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Malattie infettive e immigrati: c’è da aver paura?

Malattie infettive e immigrati: c’è da aver paura?

luglio 11
00:05 2014

Malattie infettive: gli immigrati sono più sani degli italiani

immigrati

Di seguito una raccolta di articoli inerenti alla tematica più discussa.

Malattie infettive: gli immigrati sono più sani degli italiani.
È quanto emerge dal congresso della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). Su 24 mila sbarcati a Lampedusa nell’ultimo semestre, solo 7 malati di Tbc.

Approdano sulle coste italiane stremati dal viaggio e spesso in condizioni di salute non buone.

Eppure, a discapito dei luoghi comuni, le malattie infettive, così come le altre patologie, risultano meno comuni nei migranti che nella popolazione italiana.
È quanto emerge dai report presentati nel corso del congresso della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) che fino all’8 ottobre si svolge all’Arsenale Porto della Maddalena.
Su 24.000 persone giunte a Lampedusa da marzo a settembre scorso, solo 7 sono risultate positive alla Tbc.

In sintesi, spiegano gli esperti, gli immigrati non portano malattie e non contagiano quasi mai i nostri connazionali. Anzi, alcune volte può esser vero il contrario. Anche se ogni anno, sui circa tre milioni e mezzo di immigrati presenti in Italia, ne vengono ricoverati oltre 500.000: in tre casi su quattro si tratta di un problema acuto come un trauma, una malattia cardiaca o respiratoria o il parto nel caso delle donne.

 

http://immigrazioneoggi.it/daily_news/notizia.php?id=003456#.U78JaXJ_uZl

 

Farmaci. Sifo: “Il 50% degli stranieri in Italia consuma un solo medicinale all’anno”

In Italia vivono quasi 5 milioni di immigrati (pari al 7,2% della popolazione residente), ma incidono sulla spesa farmaceutica complessiva solo per il 2%. Sono i risultati di un nuovo Osservatorio presentato al Congresso della Sifo in corso a Firenze.

In Italia vivono quasi 5 milioni di immigrati (pari al 7,2% della popolazione residente) che producono l’11,1% della ricchezza nazionale, ma incidono sulla spesa farmaceutica complessiva solo per il 2%. La ragione principale va ricercata nella giovane età (quella media è di 36 anni) di queste persone, che ricorrono ai farmaci in misura decisamente inferiore rispetto agli italiani (soprattutto per la cura di malattie cardiovascolari).

I dati emergono dal 32° Congresso Nazionale della Sifo (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie), che si chiude oggi a Firenze con la partecipazione di oltre mille iscritti.

“Il farmaco può essere un ‘tracciante’ dello stato di salute delle persone”, ha affermato Laura Fabrizio, presidente Sifo, commentando i dati e spiegando che la Sifo ha fortemente voluto attivare questo Osservatorio sulla prescrizione farmaceutica della popolazione immigrata in collaborazione con la Società Italiana di Medicina della Migrazioni (Simm), l’Istituto Superiore di Sanità, Cineca e il Consorzio Mario Negri Sud.

“È il primo progetto in Italia di questo tipo – ha spiegato Enrico Costa, responsabile dell’Area Cooperazione internazionale della Sifo -, che ha coinvolto 39 Asl in 9 Regioni per un totale di più di 10 milioni di pazienti assistibili”. Il progetto mira a evidenziare le variazioni qualitative e quantitative nell’accesso ai farmaci erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale tra le diverse popolazioni di immigrati e italiani e soprattutto a far emergere, dal confronto con i dati epidemiologici, i bisogni inevasi, anche alla luce delle differenze nei livelli e nell’organizzazione dell’assistenza sanitaria delle Regioni coinvolte

Cosa ne è emerso? “Circa il 15% della popolazione italiana riceve più di 10 farmaci nel corso di un anno, invece il 50% degli immigrati solamente uno. E non sono emerse differenze nel consumo tra la popolazione pediatrica italiana e quella immigrata”, ha spiegato Costa. “Le fonti di informazioni sulla salute degli immigrati sono eterogenee – ha affermato Fabrizio, offrendo ulteriori dettagli sul progetto -.

Gli studi finora condotti a partire da indagini specifiche o analizzando i database amministrativi hanno utilizzato soprattutto le schede di dimissione ospedaliera. Poco è stato fatto relativamente alle prescrizioni farmaceutiche. Molto probabilmente perché la molteplicità di attori coinvolti, la frammentazione dei percorsi assistenziali dovuta anche all’elevata mobilità della migrazione, la frequente mancanza di un regolare permesso di soggiorno rendono difficile seguire nel tempo il grado di accesso alle cure.

