lo stato di salute dei pazienti in modo clinicamente significativo.

Tuttavia, essi sono comunemente usati, soprattutto nei sistemi di approvazione accelerata. Uno studio ha evidenziato che nel periodo 1995-2004, i farmaci antineoplastici sono stati in gran parte approvati in Europa sulla base di endpoint surrogati quali «riduzione della dimensione della neoplasia, che non si è tradotta per la maggior parte in vantaggio significativo di sopravvivenza». Similmente, un recente studio americano ha rivelato che la grande maggioranza dei farmaci antineoplastici, approvati tra il 2008 e il 2012 sulla base di endpoint surrogati (86%), non disponeva di effetti noti sulla sopravvivenza globale o non era riuscita a dimostrare guadagni in termini di sopravvivenza. La conclusione degli autori è che le approvazioni dei farmaci anticancro, per la maggior parte, non avevano dimostrato di migliorare, o di non far migliorare, endpoint clinicamente rilevanti.

Prime e il coivolgimento delle autorità regolatorie
Un elemento caratteristico del modello dei percorsi adattativi, che Ema si propone ulteriormente di promuovere sotto l’ombrello di Prime, è il coinvolgimento attivo congiunto nello sviluppo dei farmaci di autorità regolatorie e di organismi di Hta. Secondo il documento di riflessione sul Prime, fornendo consulenze scientifiche, Ema e organismi di Hta dovrebbero guidare le aziende nei piani di sviluppo proprio fin dall’inizio, con l’obiettivo finale di consentire l’approvazione accelerata e la copertura economica. Ema propone anche un appuntamento iniziale di un consulente (rapporteur) Chmp per «consentire la continuità in un approccio del ciclo di vita di importanti farmaci innovativi e sostenerne lo sviluppo (…)». Il documento di riflessione continua: «il rapporteur sarà di sostegno allo sviluppo, orientando i richiedenti verso la consulenza scientifica Ema sui requisiti dei dati per la futura Aic, nonché per accrescere la consapevolezza sull’utilizzo di strumenti di accesso precoce, quando importanti (…)».

La fornitura di consulenza scientifica da parte dell’organismo di competenza a ciò che sarà sottoposto ad azione regolatoria solleva preoccupazioni circa i conflitti di interesse e l’imbrigliamento istituzionale. Tali preoccupazioni si accentuano quando la commissione competente a decidere in merito all’immissione in commercio/valutazione Hta sta anche dando consulenze attraverso il suo coinvolgimento nel gruppo di lavoro scientifico. La mancanza di trasparenza associata a queste interazioni mina la responsabilità dell’ente regolatorio, mentre la procedura di pagamento per il servizio prestato, di fatto, crea una dipendenza finanziaria da parte dell’industria farmaceutica. La potenziale non imparzialità dei regolatori, coinvolti nel fornire consulenze e decidere su Aic/rimborso è fonte di reali preoccupazioni.

Per incentivare lo sviluppo di tecnologie sanitarie in grado di rispondere realmente alle esigenze dei pazienti e della società, mirare ad outcome sanitari e migliorare la salute pubblica, gli organi regolatori sono tenuti a inviare un segnale chiaro alle industrie dei farmaci e dei dispositivi medici, alzando il livello normativo e richiedendo l’invio di dimostrazioni solide e comparative di efficacia e sicurezza. Tutto ciò può essere generalmente ottenuto con la pubblicazione di una guida congiunta dettagliata (da parte di agenzie regolatorie e di organi di Hta) sui requisiti dei dossier che devono essere forniti, sulle scelte dei comparatori e sui disegni preferenziali degli studi.

Il modello Prime sembra invece essere un altro meccanismo per rafforzare nel sistema regolatorio la fornitura di consulenze scientifiche riservate, su misura, a favore delle aziende farmaceutiche, allo scopo di agevolare l’approvazione accelerata e la copertura di nuovi farmaci costosi, che, come l’evidenza suggerisce, raramente portano a un progresso terapeutico, ma spesso creano problemi di sicurezza.

Conclusioni
La flessibilità delle norme regolatorie per l’accesso precoce al mercato dovrebbe essere applicata solo in circostanze del tutto giustificate, assicurando la sicurezza del paziente e un avanzamento rispetto al miglior trattamento disponibile. Per promuovere l’innovazione nel settore farmaceutico, il contesto normativo deve inviare un chiaro segnale all’industria farmaceutica stabilendo un livello superiore di qualità – e non inferiore come suggerito – e chiedendo l’invio di una documentazione approfondita e comparativa di efficacia e sicurezza. A tal fine, devono essere tenute presenti le raccomandazioni di seguito riportate.

– Richiedere un’approfondita valutazione dei nuovi farmaci prima dell’Aic (che introduce la dimostrazione del valore terapeutico aggiunto). Il requisito della dimostrazione di prove robuste su benefici e rischi prima che un farmaco sia approvato è di particolare importanza in quanto può risultare difficile identificare reazioni avverse gravi dei farmaci durante la fase di post-marketing.

– Assicurarsi che i meccanismi di approvazione accelerata siano utilizzati solo in casi altamente giustificati (ad esempio, in presenza di una vera e propria necessità medica insoddisfatta) e che l’approvazione (condizionata) dei farmaci sia fondata su dati di studi clinici capaci di dimostrare un progresso rispetto ad opzioni di trattamento esistenti per i pazienti e su outcome clinicamente rilevanti.

– Permettere valutazioni accurate di Aic da parte dei regolatori.

– Garantire rigorosi e proattivi requisiti di farmacovigilanza, compresa l’applicazione di sanzioni dissuasive se quelli post-marketing non verranno rispettati.

– Rafforzare l’indipendenza delle agenzie regolatorie del farmaco dall’influenza e dal finanziamento delle imprese.

Quando è dato un parere scientifico, in circostanze eccezionali, come standard minimo:

– Non deve essere fornito in cambio del pagamento di onorario diretto di singole aziende farmaceutiche; potrebbe invece essere finanziato attraverso la tassazione delle imprese in generale.

– Rappresentanti dei pazienti e dei consumatori, così come esperti clinici, con conflitti di interesse diretti o indiretti non devono essere coinvolti in procedure di valutazione scientifica.

– Deve esistere una separazione dei ruoli tra autorità regolatorie e parti interessate coinvolte nella fornitura di consulenza e successive discussioni sull’Aic o le decisioni di Hta.

– Le procedure regolatorie devono tenere conto di sufficienti rappresentanze dei diversi punti di vista che possono esistere tra gruppi di difesa dei pazienti, dei consumatori e dei pazienti in condizioni diverse o con diversa gravità della malattia.

– Deve essere garantito il pubblico accesso ai documenti relativi alle consulenze scientifiche.

– L’European Public Assessment Report (Epar) e i documenti nazionali regolatori dovrebbero includere una sezione aggiuntiva che fornisce informazioni complete sulla consulenza scientifica data in ogni fase del processo di sviluppo.

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