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Evasione fiscale e Menarini: il grande imbroglio dell’azienda farmaceutica

Evasione fiscale e Menarini: il grande imbroglio dell’azienda farmaceutica

dicembre 13
07:23 2015
Imputati i vertici dell’azienda per evasione fiscale, riciclaggio e corruzione. La requisitoria del pubblico ministero: “Uno dei più grandi imbrogli mai commessi in Italia”.
Gli investigatori:  “1 miliardo e 200 milioni di euro in nero”

Requisitoria al processo Menarini, che vede imputati i vertici dell’azienda farmaceutica – i figli, Lucia e Giovanni, e la moglie, Massimiliana Landini, del patron Alberto Aleotti, morto nel 2014 – e tre loro collaboratori

Articolo di http://corrierefiorentino.corriere.it  http://firenze.repubblica.it     www.ilrestodelcarlino.it   www.panorama.it

menarini

«Questo processo si occupa del grande affare, il grande imbroglio, un misto di corruzione e di truffa, una delle frodi più grandi che siano state commesse nel nostro Paese, un imbroglio che per anni ha alterato il mercato dei farmaci». Lo ha detto il pm Ettore Squillace Greco nella requisitoria al processo Menarini, che vede imputati i vertici dell’azienda farmaceutica – i figli, Lucia e Giovanni, e la moglie, Massimiliana Landini, del patron Alberto Aleotti, morto nel 2014 – e tre loro collaboratori: Giovanni Cresci, Lucia Proietti e Sandro Casini. Le accuse, a vario titolo, sono evasione fiscale, riciclaggio e corruzione.

Il pm ha riassunto gli elementi emersi nel corso delle indagini dei carabinieri del nas di Firenze: «Un miliardo e 200 milioni di euro al nero, la contabilità occulta e parallela a Lugano e poi, quando si è scoperti, il pagamento, per impedire il commissariamento, di quasi 400 milioni di euro», quelli dell’accordo fra la casa farmaceutica e l’Agenzia delle entrate. «Tutto comincia negli anni Ottanta – ha ricostruito il pm – quando Aleotti paga Poggiolini e gli altri funzionari che determinavano il prezzo dei farmaci, che così non guardavano nemmeno le carte». Le grandi multinazionali del farmaco, ha aggiunto il pm, «avevano interesse a fare accordi con Aleotti, perché lui riusciva a ottenere per i farmaci, su questo mercato, prezzi nettamente più alti rispetto a quelli che sarebbero riusciti a spuntare loro».

Il pm ha poi ricordato alcune testimonianze secondo cui «Lucia Aleotti non sa nemmeno leggere un bilancio consolidato; mentre Giovanni Aleotti ci viene descritto come un soggetto relegato a una imbarazzante passività». «Ai grandi affari servono anche quelle singolari forme di relazioni social-salottiere che abbiamo conosciuto attraverso le agende di Maria Angiolillo. Ci si conosce, ci si annusa, ci si legittima». Lo ha detto il pm Ettore Squillace Greco nella requisitoria. Nell’ambito delle indagini, i carabinieri del Nas sequestrarono i diari della signora Angiolillo, che rimase sempre estranea all’inchiesta, amica del patron di Menarini, Alberto Aleotti. Secondo l’accusa, grazie a società fittizie estere, l’azienda farmaceutica avrebbe sovrafatturato il costo dei principi attivi. Poi, ha spiegato il pm, «corrompendo e truffando le persone che costituivano gli organi amministrativi deputati alla determinazione del prezzo dei farmaci», Aleotti «otteneva prezzi vantaggiosi anche per i prodotti delle altre multinazionali».

«Aleotti – ha aggiunto l’altro pm, Luca Turco – è stato molto intelligente e abile, un’abilità e un’intelligenza criminali». Il pm Squillace Greco ha anche parlato di silenzio mediatico: «È forte, davvero forte, l’impressione che della questione del prezzo dei farmaci in questo Paese non s’ha da parlare, su di essa non s’ha da fare rumore. I grandi affari non vogliono clamori. È meglio silenzio e opacita’». Infine, «in questo Paese – ha concluso Squillace Greco – sarebbe molto più nobile se non avessimo ormai due processi: uno sempre difficile e balbettante per i ricchi e un altro, inflessibile, crudele macchina di carcerazione, per i poveracci». L’altro pm, Turco, ha ricordato la cifra che, secondo l’accusa, Menarini ha illecitamente `accantonato´: «Un miliardo e 600 milioni di euro, approssimati per difetto. Io credo che la disponibilità di questa somma esagerata sia il primo elemento di prova, perché è troppo ingente per avere una provenienza lecita e perché sulla sua provenienza nessuno ha dato giustificazioni».

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