Va inoltre sottolineato – ha concluso la presidente della Sifo – che la differenziazione delle politiche regionali sul farmaco, indotta dal decentramento e dalla conseguente responsabilizzazione delle Regioni sull’eventuale disavanzo rispetto alle risorse necessarie per la sanità, ha creato disuguaglianze tra cittadini italiani ma ancor più tra gli immigrati presenti nel nostro Paese nei livelli di assistenza e continuità delle terapie. È necessario implementare le politiche di inclusione sanitaria, adottate dall’Italia a partire dal 1995, che garantiscono a tutti, immigrati regolari e non, la tutela della salute”.

 

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=5720

Trapani, “nessun contagio: immigrati sani”

08/05/2014 –

Uno dei profughi, arrivati a Trapani, aveva la malaria. «Malattia che, però, dalle nostre parti non è trasmissibile. Così il paziente, dopo essere stato trasportato in ospedale, è stato dimesso al pari degli altri suoi connazionali», dice il primario del pronto soccorso del «Sant’Antonio Abate» Massimo Di Martino che, martedì mattina, era presente al molo Ronciglio per prestare assistenza agli extracomunitari, recuperati al largo di Lampedusa e giunti in città a bordo di una fregata della Marina militare e di un rimorchiatore. «Non sono stati, invece, riscontrati – aggiunge il medico – casi di scabbia, né di tubercolosi ovvero di altre gravi malattie infettive».

E’ risultata infondata, pertanto, la voce su presunti casi di gravi patologie che in città aveva fatto scattare l’allarme. «Prima di salire sulla nave militare – racconta il primario – ho guardato il medico di bordo e i suoi assistenti. Avevano la mascherina protettiva abbassata. Un buon segnale: significava, infatti, che non c’era alcuna situazione di pericolo». Otto le ambulanze del «118», di «Paceco soccorso» e «Amico soccorso» che hanno fatto la spola tra porto e ospedale. A presidiare il molo Ronciglio, carabinieri, agenti di polizia, militari della guardia di finanza e della Capitaneria di porto, associazioni di volontariato, uomini e donne della protezione civile.

Nell’area di emergenza del nosocomio trapanese sono state trasportate quindici donne incinte, due bambini e sei uomini. «Le pazienti – spiega Massimo Di Martino – sono state sottoposte ad accertamenti clinici a scopo precauzionale, alla luce del loro stato. Una di loro, peraltro, aveva abortito in mare, prima di essere imbarcata sulla nave militare».

Un bambino è stato ricoverato perché affetto da broncopolmonite. «Proprio così – conferma il primario – Le sue condizioni, tuttavia non destano preoccupazione. L’altro bambino giunto al pronto soccorso, invece, aveva una dermatite». Due uomini che manifestavano febbre e tosse sono stati sottoposti ai test per la tubercolosi il cui esito è stato negativo.

«Dopo aver ricevuto una adeguata assistenza sanitaria al pronto soccorso – afferma Di Martino – sono stati tutti dimessi, ad eccezione del bimbo con la broncopolmonite che  abbiamo ricoverato». Per i medici del «Sant’Antonio Abate» è stata una giornata di duro lavoro.

«Il modello di assistenza – afferma Massimo Di Martino – predisposto dall’Azienda sanitaria provinciale per fronteggiare simili emergenze ancora una volta ha funzionato.

Per non caricare eccessivamente il pronto soccorso, il Triage lo eseguiamo direttamente al molo dove vengono allestiti i presidi sanitari. Oltre al pronto soccorso intervengono anche i medici del territorio per garantire che non ci siano patologie infettive . Tutti i migranti vengono visitati, allo sbarco, per evitare l’introduzione di malattie». In città sono sbarcati 887 profughi – di nazionalità eritera e siriana -, 480 sono stati ospitati nei centri di accoglienza e nelle strutture dislocate nel Trapanese che adesso sono sature, come rilevato dal prefetto Leopoldo Falco.

Il resto del gruppo, invece, è stato trasferito, con tre voli charter in partenza dell’aeroporto di Birgi, in Calabria, Piemonte e Lombardia. Le uniche regioni che hanno risposto all’appello lanciato dal rappresentante del Governo.

 

http://www.gds.it/gds/edizioni-locali/trapani/dettaglio/articolo/gdsid/342872/

Immigrati: esperti, maggior parte sani, basta a “sindrome untori”

16:05 10 GIU 2014

(AGI) – Roma, 10 giu. – Gli immigrati portano la scabbia? Basta con la sindrome degli untori. “La maggior parte sono giovani e stanno bene”. Lo ha detto Mario Affronti, presidente della Simm (Societa’ Italiana di Medicina delle Migrazioni) che, in una nota, fa il punto sullo stato di salute degli immigrati, che nel 2013 si stima siano quadruplicati rispetto all’anno precedente. “In questi ultimi mesi – ha detto Affronti – c’e’ stata un’ulteriore crescita.

Al 10 maggio gli immigrati in generale nel nostro Paese erano piu’ di 30 mila; oggi, quindi nel mese di giugno, siamo arrivati a oltre 40 mila. E’ poi aumentato il numero di donne e bambini, con Mali al primo posto e Gambia al secondo, ed e’ di fatto il porto di Augusta, in questo periodo, quello che accoglie piu’ migranti”. Per il presidente Simm, “il loro stato di salute e’ abbastanza buono, anche perche’ generalmente si tratta di giovani ragazzi.

E’ chiaro che molto dipende dalle condizioni in cui avviene la navigazione, ma in linea generale l’emergenza sanitaria allo sbarco e’ legata per lo piu’ a patologie da agenti fisici: penso a colpi di sole, colpi di calore, assideramento”. Frequenti possono essere anche le lesioni da decubito dovute alla posizione forzata e senza possibilita’ di movimento sui barconi, aggravata da agenti chimici quale l’acqua salmastra oppure il gasolio che spesso sporca i luoghi in cui i naviganti transitano.

“Tra le patologie indotte o aggravate dalla condizione del trasporto, poi, c’e’  ha aggiunto Affronti – soprattutto la disidratazione che spesso causa gravi insufficienze renali. Non bisogna dimenticare, infine, la condizione di molte profughe che approdano in stato di gravidanza, anche avanzata, o subito dopo aver partorito.

E purtroppo non si tratta di donne che hanno iniziato la loro fuga dopo aver concepito, ma di vittime di gravidanze forzate, avviate a seguito di stupri. In merito abbiamo molte testimonianze di nostre pazienti, che hanno subito stupri per lunghi periodi durante la detenzione in Libia, e per loro la protezione della salute psichica diventa fondamentale”. “Le affermazioni secondo cui gli sbarchi portano malattie (tra cui scabbia e tubercolosi) e provocano un rischio sanitario – ha proseguito – sono assolutamente strumentali, messe apposta in campo per ingenerare la paura del diverso, soprattutto in periodo elettorale. Non c’e’ nessuna base scientifica per quanto riguarda questo problema.

A Lampedusa c’e’ stato un solo caso di tubercolosi, ma noi medici sappiamo bene si tratta di una malattia tipica sociale, dovuta a condizioni tipiche di poverta’. Certo, e’ normale che le condizioni del viaggio prima, durante e dopo, possano determinare una recrudescenza della tubercolosi, ma piu’ che di malattia infettiva parlerei di malattia sociale. Per il resto, ripeto, si tratta soprattutto di giovani ragazzi che stanno bene dal punto di vista fisico”.

La operazione “Mare Nostrum”, secondo quanto riferito dall’esperto, prevede anche una sorveglianza dal punto di vista sanitario. “Esiste un controllo specifico relativo ai pericoli – ha spiegato – che potrebbe insorgere sull’importazione di determinate malattie, ci sono dei medici a bordo e, in caso di malattie di una certa gravita’, queste persone non scendono dalle nave ma vengono portate in posti messi in campo ad hoc dal ministero. Da questo punto di vista il sistema di sorveglianza funziona bene, e non capisco perche’ gli infettivologi debbano mettere in giro la solita ‘sindrome della untore’, di manzoniana memoria.Mi occupo di immigrazione dal 1987 e questa e’ una questione che periodicamente, e direi anche stupidamente, viene a galla”. (AGI) Red/Pgi .

http://www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/201406101605-eco-rt10179-immigrati_esperti_maggior_parte_sani_basta_a_sindrome_untori

SALUTE: FAZIO, NESSUN ALLARME SU CASO TBC.

Milioni di ITALIANI POSITIVI AL TESTtbc

(ASCA) – Roma, 23 ago – ”Stiamo seguendo con la massima attenzione la vicenda del Gemelli anche se non c’e’ nessun allarme. In Italia le persone che entrano in contatto con il bacillo della Tbc e possono risultare positive ai test sono milioni, anche se solo in circa 4 mila casi l’anno, meno di uno su duemila, si sviluppa la malattia, che e’ oggi del tutto curabile”.

Lo evidenzia in una nota il ministro della Salute Ferruccio Fazio in relazione ai casi di tbc registrati all’Ospedale Gemelli di Roma su neonati entrati in contatto con un’infermiera risultata affetta da tubercolosi.

‘Nel caso dei neonati del Gemelli – aggiunge – occorre accelerare i test, come la Regione Lazio ha gia’ deciso, e capire come si sia sviluppata l’infezione. Con la circolare che stiamo inviando alle Regioni vogliamo ribadire e rafforzare misure di prevenzione in linea con le procedure internazionali che erano gia’ in vigore e che vanno scrupolosamente osservate e sono pienamente sufficienti a fronteggiare il fenomeno”.

https://it.notizie.yahoo.com/salute-fazio-nessun-allarme-su-caso-tbc-mln-132500318.html

Tbc, anche Fazio positivo al test

Il ministro: «Mi rivolgo ai genitori dei bimbi contagiati: Essere positivi non vuol dire avere la malattia »

 23 settembre 2011«L’idea è stata mia. Volevo trovare un modo per comunicare e far capire che essere positivi al batterio della tubercolosi non significa avere la malattia. Il mio gesto è stato un messaggio ai genitori dei bambini contagiati al policlinico Gemelli. State tranquilli».


Il ministro della Salute Ferruccio Fazio dieci giorni fa si è sottoposto al test per la Tbc, il Quantiferon. Una trovata pubblicitaria, più o meno l’equivalente di quando all’epoca del disastro nucleare di Fukushima il ministro ha mangiato in diretta il sushi per far comprendere l’inesistenza del rischio di tossicità legato al consumo di alimenti tipici della cucina giapponese, a cominciare dal pesce. Ma anche Fazio è risultato positivo al test. La notizia della positività è stata diffusa nel corso del convegno dell’associazione Codacons da Gianni Rezza, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità.

Perché, ministro, ha pensato di sottoporsi al test?  «C’era bisogno di fare chiarezza e rassicurare. Il 12% degli italiani risulterebbero positivi alla tubercolosi come me e la percentuale fra i medici sarebbe sicuramente più alta. Io ero sicuro di essere positivo. Perché sono medico e ho sempre frequentato ospedali ed era improbabile che non fossi mai entrato in contatto col batterio e che il mio sistema immunitario non avesse avuto una reazione di difesa. Ho voluto spiegare con un esempio pratico che essere positivi al test non significa essere malati. La percentuale di casi di malattia è uno ogni 2 mila positivi».

Si aspetta che adesso i genitori degli oltre 120 neonati risultati positivi al test riacquistino la serenità dopo la sua dimostrazione?  «Spero di sì. Tuttavia se un insegnamento si può trarre da questa vicenda unica al mondo è che sono stati commessi errori di comunicazione. Ecco perché la prossima settimana il sito del ministero della Salute sarà aggiornato con risposte alle domande riguardanti contagio, farmaci, pericoli. Le famiglie hanno il diritto di eliminare i loro dubbi anche per quanto riguarda i rischi legati alle cure dei neonati positivi al test. Ho avuto una riunione con gli infettivologi romani e mi hanno rassicurato da questo punto di vista».

E se fosse capitato a suo nipote?  «Non mi preoccuperei, glielo assicuro»

E sulle responsabilità del policlinico Gemelli?  «E’ in corso un’indagine della magistratura ed è quella la sede per valutare se la vicenda è stata trattata in modo improprio. Certo è una storia unica nel suo genere. Solo tre precedenti al mondo e con un numero di bambini positivi molto più ridotto».

Che indicazioni ne avete tratto sul piano di un sistema di prevenzione efficace?  «Stiamo predisponendo una circolare dove vengono previsti controlli più stringenti per il personale che lavora nei reparti di neonatologia. La sorveglianza deve essere allo stesso livello di quella che si ha nei centri di oncoematologia e malattie infettive».

http://www.corriere.it/salute/11_settembre_23/fazio-tbc-debac_88c677f0-e611-11e0-b1d5-ab047269335c.shtml

MALASANITÀ: Siracusa, sospeso il medico che denunciò i casi di Tbc

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Fatto Quotidiano del 11/02/2014

Siracusa. È una strana storia quella di Salvatore Rossitto, pneumologo, responsabile dell’ex dispensario tubercolare di Siracusa, fino a un paio di anni fa. Poi trasferito in pneumologia, quindi sospeso dai vertici dell’Asp (Azienda sanitaria provinciale, ndr ).

Quarto provvedimento disciplinare, eppure Rossitto è un’eccellenza, componente del gruppo di esperti del Centro Formazione Permanente Tubercolosi del Niguarda di Milano e unico referente per il Sud e le isole del Gruppo di Studio Tubercolosi dell’Aipo.

Dell’emergenza tbc a Siracusa ne avevamo scritto, i dati si riferivano non solo a un’indagine condotta dal meetup 2.0 del M5s; ma anche a quanto documentato proprio da Rossitto ai vertici dell’Asp. Lo faceva da anni. State attenti, c’è una pericolosa recrudescenza del batterio, dal 2004 al 2009, il trend è aumentato del 600%, avvertiva Rossitto in una delle relazioni redatte e spedite alla dirigenza dell’azienda sanitaria pubblica, oggi a riconferma aggiunge i 6 casi pediatrici accertati nel 2012 contro i 4 del 2009.

I bambini non contagiano, ma vengono contagiati, dunque erano piccole epidemie famigliari, bisognava allora controllare i contatti, procedere con uno screening avanzato. Rossitto ne parlava già in quella relazione datata 2010, esortando l’Asp a intervenire velocemente, considerato che su Siracusa il dato stimato e di ricaduta, secondo le cifre fornite dall’Oms, era ed è di circa 40 mila positivi al bacillo, dunque potenzialmente malati.

Rossitto è costretto a lascia- re il dispensario tubercolare, ribadendo tuttavia ai vertici l’allarme sanitario. C’è una commissione che deve valutare la condotta di Rossitto. Rossitto viene sospeso. Per cosa, perché? Su Siracusa non esistono sanatori, non sono praticabili indagini decisive come l’antibiogramma e l’esame colturale, capaci di individuare le forme di tbc farmacoresistenti, quel che insomma è prassi ministeriale.

Dopo l’articolo pubblicato dal Fatto in cui si rendeva conto di quanto stava accadendo in- torno alla questione, Rossitto dunque viene sospeso. NO, NON C’È un allarme rientrato, al contrario. Siamo al settembre scorso, a Siracusa succede che una donna ospite del centro di accoglienza Umberto Primo, un’immigrata, si presenti in pronto soccorso: ha la tubercolosi in forma attiva, ma non le viene riconosciuta, deve tornare al centro. La donna peggiora, torna in ospedale, viene ricoverata: la diagnosi stavolta c’è.

É tuberolosi. In malattie infettive non c’è un’ala apposita. Non è ancora finita. Soltanto un mese prima, sempre all’ospedale di Siracusa, il deputato del M5s Stefano Zito, durante un’ispezione a sorpresa, apprende della fuga di un immigrato affetto anche lui da tubercolosi in forma attiva. Siamo a due casi, nel giro di qualche settimana. L’escalation è abbastanza chiara: nel 2007 casi di tbc in una scuola elementare di Rosolini, in una scuola media di Noto; nel 2010 in una scuola materna di Bu- scemi.

Ancora casi di tbc con- clamata nel 2008 negli ospedali di Noto e di Lentini, nel 2009, nella comunità di Solarino e sempre nel 2009 nel centro di accoglienza di Cassibile. Rossitto valuta gli impedimenti opposti dall’Asp, procedimenti oppositivi alle norme ministeriali. L’emergenza non è mai rientrata, Rossitto opera in condizioni di totale isolamento. Fino a oggi. Esonerato da tutto, persino da una qualche specie di dignità professionale, dice:

“È soltanto il prolungamento di un calvario, che dura da anni. Mi chiedo perché le istituzioni avversino così tanto la verità”. Per i procedimenti disciplinari intentati dai vertici della Asp nei confronti del medico pneumologo sono ancora in atto i ricorsi giudiziari in fase di appello.

 

http://piemontenews.wordpress.com/2014/02/12/malasanita-siracusa-sospeso-il-medico-che-denuncio-i-casi-di-tbc/

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